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Sicurezza stradale: un 2018 davvero difficile

7/2/2019

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La serie tragica e mai vista di eventi del mese di agosto è solo il paradigma di una situazione generale veramente preoccupante.
Ci siamo interrogati sui risultati degli incidenti stradali nel 2017 che erano stati decisamente negativi e in controtendenza rispetto al trend positivo che avevamo registrato almeno fino al 2015. Anche il 2018, pur in mancanza dei dati definitivi, non sembra far registrare buoni numeri. Tutt’altro.

La serie tragica e mai vista di eventi del mese di agosto, (crollo viadotto Morandi, incidente gravissimo con l’esplosione dell'autocisterna di Bologna. Incidenti con decine di vittime fra i migranti in Puglia) è solo il paradigma di una situazione generale sulle strade veramente preoccupante.

E’ noto che già nel primo decennio 2001 -2010 l’Italia si è solo avvicinata all’obiettivo dell’UE di abbassare la mortalità del 50%, fermandosi poco sopra al 40%. A questo punto anche per il secondo decennio 2011 – 2020 la prospettiva di una riduzione di un altro 50% del numero delle vittime mortali, come richiesto dall’UE, sembra ormai assolutamente irraggiungibile. 

Come abbiamo visto negli ultimi 3 anni la sinistrosità sta facendo segnare una deludente inversione di tendenza.

Il tasso di mortalità stradale tra il 2016 e il 2017 è passato in Italia da 54,2 a 55,8 morti per milione di abitanti, tornando ai livelli del 2015. Mentre in Europa è sceso da 52 a 49,7.

Nel confronto europeo, tra il 2017 e il 2010 (anno di benchmark della strategia europea per la sicurezza stradale), i decessi si sono ridotti del 19,9% a livello europeo, e del 17,9% in Italia.

Una variazione decisamente bassa e inadeguata per raggiungere l’obiettivo europeo di dimezzamento del numero di morti in incidenti stradali entro il 2020.

In particolare, nel 2017, con 1.681 morti, gli utenti vulnerabili (pedoni, ciclisti e motociclisti) hanno rappresentato circa il 50% delle vittime sulle strade. 

Per quanto riguarda l’età, l’aumento del numero delle vittime coinvolge principalmente gli ultrasettantenni, passati dagli 830 morti del 2016 ai 909 del 2017, con un tasso di mortalità che oscilla fra 61,1 e 126,3 per milione di abitanti di quelle fasce d’età, rispetto alla media generale  di 55,8. Un trend in crescita costante dal 2010 ad oggi. 

Questo dato pone il sempre più pressante  problema della sicurezza dei più anziani sulle strade. Parallelamente anche la fascia d’età 20-29 anni registra valori preoccupanti, con 77,2 morti ogni milione di abitanti. 

L’ASAPS in questo quadro poco rassicurante deve anche segnalare un drammatico picco di mortalità per quanto riguarda i bambini da 0 a 13 anni a causa di incidenti stradali.

Sono stati 17 i piccoli morti in incidenti stradali nei soli due mesi di luglio e agosto 2018 e sono già 41 a fine ottobre. Furono 40 i bambini morti in tutto il 2017.

Certo che chi pensava che la sola legge sull’Omicidio stradale (ancora per altro poco conosciuta nei suoi reali contenuti) potesse incidere sensibilmente sulle dinamiche della sinistrosità è andato deluso. 

Ma non era questo lo scopo della norma che perseguiva invece l’obiettivo di una maggiore giustizia e adeguatezza nelle condanne per gli omicidi della strada. Obiettivo in parte raggiunto, anche se alcune parti illogiche della legge 41/2016 devono essere assolutamente e presto modificate.

Gli aspetti che determinano questa situazione in peggioramento sono invece secondo l’ASAPS altri e ben 
conosciuti.

Innanzi tutto lo stato generale delle strade, in evidente carenza da almeno 15 anni di adeguata manutenzione ordinaria e straordinaria e ora si vedono i risultati di spiccata insicurezza, anche senza arrivare alla caduta dei viadotti. 

Si pensi a qual è ora lo stato di molte strade dopo le terribili piogge di fine ottobre con frane ed esondazioni di fiumi. Si deve poi aggiungere il calo dei controlli sulle strade con una diminuzione costante delle pattuglie. 

La sola Polizia Stradale nel 2017 ha schierato 64.000 pattuglie in meno rispetto al 2008, come dire 175  pattuglie in meno ogni giorno sulle strade. Non si può pensare di delegare sempre tutto all’elettronica e ai pur preziosi controlli da remoto. 

Chi verificherà la guida in stato di ebbrezza (a proposito gli etilometri sono sempre meno e il problema 
delle revisioni non è stato affatto risolto rispetto a 2 anni fa), o sotto l’effetto di stupefacenti? 

Chi verificherà l’uso del cellulare alla guida o il mancato uso delle cinture di sicurezza? E i tempi di guida e riposo degli autotrasportatori?

Siamo poi di fronte ad una allarmante e sistematica  criminalizzazione di tutti i mezzi di controllo della velocità (autovelox, telelaser e perfino il tutor) e ora anche  dell’etilometro. 

Sono nate associazioni specializzate nei ricorsi seriali e i Giudici di pace troppo sensibili alle istanze dei conducenti sono sempre numerosi.

L’educazione stradale nelle scuole è oggettivamente più sporadica e occasionale. Da quando non viene più rilasciata negli istituti scolastici l’abilitazione alla guida dei ciclomotori sembra scomparsa ogni vocazione alla formazione ed educazione stradale.

La risposta della politica qual è? Per ora pare assolutamente assente sui temi della sicurezza stradale a 
cominciare dalla riforma del CdS in gestazione da oltre 5 anni senza risultato alcuno. 

Anche della previsione della sospensione della patente alla prima violazione per uso del cellulare alla guida preannunciata dai governi precedenti e da quello attuale si è persa traccia (salvo modifiche all’art.173 CdS col decreto “sicurezza” o in un provvedimento di fine anno).

Una situazione poco incoraggiante che merita quindi una sua puntuale analisi e denuncia. Intanto dal 2011 anche il PNSS in Italia non è più finanziato.

A cura di Giordano Biserni.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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