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SAS: le dinamiche comunicative delle offese

10/10/2022

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Quest’oggi affronteremo un tema legato alle offese (argomento trattato precedentemente): la SAS. Cosa significa questa sigla? Parliamo dei sistemi e ambiti di suscettibilità e del senso di autostima.

​A cura di Elisa Amelia
​Gli ambiti sono 5: immagine personale, famiglia, cultura, lavoro, eros/sesso.

Analizziamoli singolarmente:
Immagine Personale: riguarda tutto ciò che concerne l’aspetto estetico della persona (struttura fisica, colori e tratti somatici, abbigliamento e stile, modalità di approccio).

Famiglia: riguarda le origini, status familiare, posizione sociale, lavoro o titoli di studio dei componenti.

Cultura: riguarda appunto il livello culturale della persona, il titolo di studi, la dialettica.

Lavoro: come dice la parola stessa riguarda la professione che la persona svolge.

Eros/Sesso: riguarda tutta la sfera di intimità della persona. Se uno o più di questi ambiti risultano “fragili” e vengono toccati dell’altro, la persona andrà in SAS e scatterà l’offesa. Un esempio tipico di SAS è dire a qualcuno “ma come ti sei vestita oggi?”. Se la persona risulta cagionevole nell’ambito dell’immagine personale, si offenderà andando in reazione. Altro esempio tipico è, in un confronto su un argomento, “guarda che io sono un manager di successo, tu? Operaio, giusto?” Mi sono imbattuta in queste dinamiche parecchie volte ed è oramai chiaro quando e perché la persona diventa suscettibile.

Chiaramente anche la comunicazione non verbale e para verbale incide moltissimo sulla reazione dell’altro, inconsapevole di che cosa gli sta accendo interiormente.

Si può reagire a fronte di un’offesa in uno di questi ambiti:
• Si reagisce immediatamente con una reazione incontrollabile;
• L’offesa si stratifica, insieme ad altre, e ristagna, finché la persona esplode;
• In presenza di una particolare svalutazione (da parte dei genitori o un familiare affettivamente importante, o di un insegnante) consolidiamo l’offesa in maniera silente, portandoci progressivamente a mortificazione e senso di inferiorità;
 Andando incontro all’ offesa, dicendo sì, hai ragione. Il modo costruttivo di gestire la SAS sarebbe prendere gli ambiti in cui ci sentiamo forti, capire che cosa ci diciamo in quei frangenti, per poi portarli anche negli ambiti di fragilità ribaltando la situazione dell’energia che si crea: da negativa a positiva. A proposito del “sì è vero” (spiegato in precedente articolo) dobbiamo ricordare sempre che questa frase è ben diversa da “sì, hai ragione”. La prima indica un atto di umiltà verso sé stessi, perché permette all’informazione di entrare e farsi elaborare ed è quella che permette alla persona di non scaturire comportamenti distruttivi e restare centrata su di sé.

Abbiamo parlato finora delle parti lese, quelle che vengono offese, ma sarebbe bene riflettere sul fatto che spesso ad offendere siamo noi. Abbiamo mai riflettuto su quante volte offendiamo quando sappiamo bene quello che stiamo riversando sull’altro, con metodo? Sostanzialmente siamo tutti abili cecchini. Sarebbe bene mettersi anche nei panni di chi offende, conoscere ambedue le parti per destreggiarle e comprendere il perché entriamo nell’una e nell’altra dinamica.

Per esperienza consolidata nell’affrontare le dinamiche comunicative, abbiamo potuto riscontrare che la maggior parte dei “cecchini delle offese” sono persone che sentono in sé una forte fragilità e che non trovano altri modi se non quella per portarsi. Differentemente la persona serena riuscirebbe a portare sé stessa e la sua idea senza offendere. L’ umiltà ci permette di stare in piedi davanti al mondo, è una sorta di membrana intelligente, perché permette alle cose di entrare, ma anche di uscire. La persona umile non è dimessa o rinunciataria, ma si raffronta con il mondo includendo, non escludendo, e porta in sé i valori che le permettono di capire cosa sia reale e cosa no. L’ offesa, invece, non lascia entrare nulla.

​Dobbiamo uscire dall’idea che chi non reagisce all’offesa sia perdente, anzi! Inoltre, rispondere a tono non vuol dire offendere l’altro, ma sostenere le proprie ragioni argomentandole. Chi reagisce invece attacca il lato personale, non la tematica di discussione. Inoltre, bisogna anche ricordare che un conto è controbattere sulla persona, altro è sul comportamento della persona. Ricordiamoci sempre che le persone non sono i loro comportamenti, tanto è vero che comprendendo il comportamento dannoso che metto in atto e cambiandolo, risulto una persona ben diversa! Un’ultima considerazione: il perdente reagisce, il vincente accoglie dentro di sé e trasforma il piombo in oro.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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