Queste le parole che hanno gelato tutti gli appassionati di Formula 1, addetti ai lavori compresi.
A pronunciarle il neo campione del Mondo Nico Rosberg, dominatore della stagione di corse e al suo primo titolo iridato.
Ma andiamo con ordine. Il campionato appena concluso ha visto nuovamente il trionfo incondizionato della Mercedes, come ormai ci siamo abituati (o annoiati) ad osservare. Triste dirlo, ma all’inizio di ogni corsa si sa già che a tagliare per prima il traguardo sarà una freccia d’argento, bisogna solo capire quale delle due.
L’estenuante lotta tra i due alfieri della Mercedes, il Tedesco Rosberg, appunto, e l’Inglese Hamilton, negli ultimi anni ha visto spesso prevalere quest’ultimo. Grande talento, spirito agonistico in ogni curva e una fermezza mentale tale da permettergli - nonostante qualche errore - di guardare sempre tutti dal basso verso l’alto in classifica.
Quest’anno, però, qualcosa sembrava esser cambiato. Qualche nuovo antagonista delle Mercedes? No, magari… Per quello bisognerà attendere ancora.
Bensì è mutato l’equilibrio interno al team, il gap tra Hamilton e Rosberg non si era mai ridotto così tanto. Il Tedesco è partito fin da subito concentratissimo, sfruttando appieno gli sbagli talvolta un po’ grossolani del vicino di box, allungando in classifica.
Poi sul più bello ecco la rimonta che non ti aspetti, griffata Hamilton: vittorie su vittorie e vetta riguadagnata. Il tira e molla prosegue per tutta la stagione, ma all’ultimo Gran Premio di Abu Dhabi Rosberg sfodera la gara perfetta, quella che non si dimentica, quella da raccontare ai nipoti. Ed è titolo mondiale. Eguagliato papà Keke, ora anche Nico è nell’Albo d’oro.
Via ai festeggiamenti, avanti con le speculazioni per la stagione successiva: si rinnoverà il duello? Chi dei due vincerà? Riuscirà a riconfermarsi campione?
Interrogativi destinati a non avere risposta. Perché Rosberg ha detto basta. Basta alla pressione, allo stress causato dal duro confronto con Hamilton, basta a dover rinunciare a famiglia e affetti per i durissimi allenamenti, in quell’abitacolo dove il pilota è solo, contro tutti e forse anche contro se stesso.
Nico ha fatto la sua scelta, sicuramente la meno ovvia. Perché è proprio quando si comincia a vincere che si vuole continuare a farlo, per riassaporare nuovamente le emozioni di primeggiare nello sport che ami.
In realtà potremmo stupirci, se fosse il primo a farlo. Ma non è così e sicuramente non sarà nemmeno l’ultimo. Quante leggende sportive hanno lasciato all’apice? Che dire del “caso” Michael Jordan?
Nel 1993 il cestista americano più forte di tutti i tempi dopo il terzo titolo consecutivo con i Chicago Bulls si ritirava quasi inaspettatamente, per esaudire il desiderio del padre - da poco morto assassinato - che lo voleva giocatore di baseball. In seguito un nuovo ritorno e ancora un ritiro al top, nel 1998, dopo il sesto anello.
Tornerà ancora, ma questa è un’altra storia.
Senza scomodare sua maestà “Air” Jordan, troviamo molti esempi di atleti che hanno lasciato da vincenti. Recentemente la tennista Flavia Pennetta, dopo il trionfo agli US Open e Tania Cagnotto, dopo la medaglia olimpia ma non solo. Per restare nell’ambito corse è recente il caso di Stoner nel Motomondiale. O ancora il pugile Mayweather, dopo aver eguagliato il primato di 49 successi in 49 incontri come Rocky Marciano.
E il prossimo illustre addio sarà quello di Usain Bolt, che si ritirerà dopo il mondiale per chiudere una carriera da record al top della forma.
Tornando a Rosberg, la chiave di interpretazione più bella la troviamo nelle sue stesse parole: "In questi 25 anni ho messo tutto me stesso per centrare il mio obiettivo e finalmente, con l'aiuto di tutti, dei tifosi, della Mercedes, della famiglia e dei miei amici, ce l'ho fatta. È stata un'esperienza incredibile e non dimenticherò mai tutto questo, ma allo stesso tempo è stata durissima per me. Ho perso gli ultimi due Mondiali contro Hamilton e ho vissuto momenti molto difficili, ma che mi hanno dato una grande forza di combattere. Non credevo di poter lottare in questo modo, una caparbietà che mi ha permesso di realizzare un sogno immenso".
Nell’osservare la fatica, la determinazione, il sacrificio e la vulnerabilità di una persona possiamo comprendere lo stato d’animo non di un supereroe, come spesso i media ci fanno apparire gli sportivi più famosi. Vediamo una persona che si imbatte nelle paure e nelle difficoltà che tutti - in misura diversa - si trovano ad affrontare, per “aver inseguito un sogno da quando aveva sei anni”. E ora che lo ha realizzato decide di fermarsi, di dedicarsi alle persone che ha trascurato per inseguire il proprio obiettivo, scopre di aver raggiunto il suo limite e non vuole spingersi oltre. Una lezione per molti. Una scelta di vita e di stile forse più difficile rispetto alla vittoria del mondiale stesso. Pertanto, chapeau Nico.
A cura di Marco Dalmasso