Nella petizione lanciata dal Fatto Quotidiano, che già conta più di 270.000 iscrizioni, si chiede la modifica dell'ordinamento attuale relativo al calcolo dei vitalizi, tramite anche il ricalcolo dei trattamenti in essere prima della riforma del 2012. Ci sono oltre 2.000 ex deputati e senatori che godono di trattamenti pensionistici di favore del tutto ingiustificati. C'è chi pur non avendo mai messo piede in Parlamento riscuote assegni di circa 2.000 euro netti mensili. Con la riforma del 2012, il vecchio sistema di calcolo è stato rimpiazzato dal contributivo. Ciononostante, il trattamento di noi rappresentanti del popolo continua a presentare elementi di smaccato favore rispetto a quello riservato ai normali lavoratori. A cominciare dall’età pensionabile.
Lei già nel 2014 aveva scelto di rinunciare al vitalizio maturato come consigliere regionale del Piemonte. Quali sono a suo giudizio le iniquità insite in questi “privilegi”?
Scelsi di rinunciarvi perché mi risultava inaccettabile il principio secondo cui la cifra percepita al compimento del 65° anno di età fosse totalmente disancorata dai contributi effettivamente versati. Mi avrebbe garantito un'entrata di circa 3.000 euro lordi al mese... Moltiplicati per 12, con un'aspettativa media di vita - ipotizziamo - di 15 anni, avrebbe portato alla somma di 540.000 euro. Oltre mezzo milione di euro, a fronte di contributi effettivamente versati ampiamente inferiori a questa cifra, che avrebbero dovuto portare a incassare un assegno al massimo fra i 65 e i 70 anni, forse uno in più considerando gli interessi maturati. Mi sembra decisamente iniquo, una vera e propria regalia. Garantire a chi fa politica una rendita a vita, a prescindere dai contributi effettivamente versati al Paese, è inaccettabile in un momento di difficoltà come questo.
Pensa che questa sia la direzione giusta per riavvicinare i cittadini alla politica?
La bestia dell'antipolitica è sempre affamata: per rilanciare il nostro bellissimo Paese e dedicarci alle riforme di cui l'Italia ha bisogno per ripartire, penso sia bene togliere ogni alibi a chi fa politica urlata e ai maestri del “contro”. I cittadini sono spesso lontani dalla politica perché la sentono incapace di offrire risposte ai problemi quotidiani. Le sfide alle quali siamo chiamati a rispondere oggi sono la mancanza di lavoro, l'eccessiva burocrazia, l'emergenza immigrazione, la percezione di insicurezza. Il modo migliore per riavvicinare i cittadini alla politica è quello di fornire soluzioni. La rinuncia al vitalizio, che mi è valsa anche un paragrafo in "Orgoglio e Vitalizio", di Primo Di Nicola, Antonio Pitoni e Giorgio Velardi, è semplicemente una questione di equità, prima ancora che di buonsenso.
A cura della redazione