È vero: il Covid-19 è un virus di derivazione animale, ha fatto il cosiddetto salto di specie, ma la colpa della sua comparsa e diffusione altri non è che dell’uomo, del suo folle e distruttivo progetto di sfruttamento intensivo della natura e dei suoi abitanti.
Gli allevamenti intensivi in cui gli animali sono considerati solo carne da macello, l’indebolimento del loro sistema immunitario per via di un’esistenza (non chiamiamola vita) reclusa, infelice, miserabile, la riduzione degli spazi vitali delle specie selvagge costrette ad avvicinarsi alle zone urbane per procurarsi cibo: è da queste pratiche “contronatura” che arrivano le minacce peggiori alla nostra salute e non solo. La pandemia ha portato con sé una crisi economica epocale e mondiale.
È lunga la strada che abbiamo di fronte se vogliamo uscire da questo vicolo cieco. Ma c’è un primo passo che dobbiamo fare: riconoscere a tutti gli animali lo status di esseri senzienti, come stanno già facendo in altri Paesi.
Dobbiamo partire da questo principio basilare per poter organizzare e rendere incisiva la lotta alla crudeltà contro gli animali, che siano i nostri animali domestici, animali che vivono in natura o negli allevamenti.
Ho portato il mio impegno a favore dei nostri amici pelosi in Parlamento, non solo per il loro bene, ma avendo in mente, e nel cuore, il miglior mondo possibile anche per noi cittadini. Così ho lavorato a una proposta di legge con un doppio obiettivo: combattere l’ignoranza e spronare le istituzioni a insegnare e instillare il rispetto per la natura e i suoi abitanti, e al contempo migliorare e ammodernare sistemi, strutture e infrastrutture destinate a prendersi cura dei nostri amici pelosi, aggiornando una normativa ormai datata e poco efficace.
La proposta di legge di cui sono prima firmataria, infatti, apporta modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e di prevenzione del randagismo con lo scopo di rafforzare la normativa sul benessere e la tutela degli animali.
L’applicazione della normativa sul territorio nazionale è lacunosa e non uniforme. Questa situazione è dovuta alla frammentazione della materia che, negli anni, è stata oggetto di diversi accordi tra Stato, Regioni e Autonomie locali e di ulteriori interventi legislativi che l’hanno resa poco organica e non incisiva, e come tale non idonea a garantire la tutela
degli animali di affezione.
All’epoca è stata una rivoluzione, ma 30 anni dopo è evidente la necessità di un aggiornamento, volto a promuovere il rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat, e a rafforzare la tutela degli animali di affezione e il contrasto al fenomeno del randagismo.
Ancora oggi, infatti, permangono una serie di annosi problemi: l’abbandono degli animali, i canili cosiddetti “lager”, la mala gestione e la non corretta realizzazione delle strutture che dovrebbero assicurare una vita dignitosa a questi animali, il loro mancato censimento, l’impossibilità di escludere le persone che si sono rese responsabili di atti di violenza contro gli animali da qualsiasi attività legata agli stessi e la mancanza di un sistema sanzionatorio adeguato.
Ed è proprio su questo che la mia proposta di legge mira ad intervenire, al fine di introdurre delle regole chiare e precise, di completare la normativa e di renderla idonea a garantire e salvaguardare la dignità degli animali da affezione. Ma non solo. Intendo promuovere molto di più.
La convivenza con gli animali ha origini antichissime. Nel corso dei secoli, l’uomo ha saputo riconoscere negli animali non solo una fonte di nutrimento o uno strumento di lavoro, ma anche preziosi e inseparabili compagni della propria esistenza, a cui dover garantire adeguate condizioni di vita e di tutela.
Nel XX secolo il problema della tutela della vita animale all’interno della società è arrivato a sollevare un ampio dibattito che, in tutto il mondo, ha coinvolto scienziati, umanisti, giuristi, sociologi e politici. Si è giunti così alla redazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell’Unesco a Parigi.
È il primo provvedimento internazionale che educa al rispetto di ogni forma di vita. E anche se il Documento non ha alcun valore sul piano giuridico-legislativo, rappresenta una dichiarazione di intenti e un’assunzione di responsabilità ineludibile da parte dell’uomo nei confronti degli animali. Da allora, nel mondo occidentale, si sono moltiplicate le disposizioni normative per il benessere degli animali.
Anche il Consiglio d’Europa ha rivolto la sua attenzione alla protezione degli animali siglando numerose Convenzioni per la loro tutela e riconoscendo il loro ruolo di compagnia per gli esseri umani nonché la loro funzione curativa.
Eppure, nonostante i progressi culturali, ad oggi, gli animali, secondo il nostro ordinamento giuridico, sono ancora classificati come “cose”. Un vero paradosso perché gli animali sono dotati di sensibilità, provano emozioni, percepiscono, comprendono e comunicano. È ormai non più rinviabile un cambiamento profondo, insieme all’introduzione di norme aggiornate.
So che la strada da fare è ancora lunga, e questo non è che un primo passo. Ma dobbiamo iniziare, non c’è più tempo: i nostri amici animali non devono soffrire inutilmente un giorno di più.
A cura dell’On. Francesca Flati.