Il mal di gola da reflusso è una patologia conosciuta da pochi, ma che se non viene affrontata nel modo giusto può diventare cronica. Uno stile di vita salutare e una dieta equilibrata sono fondamentali per trattare questo problema molto diffuso.
Lo so, lo so, ora l’unica cosa a cui pensi è che questo bruciore non ti dà tregua e che probabilmente non lo sconfiggerai mai. Ma la vuoi sapere una cosa? Il problema, forse, sei tu! Mi spiego meglio: hai mai pensato che a provocare questo fastidio sia proprio ciò che mangi e che magari nutrendoti diversamente la situazione cambierebbe? Immagino cosa starai pensando: “Ma io evito sempre i cibi che mi fanno male!”. In realtà no! E te lo dimostrerò! Sono Francesco Norcini, nutritional coach e supporter di chi, come te, ha questo e tanti altri problemi. Ti aiuterò a capire cosa non va e ti guiderò sulla strada giusta. Sei pronto a seguirmi? Come si cura il mal di gola da reflusso? Esistono alcuni lenitivi per ridurre l’infiammazione della gola causata dal reflusso. In realtà è sempre meglio risalire a quelle che sono le cause del disagio per poterlo curare in modo adeguato. L’alimentazione infatti è il primissimo metodo di cura. Cosa devo mangiare se ho mal di gola da reflusso? Sono da evitare tutti i cibi piccanti e il caffè, ma anche il cioccolato, gli alcolici e i superalcolici. Non vanno portati a tavola inoltre pomodori e agrumi, superalcolici e cibi troppo conditi e fritti. Quest’ultimi richiedono una digestione più lenta in cui occorre una quantità maggiore di acido cloridrico. Si possono invece assumere cibi poco elaborati accompagnati da molta acqua per poter diluire gli acidi e tamponarne l’eccesso. Come faccio a capire se il mio mal di gola dipende dal reflusso? Questa patologia ha particolari sintomi. Il bruciore di gola provocato da reflusso può portare a una laringite o a un vero e proprio mal di gola. Si avverte una sensazione di secchezza: gli acidi gastrici infatti risalgono in direzione della bocca, andando a irritare le mucose, provocando tosse secca e sensazione di amaro. Il mal di gola da reflusso è provocato proprio da dei processi infiammatori della mucosa faringea, presentandosi come una sensazione di fastidio alla deglutizione e nodo alla gola. Come posso evitare il bruciore da reflusso alla gola? Il mal di gola da reflusso va affrontato ricorrendo a numerosi rimedi. Lo stile di vita, in primis, va migliorato seguendo dei piccoli accorgimenti. Va mantenuto il peso forma, dimagrendo in caso di sovrappeso. L’attività fisica deve essere regolare e non troppo intensa, soprattutto dopo i pasti. Non vanno indossati cinture o abiti stretti in vita, a tavola è necessario mangiare lentamente e piccole porzioni. Il fumo va bandito, inoltre è preferibile dormire con il busto e il capo elevati rispetto al resto del corpo. Fra le abitudini migliori per contrastare il mal di gola da reflusso c’è quella di passeggiare a fine pasto. Camminare infatti facilita la digestione, in particolare se si evitano posizioni contratte e scomode che tendono ad aumentare il disturbo. Mi devo preoccupare se non passa? Questo disturbo può diventare molto pericoloso, in particolare in presenza di alcuni sintomi. Quando si presentano disturbi notturni, dolore toracico, emorragia digestiva, disturbi respiratori e calo di peso ingiustificato è fondamentale correre subito ai ripari. Articolo a cura di Francesco Norcini C’è un luogo speciale, nel cuore del territorio Patrimonio Unesco: l’area di produzione del Ruchè di Castagnole Monferrato, composta dai comuni astigiani di Castagnole Monferrato, Montemagno, Grana, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi. Un piccolo territorio che ha saputo, in questi anni, rinascere grazie al suo vino simbolo: il Ruchè. Questo vino è prodotto con l’omonima varietà autoctona, l’unica, assieme all’Erbaluce, il cui nome può essere utilizzato esclusivamente se affiancato alla denominazione di origine DOCG. Un bel caso di tutela del patrimonio di varietà che solo l’Italia può offrire.
