Il modello Consortile e il ruolo della Centrale Consortile. A cura di Valore Impresa Da sx: Fabrizio Sanguinetti - Coordinatore Regione Liguria di Valore Impresa; Domenico Reviglio - Presidente Servizi Valore Impresa; Gianni Cicero - Presidente Valore Impresa; Mauro Pasquinelli - Coordinatore settore ICT Valore Impresa; Lorenzo Calcia - Coordinatore Fondazione Centro Studi Valore Impresa per Regione Piemonte |
Pur rappresentando il 98% del tessuto economico nazionale, il settore della piccola impresa è tagliato fuori da ogni possibilità di partecipare, in modo diretto, al mercato pubblico e delle grandi Committenze. L’unica possibilità normativamente riservata è sottostare a condizioni di subappalto e/o subfornitura estremamente penalizzanti. È altrettanto evidente che il sistema delle Piccole Imprese è troppo polverizzato e sottocapitalizzato, non in grado di fronteggiare e partecipare a un mercato globalizzato e competitivo sempre più invadente e selettivo. Un dimensionamento che ha effetti sulla capacità di internazionalizzazione delle piccole imprese che non supera il 7% del totale delle imprese che hanno rapporti con l’estero. Bisogna ripensare e ristrutturare il modello economico, sostenendo sviluppo, occupazione, formazione e riqualificazione, innovazione e ricerca, e soprattutto modelli e funzioni finanziarie a sostegno.
La proposta
Creare Società Consortili per Azioni di filiera coordinate da una Centrale Consortile con funzioni di tutoraggio coordinamento e sviluppo dell’intero Sistema aggregato. In tal senso si determina la proposta presentata al Mise e che ha trovato nella Direzione Generale del Settore Cooperazione e Sviluppo un attento e partecipe interlocutore con cui definire la strutturazione e l’indirizzo della proposta stessa.
La Centrale Consortile, i mercati e una nuova regolamentazione degli appalti per le Piccole Imprese L’analisi
Il 98% del tessuto economico dello Stato italiano è composto da micro e piccole imprese. Il nanismo e la polverizzazione imprenditoriale rappresentano un limite indiscutibile per competere in un mercato sempre più complesso e globalizzato. Le norme vigenti non consentono a questo settore di poter partecipare al mercato degli Appalti e delle grandi Centrali di Acquisto se non ricorrendo e subendo rapporti di subappalto e/o di subfornitura. Un limite che pregiudica lo sviluppo del settore preminente dell’economia nazionale. Un limite che obbliga una rivisitazione strutturale del modello organizzativo e una conseguente crescita della cultura d’impresa a valere sulle piccole imprese.
La proposta
L’iniziativa intrapresa da Valore Impresa con il Ministero dello Sviluppo Economico, di favorire la nascita di medie imprese attraverso l’aggregazione di piccole imprese in Società Consortili per Azioni, rappresenta la soluzione per una crescita dimensionale, organizzativa e culturale delle piccole imprese italiane. Tale crescita deve essere sostenuta da una nuova legislazione e da nuove procedure che prevedano e regolamentino l’accesso alla competizione del Mercato Pubblico e delle Grandi Committenze. La rivisitazione della Legge sugli Appalti, attualmente in atto, può rappresentare l’occasione per introdurre nuovi concetti a sostegno di questa azione di sviluppo e sostegno della piccola impresa organizzata.
La Centrale Consortile quale salvaguardia occupazionale e una nuova azione della formazione circolare L’analisi
Il problema della disoccupazione è una costante che, almeno dal 2008, ha caratterizzato e caratterizza la nostra economia in un perdurante stato di crisi. Il lavoro precario e la instabilità dei rapporti di lavoro, riscontrabile in molti settori, ha favorito il ricorso alla cassa integrazione e ai vari ammortizzatori sociali, creando squilibri nel bilancio dello Stato e in particolar modo dell’Inps. Molti i licenziamenti che creano la necessità di un riposizionamento nel mercato del lavoro. Inoltre, aumenta la disoccupazione giovanile, soprattutto al Sud, con una migrazione interna e internazionale irrefrenabile senza alcun intervento politico solutivo. Molti i laureati che fuoriescono dal sistema universitario non trovando risposte nel mercato del lavoro. A fronte di questo scenario si contrappone la necessità di manodopera in molti settori economico produttivi riferiti alle piccole imprese. La CGIA di Mestre riferisce la mancanza di 700.000 figure professionali.
