Ogni agglomerato urbano ha caratteristiche profondamente diverse, fatte da percezioni soggettive (cromatiche, olfattive, visive) ed oggettive (estensione, storicità, tipologia architettonica), che ne denotano un’unicità favolosa e irripetibile.
Ma nonostante queste diversità palesi, ultimamente è subentrato un elemento accomunante le nostre città, indipendentemente dalla loro localizzazione geografica o dal numero di abitanti, ed è il degrado ambientale che le sta sempre più velocemente sfinendo.
Questo deterioramento è rappresentato principalmente dalla cattiva qualità dell’aria, dalla congestione ormai insostenibile data dal traffico, dall’alto livello di rumore, dalle difficoltà di adattamento ai sempre più concreti cambiamenti climatici, dalla produzione e accumulo di rifiuti, dallo scadimento edilizio di alcuni quartieri, dall’impermeabilizzazione del suolo urbano, dall’espansione irregolare o spropositata delle aree urbanizzate e dalla poca attenzione alla vegetazione urbana.
Tra tutte queste problematiche, quella del verde urbano è l’unica a poter passare dalla categoria delle criticità a quella delle risorse, contribuendo ad alleggerire, compensare e mitigare anche le altre tematiche enunciate.
Implementare la quota di verde curandosene di più, con responsabilità sia come cittadini sia come amministratori, non può che sviluppare ricadute positive.
Proprio per queste motivazioni il verde urbano non è da considerare come un semplice orpello estetico, ma va trattato come un vero e proprio servizio alla popolazione.
Nell’ultimo secolo la cultura industrialista dell’edilizia e dell’urbanistica ha lavorato a scapito dell’ambiente e a favore del cemento, facendoci quasi perdere ogni relazione con l’ambiente naturale, anzi innescando un conflitto tra città e campagna.
Il verde non va più frantumato dimensionalmente, ma va assecondato per forma nel rispetto del quadro fitoclimatico di riferimento. La città è un ecosistema composto da parti indipendenti tra loro, in grado di creare un delicato equilibrio tra zone edificate e spazi agronaturali posti a cerniera con la frangia periurbana.
Di una città le case, le strade e i ponti rappresentano il bagaglio edificato, mentre gli arbusti, gli alberi e i prati (ma anche le erbacce) ne costituiscono l’infrastruttura naturale, capace di amalgamare il tutto, creando un tessuto urbanistico interconnesso e articolato.
Il giardinetto sotto casa - dove quotidianamente portiamo il nostro cane a correre - nasce in periodo illuminista, ma è con la Rivoluzione francese che ogni particella inverdita delle nostre città diventa simbolo di un’apparente eguaglianza sociale. Il fatto stesso di essere considerato parte del verde “pubblico” lo rende automaticamente, allora come adesso, fruibile dal borghese e dal possidente, dal proletario e dall’aristocratico, variamente liberi di affiancarsi in passeggiate ristoratrici lungo i viali alberati della città, cosa impensabile nei cintati parchi di regge e castelli.
Sono ottocenteschi i primi giardini pubblici italiani, già portatori di funzioni dichiaratamente di recupero dal punto di vista del degrado e dell’igiene, oltre che pausa decorativa tra il costruito.
Ma il verde è anche il giardino storico, il parco urbano, il verde di quartiere e quello scolastico, le alberate stradali, le rotonde, le fasce di protezione attorno agli ospedali e ai cimiteri. E poi c’è il verde privato, dal giardino all’orto, dal balcone al terrazzo. Tutto il verde urbano migliora il paesaggio cittadino sotto molti aspetti, estetici e tecnici.
Esiste una dettagliata classificazione di ruolo del verde urbano, che va dall’estetico-paesaggistico al culturale, dal sanitario al ricreativo-sociale, dal legislativo all’economico, fino a quello di salvaguardia della biodiversità.
La conservazione e cura della vegetazione cittadina passa attraverso la sua attenta e corretta pianificazione, tesa principalmente a rendere fruibili le aree inverdite da tutte le anagrafiche urbane.
Ma per procedere alla forestazione urbana è necessario conoscere le numerose implicazioni che stanno dietro alla buona riuscita di una semplice aiuola spartitraffico o alla crescita armonica di un filare di alberi lungo un viale cittadino.
I Piani del Verde devono tener conto dell’estensione delle aree vegetali e dei loro collegamenti: si va dalle aste fluviali ai corridoi ecologici, per arrivare alla vegetazione a scala più ridotta. In questo modo tutto l’ambiente naturale concorre al mantenimento della biodiversità.
Oggi il verde sta lentamente tornando in città, reclamato a gran voce dal ritrovato bisogno di stare in contatto con la natura.
Anche in Italia, grazie ad una più attenta (e obbligatoria) pianificazione urbana, le città si stanno facendo sempre più inclusive, vivibili e sostenibili. Si deve sempre di più sottolineare il ruolo del verde dal punto di vista bioclimatico, dato che l’evapotraspirazione prodotta dalle piante contribuisce ad una sensibile mitigazione della temperatura estiva e invernale, dando vita così ad un utile e salutare risparmio energetico.
Fortunatamente non esiste un albero adatto a tutte le situazioni: grazie a ciò abbiamo la tavolozza variopinta delle specie vegetali delle nostre città, capaci di colorarsi e addobbarsi in ogni stagione in modo diverso.
Nella progettazione del verde subentrano fattori oggettivi come il sesto d’impianto, le dimensioni e la classificazione dell’arteria veicolare, l’intensità del traffico percorrente, le attività svolte nelle vicinanze, la presenza di elementi favorenti o critici rispetto alla flora.
Il vivere e l’invecchiare della vegetazione attraverso ritmi diversi dai nostri anima la città. Un viale alberato è un viaggio nella storia, la dimensione del tronco ci data chiaramente quando è stato realizzato il viale a cui appartiene, quando sono state costruite le case che prospettano una determinata piazza.
Il patrimonio arboreo di una città, se mantenuto sano, andrà in eredità alle generazioni future, fornendo benessere e qualità di vita, ma anche informazioni storiche di notevole importanza. Il paesaggio di una città è un dipinto in continua evoluzione, medesimo elemento visto dagli occhi dei nostri antenati, dai nostri e da quelli degli abitanti futuri. Trasmette cosa siamo stati, come abbiamo vissuto, cosa abbiamo immaginato, ma può anche tramandare i nostri errori procedurali.
Il nostro verde non è semplice romanticismo emotivo per pochi, è uno strumento indispensabile per difendere la nostra sempre più precaria salute, fisica e mentale, assediata dalla “civiltà moderna”.
A cura di Francesca Landriani