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Trentino, la lunga marcia dell’Autonomia

14/11/2022

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La storia del Trentino, come tutte le realtà del continente europeo, è un lungo filo che si dipana dal grande gomitolo dei secoli. Ma, nel caso di questa terra, linea di confine tra due grandi culture quella italiana e quella tedesca, questo filo ha sempre retto una caparbia volontà, quella di essere e rimanere autonoma. 
A cura di Bruno Zorzi
​Una piccola comunità alpina che ha coltivato l’ambizione dell’autogoverno per amministrare un patrimonio frutto di una natura superba e del tenace lavoro dell’uomo. Una pianta, quella dell’Autonomia trentina, dalle radici profonde e che la mostra aperta a palazzo Trentini, sede del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, dal 31 agosto al 17 settembre, vuole mettere in evidenza in occasione del cinquantenario del Secondo Statuto. Un’esposizione di immagini storiche, curate dallo Studio fotografico Rensi di Trento, con testi di Carlo Andreotti, dal titolo “Mille anni di autonomia dal Principato all’Euregio”. Il racconto di dieci secoli caratterizzati dalla lotta dal basso per la conquista dell’autogoverno.

Gli usi civici, le regole, le vicinie e le proprietà collettive che hanno permesso alla popolazione delle vallate trentine di sopravvivere aggrappata a montagne bellissime ma dure. Istituzioni che hanno favorito lo sfruttamento delle forze collettive per creare le basi di un’economia (legno, acqua, agricoltura di montagna dalla vite alla mela) che, soprattutto dal dopoguerra, è riuscita a passare con successo dalla sussistenza al mercato. Una mostra che narra le vicende della Magnifica comunità di Fiemme, esempio di democrazia ante litteram sul modello della vicina esperienza svizzera, nata con i Patti Ghebardini del 1111 che in piena era feudale affrancarono la popolazione dal potere vescovile. Un’antichissima istituzione, la più famosa delle Magnifiche comunità trentine, ancora in piena forma e fondamentale per la vita della comunità della vallata dolomitica.

Autonomia pacifica, quella trentina; capace di far dialogare per secoli tre gruppi linguistici: l’italiano, il tedesco e il ladino. Non a caso il Tirolo storico, oggi composto dal Trentino, dal Sudtirolo e Nord Tirolo (territori oggi riuniti nell’Euregio), ottenne da Massimiliano I d’Austria, nel 1511, l’esenzione dall’obbligo di partecipare alle campagne militari se non a quelle di difesa. Un’Autonomia, quindi, nata dal popolo ma che ha saputo esprimere protagonisti della storia europea come Bernardo Clesio e Cristoforo Madruzzo. Cardinali che, pur essendo grandi tessitori della politica degli imperatori del Sacro romano impero della Nazione Germanica, seppero interpretare il Rinascimento rendendo Trento, sede del noto Concilio, la prima città d’impronta italiana a sud del Brennero. Una volontà di autogoverno quella del popolo trentino, che si è manifestata nella guerra, a fianco dell’eroe tirolese Andreas Hofer, contro gli invasori napoleonici e alla loro visione politica centralista.

​E poi ancora nell’800 con la lotta non violenta per l’autonomia da Vienna e infine, dopo l’annessione all’Italia nel 1918, da Roma. Poi resistenza morale al fascismo e nel dopoguerra la massiccia adesione popolare alle richieste di autonomia. Una lunghissima marcia che il 31 agosto di 50 anni fa con l’entrata in vigore del Secondo Statuto (il primo era del 1948) ha vissuto una tappa fondamentale che, con il trasferimento delle principali competenze dalla Regione alle Province autonome di Trento e Bolzano, ha permesso di superare il dramma della contrapposizione etnica che ha insanguinato, soprattutto negli anni ‘60, l’Alto Adige.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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