La proposta
Un nuovo e concreto rapporto tra formazione e inserimento nel mondo del lavoro è la risposta per mettere in equilibrio domanda e offerta di lavoro. In particolar modo nel settore delle piccole imprese che attraverso il modello aggregato possono favorire il raggiungimento di tale obbiettivo, anche attraverso la finalizzazione di una formazione “circolare” che vede l’aggregazione come organizzazione formativa che determina specializzazione e inserisce il formato direttamente nel circuito interno. Nella proposta presentata al Mise, si fa esplicito riferimento al Sistema aggregato per l’adozione e applicazione di quanto riportato nella Legge Biagi all’art.30 in termini di Coodatorialità e Distacco della manodopera, quali elementi sostanziali di una nuova stagione per la contrattazione interaziendale.
Il modello Valore Impresa. Le comunità e le aggregazioni per difendersi dalle speculazioni energetiche. L’analisi
La speculazione energetica degli ultimi mesi ha generato devastanti ripercussioni sul già minato sistema economico italiano aggiungendo a uno stato di crisi permanente ulteriori difficoltà. Con tale speculazione si sono create le condizioni affinché molte imprese, già in stato precario, decidessero di chiudere. Le responsabilità di una mancata programmazione negli anni di una adeguata politica energetica sono evidenti. Nel nostro Paese il costo energetico determinatosi negli anni ha rappresentato un vulnus per la competitività delle nostre imprese sui mercati, soprattutto internazionali, rispetto a sistemi imprenditoriali di altre nazioni sicuramente più favoriti da costi energetici più sostenibili.
La proposta
Oltre a una necessaria programmazione per il raggiungimento di una autonomia energetica, attraverso azioni politiche strategiche e durature, si deve puntare anche a una sensibilizzazione e organizzazione del Sistema delle Piccole Imprese che, anche dal punto di vista dell’ottimizzazione dei costi energetici, debbono ricorrere alla formazione di aggregazioni che puntino alla produzione di energia per favorire un autoconsumo. In tal senso la Comunità energetica costituita tra enti locali, imprese e condomini potrebbe generare una fonte di produzione energetica da ridistribuire tra i facenti parte. Sostanziale la definizione dei decreti attuativi che stanno bloccando la partenza della Comunità energetica in Italia.
La Centrale Consortile e la risposta finanziaria alla crisi d’impresa
L’analisi
Lo stato di crisi permanente dal 2008 a oggi ha generato la chiusura di migliaia di imprese generando una severa limitazione occupazionale. Se la media–grande impresa ha potuto far riferimento a interventi di salvaguardia ricorrendo ad ammortizzatori sociali in modo costante negli anni, la piccola impresa ha dovuto affrontare lo stato di crisi facendo leva solo sulle proprie forze. Per tutta risposta gli ultimi Governi, ancorché preoccuparsi del rilancio e dello sviluppo economico, si sono preoccupati di emanare, dopo alcuni rinvii, una legge sulla crisi di impresa che non ha convinto né convince tutti. Molti i Professionisti che sono ricorsi ai vari strumenti messi a disposizione delle Imprese per gestire la crisi: in particolare il Concordato, nelle varie forme. Strumenti che, senza un’adeguata e concreta azione finanziaria a sostegno, non hanno fatto altro che determinare una costante non accettazione, da parte dei Tribunali, delle richieste presentate.
La proposta
Concordato e Negoziazione Assistita risultano oggi gli strumenti più validi per sostenere un’azienda in crisi. Validità che non può che essere assistita e sostenuta se non con una collaterale azione finanziaria. In tal senso l’iniziativa, sostenuta e intrapresa dal nostro Sistema, “Salviamo il valore”, consente di determinare una concreta soluzione per quelle aziende, in crisi sì, ma che mantengono un piano industriale e un immobile di proprietà dove svolgono la propria attività, di interesse di un terzo che finanziariamente interviene nell’azione di salvataggio. Proprio per la salvaguardia del terzo, per la finanza introdotta, necessita una specifica norma di tutela che renda il soggetto, in caso di insolvenza, creditore privilegiato.