Ma possiamo dire che il gruppo si è ritrovato in una sorta di paradossale stallo emotivo: da una parte la festa rock’n’roll che tutti si aspettavano e che hanno onorato senza risparmiarsi, dall’altra la consapevolezza che questi Rolling Stones, pur perfetti e senza neanche mezza incertezza, devono fare i conti con un vuoto che non si può riempire: la mancanza del cuore pulsante della band, Charlie Wats, scomparso nell’agosto del 2021.
I Rolling Stones sono l’emblema di un intero genere - il rock - che hanno contribuito a forgiare e rendere immortale, inventando un sound potente e decisivo per le generazioni successive. In occasione dell’anniversario della loro carriera, durante il tour hanno suonato le loro più significative hit, ripercorrendo così assieme al pubblico la storia di un gruppo di ragazzi londinesi che ha stravolto per sempre il mondo musicale.
La band esordì in pieno periodo beat, assumendo il ruolo dell’alternativa “brutta sporca e cattiva” ai Beatles. I teppistelli irriverenti della Londra suburbana, provocatori per natura e per divertimento, esaltarono la loro essenza fino a farlo divenire un vero e proprio costume, ribellandosi ai costrutti dominanti. Hanno fatto della voglia di evadere dal grigiore quotidiano, dalla soffocante società, il loro inno portando alla nascita di testi diretti, privi di fronzoli ed abbellimenti ma ricchi di eccessi e di un depravato senso di giovanilismo. Dai primi spettacoli al Marquee Club di Londra e dopo svariati singoli e 3 album, la svolta decisiva arriva nel 1965 con il singolo “The Last Time” seguita da “(I Can’t Get No) Satisfaction”.
È soprattutto “Satisfaction”, inno sensuale scandito da un riff-killer, a far scatenare la gente su entrambe le sponde dell’Atlantico, rimanendo per quattro settimane in testa alla classifica di Billboard. A scandalizzare il pubblico sono anche i loro concerti al quanto infuocati (memorabile quello finito in rissa a Berlino nel 1966, dopo un passo dell’oca nazista messo in scena da Jagger), i continui atteggiamenti provocatori, lo stile di vita sregolato all’insegna del “sesso, droga e rock and roll”. Insomma, una esagerazione cui il rock mai più si sarebbe sottratto e che, dalla seconda metà degli anni Settanta, avrebbe inghiottito la creatività musicale del gruppo stesso.
Nel 1966 esce “Aftermath” il primo album degli Stones a contenere solo brani scritti dalla coppia Jagger/Richards (da cui deriva il brano “Out of time”). Anche gli arrangiamenti si fanno più ricchi. Alla sezione chitarra-basso-batteria si aggiungono strumenti come il dulcimer, le marimbas, il sitar, il flauto e ogni tipo di tastiere. Nella primavera del 1968, dove le piazze delle grandi capitali europee pullulano di studenti arrabbiati, i giorni della pace e dell’amore universale lasciano il posto a quelli della rabbia. I Rolling Stones si buttano nel clima arroventato, da cui nascerà l’album “Beggars Banquet”, di cui fanno parte “Simpathy for the Devil” e “Street fighting man” (entrambi i brani sono stati cantati durante lo spettacolo a San Siro).
Nel 1969 il poli strumentista e innovativo Brian Jones, a causa di problemi personali e dell’uso eccessivo di droghe, viene allontanato dalla band e nel luglio dello stesso anno viene ritrovato morto annegato nella propria piscina in circostanze non del tutto definite. Subentra al suo posto Mick Taylor con cui realizzeranno l’accoppiata “Honky Tonk Women”-”You Can’t Always Get What You Want”, ricca anteprima dell’album Let It Bleed, che chiude in gloria l’annus horribilis dei Rolling Stones. Dopo due anni, gli Stones realizzano l’album “Steacky fingers”, con tanto dell’iconica copertina raffigurante forse i più famosi jeans sdruciti al mondo firmata Andy Warhol. In questo LP vediamo cedere il passo a una progettualità sonora netta, forse meno ricca e visionaria ma non per questo priva di ricercatezze.
Sono presenti brani come “Wild Horses” - dove l’aria si dilata, lasciando spazio ad un sound acoustic-folk per questa ballata melodica - e “Dead Flowers”, un grazioso quadretto folk-blues abbellito da due chitarre. Da qui in avanti la crisi che già aleggiava intorno alla band s’ispessisce sempre più, a partire dall’abbandono da parte di Mick Taylor nel ‘74 (al quale subentrerà Ron Wood), passando per lunghi periodi di dipendenza, arrivando ad album da solisti sia per Jagger che per Richards (oltre che a collaborazioni singole con altri big della scena mondiale, come “Jumpin’ Jack Flash” con Aretha Franklin).
A partire dagli anni ’90 tornano a calcare le scene e a produrre nuovi album, nonostante la perdita di gran parte della viscerale espressività di un tempo. Così dal 2000 in poi proseguono con i mega concertoni in tutto il mondo senza mai perdere spettatori e pubblico. Nessuno meglio di loro ha incarnato il modo di vivere, la frenesia e gli eccessi del rock. Una fiamma che continua a riaccendersi puntualmente a ogni nuova tournée, rinnovando un incantesimo destinato a rimanere nella storia della musica.