Non poteva ovviamente essere un salto nel vuoto e hanno fatto le cose per bene, 5 anni di sviluppo e il budget più alto mai stanziato per un gioco di casa Nintendo per un team totale di 300 persone. Ne è valsa la pena?
Posso rispondere con: assolutamente sì.
La sensazione è quella di tornare per qualche istante bambini, felici ed eccitati di fronte a una nuova immensa avventura ricca di ricordi, personaggi conosciuti e luoghi familiari, ma al tempo stesso capace di stupire con trovate innovative e uno stile vibrante. Quella di Nintendo è una somma nella quale gli stessi addendi danno sempre un risultato diverso, spesso più alto dei precedenti. E tutto questo è dato da uno Zelda che nuovo. E incantevole, inebriante, e mai visto. Ma che sia, indiscutibilmente, uno Zelda: rispettoso quindi della sua tradizione; di quella mitologia classica eppure sgargiante, epica e fiabesca allo stesso tempo. Un capitolo, insomma, che vuole superare tutti quelli che l'hanno preceduto, non solo per estensione ma anche per aspirazioni. Le premesse del racconto di Breath of the Wild sono quelle che ogni estimatore della saga conosce più che bene. L'incipit della trama è tradizionale, schietto e semplice. L'obiettivo dell'eroe è quello di sconfiggere il male che cento anni prima ha messo in ginocchio i popoli di Hyrule, impossessandosi dei quattro colossi meccanici creati con la speranza di arginarlo, e trasformati invece in emissari della distruzione. Link (il protagonista che molti erroneamente identificano con Zelda) viene guidato nelle sue missioni da Zelda. Colpisce l'interazione, composta essenzialmente dal vario e preciso sistema di controllo, dall'enorme libertà concessa e dal valido motore fisico, tre ottime qualità prese singolarmente che, sommate, donano una sensazione davvero sorprendente. Link è un tutt'uno con questo mondo, e quest'ultimo può essere sperimentato in ogni sua parte: non c'è vetta o altura che non possa essere raggiunta, non c'è dislivello o roccia che non alteri il movimento del personaggio. In quest'ambito, e solo in questo, Breath of the Wild è l'autentico seguito spirituale di Super Mario 64: la libertà che dona è straordinaria. Avvicinare un'arma di legno ad un fuoco la farà ardere, ma non solo. Colpendo un prato o dei rampicanti con l'arma in fiamme li farà andare in fiamme, liberando un passaggio dai rovi o sorprendendo un nemico ignaro. Inoltre gli alberi potranno essere tagliati per ricavare la legna con la quale accendere un bivacco, ma potranno fare anche da ponte per superare crepacci o sabbie mobili. Le opzioni sono molteplici e consentono ai giocatori più smaliziati di trovare approcci sempre diversi e creativi allo stesso problema. Come ogni buon gioco di ispirazione vintage è maledettamente frustrante in alcune occasioni, soprattutto negli scontri con i boss di livello, però personalmente lo preferisco rispetto ai giochi facilitati tipo Call Of Duty. In conclusione l'ultima fatica di Nintendo è un'avventura vasta e affascinante, capace di garantire decine di ore di gioco e di divertimento anche oltre la canonica fine della storia, che proseguirà con l'arrivo dei due DLC. Forse non sarà complesso e carismatico come Majora's Mask o perfetto come Ocarina of Time, ma questo ultimo episodio della saga si staglia indubbiamente tra i migliori di sempre per vastità, cura nei dettagli e stile. The Legend of Zelda: Breath of the Wild è un gioco moderno che, nonostante qualche piccola sbavatura e un comparto tecnico non all'avanguardia, non ha nulla da invidiare a produzioni analoghe sotto il profilo ludico e anzi insegna loro qualcosa su come creare un'avventura avvincente e adulta.
A cura di Federico Rosa