Lo sport è fatto di medaglie, record, tifo sugli spalti, ma è anche una combinazione di emozioni, coincidenze e vissuti ed è proprio questo insieme di passioni e storie personali che lo rende estremamente affascinante. Ecco quindi che la vicenda di Elnaz Rekabi è prima di tutto questo: una storia, quella di una ragazza che insegue il suo sogno, mettendoci tutto l’impegno possibile per realizzarlo. |
Dunque una storia di successo, ma come tante altre storie, anche in quella di Elnaz arriva un momento decisivo, un istante in cui succede qualcosa e la trama si intreccia con altri racconti, altre speranze, altre vite. E così la storia di Elnaz si lega, per fato, casualità o comunione di intenti, a quella di una giovane iraniana di origine curda, Mahsa Amini, morta a settembre dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato l’hijab in modo regolare.
Elnaz è un’atleta, ma è anche una donna iraniana e come tutte le donne del suo Paese ha l’obbligo di indossare il velo. E così, ecco che la strada di Elnaz si incrocia con quella di Mahsa, un giorno di ottobre a Seul, quando ai Campionati asiatici di arrampicata, la scalatrice si presenta in gara senza hijab. Il gesto non passa inosservato. Anzi, fa il giro del mondo e arriva all’Iran International, emittente televisiva con sede a Londra, molto critica nei confronti del regime islamico. Iran International considera la scelta di Elnaz un’azione di protesta, un modo per la campionessa di far sentire la sua vicinanza alle donne iraniane, in lotta dopo la morte di Mahsa per affermare la loro libertà.
Ma la notizia arriva anche in patria e qui i contorni della storia sbiadiscono, diventando sempre più confusi. Di Elnaz, infatti, si perdono le tracce per alcune ore e secondo la BBC le sarebbero stati confiscati cellulare e passaporto. Poi la si vede rientrare in Iran, acclamata come un’eroina da migliaia di persone giunte all’aeroporto appositamente per lei. Subito però, difronte alla tv di stato, troviamo Elnaz a chiedere scusa al popolo iraniano, definendo accidentale la scelta di non indossare l’hijab, aggiungendo che il velo le sarebbe caduto incidentalmente.
Secondo BBC Persian si tratta di una “confessione forzata”, dovuta alle minacce di sequestro dei beni di famiglia che le autorità iraniane avrebbero fatto all’atleta se non avesse rilasciato le sue scuse. Scuse che volevano scollegare il suo gesto dalle rivolte delle donne iraniane, ma che non sembrano aver convinto le autorità di Teheran.
Risultato? Prima l’atleta viene posta ai domiciliari e poi con furia distruttiva le radono al suolo la casa di famiglia, con tanto di medaglie sparse tra le macerie, come si può vedere in un video che sta girando sul web. Le immagini riprendono anche un ragazzo in lacrime, si tratta di Davood, fratello di Elnaz, anche lui scalatore, mentre un’ignota voce fuori campo dice: “Così vanno le cose in questo Paese. Così trattano un campione che ha dato chili di medaglie a questo Paese, che ha lavorato sodo per renderlo orgoglioso. Gli hanno demolito la casa di 39 mq e se ne sono andati”. Speriamo per Elnaz che questo non sia l’ultimo capitolo della sua storia.