Fra varie modifiche destinate ad avere un rilevante impatto sulla circolazione stradale, una in particolare merita una riflessione.
È stata, infatti, prevista una modifica all’art. 23 del D.Lgs. n.285 del 1992, relativo alla pubblicità sulle strade e sui veicoli.
Con riferimento ai veicoli si evidenzia che all’atto dell’approvazione del Codice della Strada il l’art. 23 comma 2 aveva questa stesura letterale: “l'apposizione sui veicoli di scritte o insegne pubblicitarie luminose o rifrangenti è consentita nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell'attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli”.
Con il D.Lgs. n.360 del 1993 questa norma ha subito una prima modifica ed il testo, tuttora in vigore, è diventato il seguente: “è vietata l'apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose sui veicoli. È consentita quella di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell'attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli”.
Lasciando invariati i commi precedenti, la riforma introdotta recentemente dal D.L. n.121 del 2021 ha ora introdotto nell’art. 23 il comma 4-bis, con la seguente norma: “è vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all’orientamento sessuale, all’identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche”.
Si può quindi concludere che nel tempo è stata via via ristretta la libertà di libera scelta del tipo di pubblicità da apporre sui veicoli e si è passati da una regolamentazione di tipo oggettivo ad una regolamentazione che comporta valutazioni di altro tipo.
È di tutta evidenza, infatti, che la disciplina delle insegne luminose o rifrangenti sui veicoli comporta valutazioni diverse da quelle portate a stabilire se un messaggio possa essere sessista o violento, oppure discriminatorio, offensivo, e lesivo con riferimento a libertà individuali, diritti civili e politici, credo religioso o appartenenza etnica.
La pubblicità è fatta per colpire l’attenzione e tutti ricordiamo le polemiche che, periodicamente, si accompagnano all’uscita di qualche slogan pubblicitario particolarmente accattivante, con maliziosi sottintesi e doppisensi creati proprio per far posare l’attenzione su quel messaggio fra i tanti che ci capitano davanti.
Con la nuova riforma del codice della strada alle Forze di Polizia che espletano il servizio di Polizia Stradale è ora affidato il compito di valutazione non più di parametri solamente tecnici ma con valutazioni di carattere indubbiamente morale.
Quali incomprensioni si possono creare è di facile intuizione se si considera che circolano sulle strade nazionali anche veicoli provenienti da altri paesi, con una sensibilità diversa dalla nostra, che può dare origine a spiacevoli equivoci, anche in considerazione dell’ammontare delle sanzioni.
La violazione delle disposizioni dell’art. 23 è infatti soggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 430 ad euro 1.731, né vi è chiarezza circa le modalità con le quali si dovrà procedere alla rimozione, restando in concreto esclusa la possibilità di procedere ad una istantanea rimozione, ovvero alla sanzione accessoria che per la stessa violazione è prevista per la pubblicità posta su installazioni fisse.
Sia chiaro: non si criticano le intenzioni, senza dubbio meritevoli, ma certamente era preferibile dare a questa norma una forma che consentisse un’applicazione più in linea con i valori che ne sono alla base.
Articolo a cura di Bolis Mary Lin