“Non è vero perché io questo mese ho 48 euro in meno”.
“Mia mamma ha 60 euro in meno”.
“Mio cognato con la rivalutazione prende 25 euro in meno che vuol dire più di trecento euro all anno?”
Questi sono solo alcuni dei commenti che ho ricevuto sotto ad un post che qualche giorno fa ho scritto sul mio profilo Instagram.
Insospettito da queste risposte così numerose e frequenti e non avendo la pretesa di essere sempre nel giusto mi sono premurato di verificare il perché di questa situazione ed ecco che con poche telefonate sono arrivato al cuore del problema ed ho scoperto l’ennesima fake-news di cui molti cittadini italiani sono rimasti vittima: quella relativa al presunto taglio delle pensioni del Governo giallo-verde.
Per spiegarla è necessaria una premessa ed è questa. A seguito della legge 388/2000 il meccanismo che prevede la cosiddetta perequazione della pensione, cioè l’adeguamento all’inflazione dell’assegno pensionistico, fu modificato in tre fasce:
- adeguamento in misura piena, cioè al 100% per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo;
- adeguamento al 90% per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo;
- adeguamento al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo.
I cittadini devono poi sapere che con la legge di bilancio ogni Governo ha modificato, se e quando lo riteneva opportuno in base alle esigenze di bilancio ed alle scelte politiche, l’indicizzazione delle pensioni.
E’ successo nel Governo Monti (2011) con la Legge Fornero ed è successo nel 2014 con il Governo Renzi.
Inutile dire come in entrambi i casi a rimetterci fossero soltanto i pensionati che vedevano ridotte o addirittura bloccate le loro pensioni. Il Governo Conte ha provveduto anch’esso conla legge di bilancio 2018 ad adeguare le pensioni all’indicizzazione Istat sul costo della vita che per l’anno in corso è dell’1,1%.
Tradotto in parole povere per mantenere invariato il loro potere di acquisto i pensionati hanno diritto per il 2019 ad un aumento della propria pensione dell’1,1%.
Nel pieno rispetto delle politiche annunciate in campagna elettorale in cui ci siamo sempre dichiarati attenti ai più deboli abbiamo previsto una indicizzazione conseguente che prevedeva nello specifico aumenti, come mostrato di seguito:
- aumento del 100% sul dovuto (+1,1%) per le pensioni fino a 3 volte la minima;
- aumento del 97% per le pensioni da 3 a 4 volte la minima;
- aumento del 77% per le pensioni da 4 a 5 volte la minima;
- aumento del 52% per le pensioni da 5 a 6 volte la minima;
- aumento del 47% per le pensioni da 6 a 8 volte la minima;
- aumento del 45% per le pensioni da 8 a 9 volte la minima;
- aumento del 40% per le pensioni oltre 9 volte la minima.
Tutte, e sottolineo tutte, le pensioni sono quindi state aumentate, chi più chi meno.
Dalla tabella mostrata in alto potrete notare in modo molto chiaro come quello che abbiamo previsto sia l’aumento più favorevole per i pensionati dal 2011 ad oggi.
Per tutti tranne che per una categoria e cioè quella dello scaglione più alto, oltre 9 volte la minima, cioè pensioni piuttosto alte e quindi di persone che non sono certo le più in difficoltà a fine mese.
Ma è una scelta politica che rivendichiamo e che rifaremmo senza paura di doverci giustificare di fronte a questi cittadini che non sono privilegiati perché hanno versato i contributi esattamente come gli altri, ma che in una fase così delicata dell’economia italiana troviamo corretto che contribuiscano un po’ di più, rispetto ai meno abbienti, alla riduzione della spesa pubblica.
Ad un attento lettore però la domanda sorgerà spontanea ed è probabilmente la stessa che mi sono posto io leggendo tutti quei commenti che ho riportato ad inizio articolo: perchè allora i pensionati a giugno mi scrivono che le loro pensioni erano effettivamente più basse rispetto ai mesi precedenti?
Ed ecco che, tanto per cambiare, salta fuori la strumentalizzazione che il Partito Democratico sta cercando di far passare facendo credere ai pensionati italiani che gli stiamo tagliando le pensioni.
Il motivo dell’assegno pensionistico di giugno più basso rispetto ai mesi precedenti è dovuto a questo giochetto che l’INPS, capitanato fino a febbraio 2019 da Tito Boeri, espressione del Governo Renzi, ha volutamente messo in atto per lasciare l’ultima eredità scomoda al nuovo Governo Conte.
Ecco cosa è successo: il 27 dicembre 2018, quando la legge di bilancio era ancora in fase di approvazione, l’allora Presidente dell’INPS Tito Boeri emana una circolare che prevede dal 1° gennaio 2019 un aumento delle pensioni degli italiani sulla base della legge 388/2000, quella che ho riportato in premessa.
Attenzione già a questo passaggio: Boeri avrebbe potuto rivalutarle secondo la legge del 2001 (Fornero) e invece no, sceglie la legge ancora precedente per erogare assegni più consistenti, ben consapevole che poi gli aumenti non dovuti sarebbero stati chiesti indietro ai pensionati!
Pochi giorni dopo, la legge di Bilancio del Governo Conte viene approvata ed entra in vigore e il buon senso vorrebbe che lo stesso Presidente INPS adegui le comunicazioni al proprio istituto chiedendo che gli aumenti non siano fatti secondo la legge del 2000, ma a quella vigente appena licenziata dal Parlamento a fine 2018.
E invece no.
Nel silenzio generale gli assegni di Gennaio, Febbraio e Marzo 2019 (visto che il mandato di Boeri scadeva a fine febbraio rientrano nella sua gestione anche le pensioni di Marzo) vengono erogati ancora sulla base degli adeguamenti della legge del 2000.
Quindi INPS ha erogato un assegno più alto per 3 mesi consapevole che poi sarebbe arrivato un conguaglio che avrebbe richiesto indietro quanto non dovuto ai pensionati.
Se Boeri avesse adeguato fin dal 1° gennaio gli aumenti sulla base della nuova legge, i pensionati italiani avrebbero avuto la propria pensione aumentata della cifra corretta e il PD non avrebbe avuto la possibilità di riempire i media con la solita fake-news del taglio delle pensioni da parte del Governo giallo-verde.
Abbiamo dovuto attendere l’arrivo del nuovo Presidente Tridico per vedere applicata la nuova legge ed infatti nel mese di aprile e maggio i pensionati hanno ricevuto la pensione con l’aumento corretto.
A giugno però è arrivato il momento del famoso conguaglio ed ecco spiegato perché tanti pensionati questo mese si sono trovati un assegno leggermente ridotto.
E’ semplicemente il recupero di quanto non dovuto nei primi 3 assegni dell’anno. Una trattenuta una tantum che da qui a fine anno non si ripeterà più.
Una situazione antipatica che poteva essere evitata se solo chi c’era prima di noi avesse fatto il proprio lavoro come si deve.
A cura dell’On. Riccardo Olgiati.