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Turismo in difficoltà, misure insufficienti

1/9/2021

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Il comparto del turismo è in profonda difficoltà: le misure del governo si sono rilevate insufficienti e inefficaci e ci sono criticità nella ricerca del personale.
Il vero freno per la ripartenza è l’incertezza. è questo lo spettro che aleggia su tutti gli operatori economici ed in maniera più “inquietante” sul destino di ristoratori e albergatori. Un quadro normativo, sempre fluido, a seconda dell’indice di contagio, che ritorna a preoccupare, a cui si aggiunge anche la divisiva vicenda legata al Green pass, restituiscono una situazione di perenne “spada di Damocle” che pende sul capo di molti imprenditori.  Ma cosa bisognerà auspicarsi per il prossimo futuro? 

“In primo luogo” afferma Giuseppe Reticella, presidente del Centro studi turistici manageriali (CSTM) aderente a Conf PMI, “un progressivo, ma deciso ritorno alla normalità sul piano globale. Una prospettiva che al momento appare ancora lontana. 

E' ben nota come l’incidenza del turismo estero sia fondamentale per la ripresa. Ecco perché la stessa offerta turistica dovrà cambiare concentrandosi, sottolinea Reticella, su quella individuale. Bisognerà considerare, inoltre, anche il trend degli ultimi anni con il tramonto delle vacanze prolungate che hanno ceduto il passo a week end più frequenti, a cui si aggiunge anche la drastica riduzione della spesa procapite”. 

In questi giorni sta dilagando, tra l’altro, anche la polemica circa la cronica difficoltà delle imprese, in particolare nel settore turistico, alberghiero, a reperire lavoratori stagionali. In molti casi, il disincentivo ad accettare le proposte di lavoro viene addebitato alla misura del reddito di cittadinanza.  “Siamo di fronte ad un problema molto serio” spiega ancora Reticella. 

“Nel settore turistico – alberghiero non si trovano più assistenti di sala, personale in cucina, oppure nei bar. Il vero problema è l’elevato costo del lavoro che andrebbe dimezzato. Con lo sblocco dei licenziamenti i lavoratori saranno costretti a condizioni ancor più difficili, soprattutto se si considera che i sussidi in questa modalità passiva non potranno durare ancora a lungo. Occorre, quindi, tornare alla valorizzazione delle competenze per arrestare questo declino. Tra le altre cose, stiamo puntando l’attenzione sul triste fenomeno della svendita anche di grosse catene alberghiere italiane a società che definisco estero, vestite che fanno di tutto per non pagare le tasse nel nostro Paese”. Per il Presidente Nazionale della Conf. PMI ITALIA, Tommaso Cerciello, il reddito di cittadinanza è una misura che ha mostrato gravi criticità e rischia seriamente di compromettere il rilancio economico. 

“Il punto centrale deve essere la formazione” afferma Cerciello, “vanno destinate alle imprese più risorse per questo scopo. Al tempo stesso vanno tagliati in maniera drastica le voci che pesano sul costo del lavoro. Solo così possiamo immaginare un modello produttivo capace di garantire lavoro vero ad una fascia ampia di popolazione. L’assistenzialismo è demotivante e non dura per sempre: quando non ci sarà più la possibilità di sostenere tutti questi bonus, cosa faranno le persone che nel frattempo non si saranno formate? In questo vedo un grave pericolo per il prossimo futuro”. 

Per Antonio Pepe di “Noi Aspim”, federata a Conf PMI ITALIA il vero problema risiede nella misura del reddito di cittadinanza che nel tempo ha mostrato molte falle con meccanismi che non hanno funzionato, come il ruolo dei navigator. 

“La misura del reddito di cittadinanza va riformula” afferma Pepe, “il meccanismo di incontro tra la domanda e l’offerta non ha assolutamente funzionato. A tal proposito riteniamo che sia necessario una riformulazione strutturale per superare le gravi criticità che si sono palesate.

Molti tra coloro che percepiscono il reddito preferiscono rifiutare le offerte di lavoro, preferendo a percepire il sussidio e magari arrotondando in nero. È assolutamente necessaria una rimodulazione del cittadinanza modifica prevede che alla scadenza del 90 esimo giorno il sussidio non sia più erogato e che il soggetto in cerca di lavoro venga preso in carico da un’ ente pubblico o da un’ azienda a cui andrà la cifra prima percepita dal beneficiario. L’ente o l’azienda dovrà poi mettere a disposizione la differenza per raggiungere la spettanza corrispondente all’attività a cui è stato destinato il lavoratore. Questo potrebbe essere un modello intelligente per mantenere costante il livello di formazione, far incontrare domanda e offerta, superando il fallimentare modello dei navigator. A breve lanceremo una campagna di raccolte firme per sollecitare il governo a procedere alla modifica”. 

A cura di Antonio D’Ascoli.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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