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Uber, un fenomeno mediatico

20/7/2015

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Se l’obiettivo di Uber fosse quello di attuare una multimodalità del trasporto insieme ad altri competitor, molto probabilmente non si sarebbe arrivato a tutto ciò e il management avrebbe trovato il favore almeno di una parte della politica italiana, ovvero quella dell’intergruppo innovazione.
È mia opinione personale, invece, ritenere che il management di Uber voglia solo trarre un vantaggio mediatico da tutto ciò che sta accadendo e lo fa con una precisione certosina.
Ma quello che è peggio e mi rattrista è l’esaltazione di molti nel definire quest’applicazione il futuro del trasporto. Ma andiamo con ordine.
In un’ottica di rete, di multimodalità del trasporto e, perché no, nell'auspicabile Open Transport Data Manifesto, affermare che questa app darebbe vita ad una community chiusa equivale a dire che l'euro può circolare solo tra le persone che lo usano, un'assurdità. Il trasporto è rete. Un city logistics manager, anche mediocre, riesce a percepire un sistema nel suo complesso con una visione allargata ed interconnessa, i Romani lo sapevano bene ed è grazie a questo che sono riusciti a costruire un impero. Uber parte da pochi utilizzatori reclutando al tempo stesso gli autisti, organizzando tutta la parte logistica, superando la mera intermediazione tra domanda ed offerta.
Per il futuro si possono aprire due scenari: nel primo caso, se non ci sarà nessun’altro a fargli concorrenza, si andrà verso una situazione di monopolio; nel secondo caso, se ci saranno altri concorrenti, si avrà una frammentazione dei sistemi di trasporto che genererà inefficienza. Capire questo è abbastanza elementare.
Uber promette di trovare un driver nelle vicinanze che percorre il tuo stesso itinerario.
Non è proprio così, almeno ora. Io l’ho usato diverse volte ed è arrivata un’utilitaria (UberPop) che è partita da un punto abbastanza distante per portarmi a destino; esattamente come il servizio svolto dal radio taxi. Tra l’altro pagando la tariffa di UberBlack e in questo purtroppo c’è ambiguità.
BlaBlaCar, per citare un altro sistema telematico, basa invece la sua efficienza su due assunti: "Dimmi dove vai" e "Dimmi quanto spazio hai". Da questo punto di vista la piattaforma potrebbe funzionare anche nei percorsi urbani, dimostrando di essere nettamente migliore di UberPop. Ma per poter raggiungere l'ottimo tutti i cittadini dovrebbero poter conoscere questi dati e far combaciare le loro richieste con le offerte di passaggio.
Se esiste concorrenza, invece, i dati non potranno mai essere aggregati se non da un soggetto super partes che ha un fine superiore nei confronti della collettività.
È molto semplice, tanto che non si riesce a capire come sia possibile che un'azienda con disponibilità economica illimitata (o quasi) non abbia queste funzionalità. Quindi dov'è l'innovazione? Dov'è l'ottimizzazione?
Inoltre, i dati di Uber sono accessibili alle altre modalità di trasporto? No, ovviamente. Loro non ci tengono a condividere il loro database; perché mai dovrebbero farlo se sono i paladini del libero mercato e della competizione?
Queste domande le rivolgo a tutti coloro i quali, per partito preso e senza alcuna competenza nel trasporto di persone o merci, elogiano oltremodo le caratteristiche di Uber. Per creare un trasporto efficace ed efficiente bisogna saper trovare il giusto equilibrio tra logica di profitto e logica di servizio, spostare la lancetta da un lato o dall’altro significa creare entropia sociologica nel primo caso ed inefficienza nel secondo.
A questi stessi individui vorrei fare un’altra domanda: se, ipoteticamente, qualcuno di voi avesse necessità di un trasporto di merci del tipo panic (in gergo tecnico, è un trasporto con resa immediata per evitare fermi di produzione o mancate forniture) e il vostro interlocutore vi chiedesse un prezzo irragionevole, come reagireste? Sicuramente gli direste che sta approfittando della situazione, che sta attuando un atto di sciacallaggio.
Bene, sappiate che questo è il funzionamento dell’algoritmo “surge” dell’app in questione, contestato dal Tribunale di Milano nel caso della remunerazione degli autisti.
Continuando il paragone con l’autotrasporto di merci su strada, sia Uber sia le borse noli telematiche usano la leva tariffaria generando offerte al ribasso. Mentre Uber lo fa nei confronti di una pluralità di soggetti come i taxi e gli NCC, le borse noli lo fanno solo all’interno della stessa categoria, quella degli autotrasportatori.
La tariffa si dovrebbe abbassare andando a migliorare l’efficienza del trasporto e non mettendo uno contro l’altro i giocatori.
Alla fine, chi ci guadagna è solo chi offre il servizio di mediazione, con l'aggravante che Uber non rispetta la normativa mentre le borse noli sì, in quanto utilizzano professionisti in regola con la normativa.
Chi scrive sa bene che la normativa non è più al passo con i tempi ed è d’accordo, in linea di principio, con le osservazioni dell’Autorità di Regolamentazione dei Trasporti nella parte in cui propone un diverso uso dei taxi e degli NCC, integrandoli con il trasporto pubblico locale e definendo il car pooling come servizio di cortesia attuato da non professionisti che ricevono dai passeggeri il solo contributo spese. Quindi, attendiamo l’evoluzione di questa vicenda, sono sicuro che avrà risvolti interessanti.

A cura di Gaetano La Legname
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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