Il Ruchè è un vino che non conosce crisi, grazie ad un numero crescente di consensi che riscontra in Italia e nel mondo, che ha portato la produzione annuale a raggiungere 1 milione di bottiglie, 30 produttori e 190 ettari. Merito delle caratteristiche organolettiche che lo rendono unico: Al mondo non esiste un altro vitigno come il Ruchè, varietà semi aromatica il cui carattere inconfondibile è contraddistinto dal sentore di rosa e spezie.» Afferma Luca Ferraris, presidente dell’Associazione Produttori Ruchè di Castagnole Monferrato. Un vino che si adatta perfettamente all’abbinamento con i sapori del territorio piemontese ma che si sposa bene anche con le cucine di paesi lontani come quelle giapponese e indiana. Merito della sua componente aromatica, che deriva dall’incrocio tra due varietà di uve, la prima ancora coltivata in Lombardia e Piemonte, la Croatina, la seconda invece estinta, la Malvasia di Parma. Nel calice si presenta di colore rosso rubino scarico, con riflessi violacei, il profumo è persistente, intenso, fruttato, aromatico e speziato, mentre il sapore è secco, rotondo, armonico, talvolta leggermente tannico, con leggero retrogusto aromatico. Presidio del territorio Nell’area della DOCG di Castagnole Monferrato la viticoltura non è solo un’attività economica importante ma assume anche il ruolo di presidio paesaggistico. La conformazione del suolo tende ad un naturale scivolamento verso sud e, in questo senso, la vite rappresenta una efficace prevenzione di questo fenomeno. Grazie alle sue radici, capaci di trattenere il terreno e immagazzinare l’acqua, previene il dilavamento e l’erosione eccessiva. A questo si aggiunge un ulteriore ruolo fondamentale del vigneto come “custode” dell’ambiente monferrino. Il suolo coltivato, infatti, rappresenta un ambiente ricco di biodiversità, data dall’apporto periodico di sostanze che i microorganismi degradano. Proprio anche grazie alla bellezza che la viticoltura conferisce ai territori, il Monferrato è, assieme alle Langhe, Patrimonio Unesco. La Denominazione di Origine Controllata e Garantita Il Ruchè è uno dei vitigni più rari del Monferrato astigiano. L’ottenimento della doc risale al 1987 e si deve, oltre che alla volontà dei produttori, ad una donna, Lidia Bianco, sindaco di Castagnole Monferrato. Un traguardo importante, succeduto dall’ottenimento della DOCG nel 2010. Dal 2020 il Ruchè di Castagnole Monferrato può essere prodotto anche nella tipologia Riserva, che prevede 24 mesi di affinamento prima della commercializzazione. Questi risultati importanti si devono anche al lavoro dell’Associazione Produttori del Ruchè di Castagnole Monferrato, ente no-profit che riunisce aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, condotte da produttori appassionati, che mettono a disposizione il proprio tempo e condividono competenze ed esperienze. L ’Associazione favorisce anche le relazioni con le amministrazioni locali, per progettare al meglio la ricettività e l’enoturismo e per incentivare le potenzialità di un territorio ricco di storia, tradizioni e possibilità di crescita. Proprio per questo nel 2021 ha avviato un grande progetto di marketing territoriale, che porterà il territorio a strutturare un’offerta turistica articolata e omogenea. La storia Questa varietà ha trovato il proprio habitat ideale nell’area dove i terreni calcarei, asciutti e ben esposti consentono di esprimere al meglio le note di questo vitigno semi aromatico. Per il territorio il Ruchè rappresenta un elemento dell’identità locale. Era infatti il vino delle “grandi occasioni”, da riservare alle persone care. Come il Ruchè sia arrivato a Castagnole Monferrato è ancora avvolto nel mistero. cistercensi devoti a questo Santo avrebbero introdotto la coltivazione nella zona sin dal Medioevo. Ciò che è certo è che nel Novecento il vitigno Ruchè fu quasi dimenticato proprio a causa della sua vigoria vegetativa a vantaggio di altre varietà più semplici da coltivare, mentre la sua rinascita avvenne negli anni Settanta grazie ad un parroco illuminato, Don Giacomo Cauda, ribattezzato il “Dom Pérignon del Monferrato”. Se a quest’ultimo si deve la creazione di un prodotto straordinario come lo Champagne, a Don Cauda è attribuita la riscoperta fortuita di un vitigno che rischiava di scomparire. Arrivato a Castagnole Monferrato alla fine degli anni Settanta, trovò come “dote parrocchiale” alcuni filari di Grignolino, Barbera e Ruchè. La sua volontà di recuperarne la tradizione non era dovuta solo alle caratteristiche organolettiche bensì alla radicata consapevolezza che questo vino apparteneva alla storia della comunità locale. «Che Dio mi perdoni – raccontava nei suoi ultimi anni di vita - per aver a volte trascurato il mio ministero per dedicarmi anima e corpo alla vigna. Finivo la Messa, mi cambiavo in fretta e salivo sul trattore. Ma so che Dio mi ha perdonato perché con i soldi guadagnati dal vino ho creato l’oratorio e ristrutturato la canonica». La produzione di Don Cauda incoraggiò i viticoltori che estesero il lavoro poi, nei vari decenni, fino a far diventare il Ruchè un prodotto della terra piemontese, per il consumo di tutti. Articolo a cura di Associazione Produttori di Ruchè di Castagnole Monferrato |
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