Il Ruchè è un vino che non conosce crisi, grazie ad un numero crescente di consensi che riscontra in Italia e nel mondo, che ha portato la produzione annuale a raggiungere 1 milione di bottiglie, 30 produttori e 190 ettari. Merito delle caratteristiche organolettiche che lo rendono unico: Al mondo non esiste un altro vitigno come il Ruchè, varietà semi aromatica il cui carattere inconfondibile è contraddistinto dal sentore di rosa e spezie.» Afferma Luca Ferraris, presidente dell’Associazione Produttori Ruchè di Castagnole Monferrato.
Un vino che si adatta perfettamente all’abbinamento con i sapori del territorio piemontese ma che si sposa bene anche con le cucine di paesi lontani come quelle giapponese e indiana.
Merito della sua componente aromatica, che deriva dall’incrocio tra due varietà di uve, la prima ancora coltivata in Lombardia e Piemonte, la Croatina, la seconda invece estinta, la Malvasia di Parma. Nel calice si presenta di colore rosso rubino scarico, con riflessi violacei, il profumo è persistente, intenso, fruttato, aromatico e speziato, mentre il sapore è secco, rotondo, armonico, talvolta leggermente tannico, con leggero retrogusto aromatico.
Presidio del territorio
Nell’area della DOCG di Castagnole Monferrato la viticoltura non è solo un’attività economica importante ma assume anche il ruolo di presidio paesaggistico. La conformazione del suolo tende ad un naturale scivolamento verso sud e, in questo senso, la vite rappresenta una efficace prevenzione di questo fenomeno. Grazie alle sue radici, capaci di trattenere il terreno e immagazzinare l’acqua, previene il dilavamento e l’erosione eccessiva.
A questo si aggiunge un ulteriore ruolo fondamentale del vigneto come “custode” dell’ambiente monferrino. Il suolo coltivato, infatti, rappresenta un ambiente ricco di biodiversità, data dall’apporto periodico di sostanze che i microorganismi degradano. Proprio anche grazie alla bellezza che la viticoltura conferisce ai territori, il Monferrato è, assieme alle Langhe, Patrimonio Unesco.
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita
Il Ruchè è uno dei vitigni più rari del Monferrato astigiano. L’ottenimento della doc risale al 1987 e si deve, oltre che alla volontà dei produttori, ad una donna, Lidia Bianco, sindaco di Castagnole Monferrato. Un traguardo importante, succeduto dall’ottenimento della DOCG nel 2010. Dal 2020 il Ruchè di Castagnole Monferrato può essere prodotto anche nella tipologia Riserva, che prevede 24 mesi di affinamento prima della commercializzazione. Questi risultati importanti si devono anche al lavoro dell’Associazione Produttori del Ruchè di Castagnole Monferrato, ente no-profit che riunisce aziende di piccole, medie e grandi dimensioni, condotte da produttori appassionati, che mettono a disposizione il proprio tempo e condividono competenze ed esperienze.
L’Associazione favorisce anche le relazioni con le amministrazioni locali, per progettare al meglio la ricettività e l’enoturismo e per incentivare le potenzialità di un territorio ricco di storia, tradizioni e possibilità di crescita. Proprio per questo nel 2021 ha avviato un grande progetto di marketing territoriale, che porterà il territorio a strutturare un’offerta turistica articolata e omogenea.
La storia
Questa varietà ha trovato il proprio habitat ideale nell’area dove i terreni calcarei, asciutti e ben esposti consentono di esprimere al meglio le note di questo vitigno semi aromatico. Per il territorio il Ruchè rappresenta un elemento dell’identità locale. Era infatti il vino delle “grandi occasioni”, da riservare alle persone care.
Come il Ruchè sia arrivato a Castagnole Monferrato è ancora avvolto nel mistero.
cistercensi devoti a questo Santo avrebbero introdotto la coltivazione nella zona sin dal Medioevo.
Ciò che è certo è che nel Novecento il vitigno Ruchè fu quasi dimenticato proprio a causa della sua vigoria vegetativa a vantaggio di altre varietà più semplici da coltivare, mentre la sua rinascita avvenne negli anni Settanta grazie ad un parroco illuminato, Don Giacomo Cauda, ribattezzato il “Dom Pérignon del Monferrato”. Se a quest’ultimo si deve la creazione di un prodotto straordinario come lo Champagne, a Don Cauda è attribuita la riscoperta fortuita di un vitigno che rischiava di scomparire. Arrivato a Castagnole Monferrato alla fine degli anni Settanta, trovò come “dote parrocchiale” alcuni filari di Grignolino, Barbera e Ruchè.
La sua volontà di recuperarne la tradizione non era dovuta solo alle caratteristiche organolettiche bensì alla radicata consapevolezza che questo vino apparteneva alla storia della comunità locale. «Che Dio mi perdoni – raccontava nei suoi ultimi anni di vita - per aver a volte trascurato il mio ministero per dedicarmi anima e corpo alla vigna. Finivo la Messa, mi cambiavo in fretta e salivo sul trattore. Ma so che Dio mi ha perdonato perché con i soldi guadagnati dal vino ho creato l’oratorio e ristrutturato la canonica».
La produzione di Don Cauda incoraggiò i viticoltori che estesero il lavoro poi, nei vari decenni, fino a far diventare il Ruchè un prodotto della terra piemontese, per il consumo di tutti.