Una libertà che è soltanto in apparenza scontata. Perché ancora oggi nel mondo per molti resta un sogno, vuoi per scarse disponibilità economiche, vuoi per una cittadinanza e un passaporto troppo “deboli” per poter passare con facilità la frontiera.
La libertà di viaggiare, oltre a non essere per nulla scontata, spesso non è neppure apprezzata… perché in fondo oggigiorno non c’è bisogno di scomodarsi tanto per scoprire il mondo, se il mondo è a portata di click.
Aggiungiamoci poi gli attentati terroristici che scuotono l’Europa, dalle grandi città ai piccoli villaggi, per creare il mix letale dello “stiamo a casa, che è meglio”.
Ecco allora profilarsi un nuovo tipo di frontiera: le barriere della mente, le più difficili da abbattere.
L’inganno del villaggio globale
Siamo sicuri di godere appieno della nostra libertà di viaggiare?
Sempre più spesso riduciamo il viaggio ad una navigazione sul web, quella rete impalpabile che fa del mondo un “villaggio globale”, per utilizzare l’ossimoro concettualizzato dal sociologo Marshall McLuhan.
In questi anni in cui tutto, anche distante migliaia di chilometri, è così facile da raggiungere con un click sul PC, via smartphone o tablet, dobbiamo fermarci un attimo e pensare. Soprattutto ricordare. Ricordiamoci che siamo liberi, che possiamo viaggiare, scoprire il mondo per davvero, al di là di ogni connessione web.
C’è chi dice sia inutile viaggiare, prendersi la briga di fare una valigia e imbarcarsi per il primo volo. Una perdita di tempo, uno sforzo fisico del tutto superfluo, se con Google Street View possiamo vedere ogni angolo di una città straniera.
Sì, vedere, ma non vivere. Ché non basta uno smartphone e qualche app per conoscere lo spirito di una città. Bisogna camminarci, in una città. Bisogna respirarla, sentirla urlare i suoi rumori più vivi e inimmaginabili, guardare negli occhi chi la abita e parlarci.
E allora via la presunzione di poter conoscere tutto perché “tanto c’è Internet”. Non facciamoci fregare da chi ci dice che il mondo del web non conosce distanze né confini. Passiamo oltre. Impariamo a viaggiare offline, spegniamo il Wi-Fi, scolleghiamoci dal mondo (virtuale), tagliamo il filo (della corrente) e voliamo alto, lontano. Ma per davvero.
La psicosi da nuovi attentati
Se il villaggio globale è un inganno della mente, il terrorismo non può certo definirsi tale.
È realtà, purtroppo. Una realtà che sempre più spesso condiziona le nostre scelte, influisce sulle nostre abitudini, ci insinua pregiudizi e ci costringe ad avere paura.
Ma la paura, sì, è un inganno della mente. È un ostacolo che si può superare. Se non altro, per non cadere nella trappola che il terrorismo di matrice islamista ci tende ogni giorno, quella che ci vorrebbe ostaggi di un mondo che, un giorno non troppo lontano, non sarà più nostro.
D’altro canto, se i terroristi - come i media profilano - possono essere chiunque e ovunque, perché dovremmo restarcene chiusi nel nostro angolo di mondo, sperando che non sia quello il loro prossimo obiettivo? Chiuderci nella paura non ci rende più sicuri. Anzi, ci rende complici di un mondo sempre più diviso, tra chi genera terrore e chi lo subisce.
So che è facile parlare finché si resta ai margini delle tante scene del crimine. Ma a volte la più facile è anche la più diretta via d’uscita.
È la via della sfida al terrorismo: la consapevolezza che siamo in pericolo, dappertutto, unita al desiderio di viaggiare, di scoprire e di meravigliarsi ancora.
Evitiamo senz’altro i Paesi più a rischio, quelli che la Farnesina molto opportunamente segnala con tempestività come Paesi da bollino rosso.
Ma visitiamo gli altri, partiamo. Sfidiamo il terrore, sproniamo chi resta fermo, attanagliato dall’angoscia.
Il mondo è lì che ci aspetta, non abbiamo paura! Non perdiamo l’occasione oggi, domani potrebbe essere troppo tardi, per una ragione o per un’altra.
A cura di Francesca Vinai