La Corte di Cassazione IV Sezione penale, con la sentenza n.10850 del 15 gennaio 2019, ha stabilito un fondamentale principio relativo ad un fenomeno che sfugge alle statistiche ufficiali. Anche se nessuno sa con certezza quanti siano le percentuali precise, la maggior parte di urti contro ostacoli si riferisce ad alberature: complessivamente si tratta di svariate decine di sinistri mortali ogni anno e centinaia di sinistri con dei feriti.
La dinamica di ciascun sinistro risulta, in concreto, sempre peculiare e complessa. Il caso esaminato dalla Suprema Corte si riferiva ad un albero di alto fusto a circa 2 metri dal confine stradale, all’interno di una proprietà privata il cui titolare è stato datato per omicidio colposo.
In seguito ad una fuoriuscita di strada ed alla collisione fra l’autovettura e l’albero un automobilista ha perso la vita. Il giudice di primo grado aveva assolto il proprietario.
La Corte d’Appello, tuttavia, riformando la sentenza di primo grado, lo ha ritenuto colpevole condannandola penalmente (con sospensione condizionale della pena) e stabilendo a suo carico il risarcimento dei danni in favore della parte civile (pur nella misura del 25 per cento).
Il proprietario dell’albero è stato, infatti, ritenuto titolare di una posizione di garanzia e gli è stato, in particolare, contestato di non averlo rimosso, “essendo prescritto che gli alberi ad alto fusto siano a distanza non inferiore a sei metri dal confine della strada”.
Il Codice della strada prevede, all’art. 16, co. 1 lett. c), il divieto, per i proprietari o aventi diritto sui fondi confinanti con le stradali fuori dei centri abitati, di coltivare alberi ai lati delle strade, sia che si tratti di siepi, piantagioni ovvero recinzioni. Detto divieto viene meglio particolareggiato dall’art. 26 co. 6 del regolamento di attuazione del Codice della strada, nel quale si dispone che “la distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 metri”.
La Corte di Cassazione conferma quanto già specificato dalla Corte d’Appello, ovvero dell’esistenza dell’obbligo di delimitare la sede stradale ed in particolare, per il caso di specie, di proteggere l’albero con un guardrail, come disciplinato dall’art. 3 del D.M. n.223 del 1992.
La progettazione e l’omologazione delle strade, anche per tale motivo, prevede l’impiego delle barriere di sicurezza stradale ed individua le fasce da proteggere.
Proprio circa l’esistenza di questo obbligo di protezione, la Suprema Corte precisa che essere “posto a carico dell’ente proprietario della strada e non certo del proprietario del fondo contiguo alla sede stradale”. In particolare la Corte di Cassazione ha stabilito che il proprietario del terreno non era obbligato a rimuovere o proteggere l’albero, peraltro preesistente rispetto all’entrata in vigore del Codice della Strada. Per il caso di specie è stata riconosciuta la responsabilità dell’ente proprietario della strada, aprendo la possibilità ad una azione nei suoi confronti per il risarcimento del danno.
Su criterio di ubicazione dell’albero, si potrebbe chiosare, ha prevalso il criterio di delimitazione della sede stradale e di rigorosa applicazione delle precauzioni, anche con riferimento alla natura dei fondi confinanti.
A carico dell’ente proprietario della strada sono quindi stati riconosciuti sia l’obbligo di messa in sicurezza della strada sia l’obbligo di risarcimento dei danni occorsi a cose e persone.
A cura di Davide Calvi.