Nelle settimane di discussione del decreto ci siamo spesso chiesti le ragioni di un provvedimento tanto corposo. La maggioranza di governo ha più volte spiegato che il Decreto “Sblocca-Cantieri” sarebbe servito a velocizzare le opere pubbliche rallentate dalla burocrazia e dal Codice degli Appalti modificato nella scorsa Legislatura.
Eppure questa motivazione non regge.
Va chiarito, infatti, che i dati del Cresme certificano un 20% di opere avviate in più nel primo trimestre di quest'anno. Ciò significa che non è stato certamente il nuovo Codice degli Appalti a limitare gli interventi infrastrutturali nel Paese ma, semmai, la mancanza di decisioni da parte del Governo.
In questo senso, la vicenda della TAV, con il tema dell’analisi costi-benefici, è stata emblematica.
Le divisioni interne alla maggioranza di Governo, inoltre, hanno prodotto un provvedimento confuso che, anziché dare certezze alle imprese, complica le cose e alimenta l'incertezza. Il Decreto “Sblocca-Cantieri”, quindi, rischia di rivelarsi inutile o addirittura dannoso per il Paese e per le imprese.
In secondo luogo, probabilmente con il Decreto “Sblocca-Cantieri” i tempi per la realizzazione delle opere si allungheranno, in quanto al momento si prevedono 180 giorni solo per scrivere il nuovo regolamento attuativo e poi serviranno anche i nuovi decreti attuativi e circolari che rendano la legge operativa.
Inoltre, il testo prevede che vengano sospese per due anni alcune norme vigenti e questo crea incertezze evidenti che porteranno a inevitabili rallentamenti.
Con il Decreto “Sblocca-Cantieri”, insomma, si rischia il blocco dei cantieri, altro che velocizzarli!
Sarebbe stato utile un provvedimento in grado di garantire una migliore qualità delle opere, la loro messa in sicurezza, incentivando gli interventi a più alto contenuto di innovazione e di professionalità.
E, invece, anche su questi aspetti siamo lontanissimi da interventi significativi, anzi, ampliare la logica del massimo ribasso (nel testo denominato “miglior prezzo”), consentire più subappalti, restringere se non cancellare le verifiche preventive sui requisiti delle imprese che partecipano alle gare, sono tutte scelte che vanno nella direzione opposta.
Queste scelte, infatti, favoriscono chi spende meno, chi investe meno in professionalità e in innovazione; chi risparmia sugli stipendi e sui costi della sicurezza.
Per sbloccare le opere occorre dare incentivi, assumere personale specializzato che faccia funzionare le centrali appaltanti, investire sulla buona progettazione delle opere stesse, dare termini perentori ai processi autorizzativi, semplificare gli adempimenti preliminari, dare uno scudo a chi deve assumersi la responsabilità di autorizzare, se lo fa seguendo le procedure standard.
Non c'è nulla di tutto ciò nel Decreto “Sblocca-Cantieri”.
Il Decreto “Sblocca-Cantieri”, quindi, appare più come un pericoloso manifesto ideologico che vuole affermare un falso principio: se si vogliono fare le opere e farle in fretta, bisogna ridurre le regole, le tutele di legalità e quelle per i lavoratori.
L'equazione criminogena è che in nome della presunta realizzazione veloce delle opere bisogna allargare le maglie, deregolamentare e questo apre ampi spazi all’illegalità e alla corruzione.
Lo hanno denunciato con forza anche i sindacati, le associazioni antimafia, le associazioni di categoria, che sono più volte scese in piazza per manifestare il proprio dissenso verso le nuove norme.
È pericoloso il combinato disposto tra riduzione del ruolo dell’Autorità Nazionale Anti-Corruzione, la reintroduzione del concetto del massimo ribasso, più subappalti, meno regole e meno controlli e l’inserimento dei commissari straordinari che possono essere nominati quando e come si vuole e che possono agire in deroga a qualunque cosa.
È pericoloso sostenere che basta il buon senso e affidarsi all'onestà dei soggetti interessati o che non servono più tutele di legalità perché con il Decreto denominato “Spazzacorrotti”, in cui si prevedeva un inasprimento delle pene, si è già risolto ogni problema su questo fronte.
Il Governo ha scelto di deregolamentare, riaprendo di fatto gli spazi che nella scorsa Legislatura si era riusciti a togliere al malaffare.
La sfida vera, invece, è riuscire a conciliare trasparenza, legalità ed efficienza, e questo lo si ottiene riducendo gli spazi di discrezionalità, soprattutto in un Paese come il nostro, in cui purtroppo c'è ancora troppa corruzione e le organizzazioni criminali penetrano nell'economia legale.
Purtroppo, dopo questo provvedimento non vi saranno più opere né si velocizzeranno i cantieri in essere ma certamente ci saranno meno garanzie di legalità e meno diritti per i lavoratori e il conto di tutto questo, alla fine, lo pagheranno le imprese e i cittadini.
A cura del Sen. Franco Mirabelli.