Il locatore si era costituito in giudizio, lamentando l’inadempimento del conduttore, che non avrebbe provveduto al pagamento dei canoni di locazione contrattualmente pattuiti.
Il Tribunale, accertando l’avvenuto pagamento dei canoni da parte del conduttore, lo aveva condannato però a corrispondere la somma residua dovuta per i canoni maturati fino alla data della riconsegna formale dell'immobile.
Nel giudizio di secondo grado, la Corte d’Appello, accogliendo parzialmente la domanda del locatore, aveva condannato il conduttore al pagamento dell’ulteriore somma dovuta dalla data di liberazione dell’immobile fino a quella di naturale scadenza del contratto.
Avverso la pronuncia di secondo grado il conduttore aveva proposto ricorso in Cassazione contestando il diritto del locatore di ricevere il canone pattuito anche per il periodo successivo alla riconsegna dell'immobile.
Pertanto i Giudici di legittimità, nella sentenza in esame, hanno approfondito i due orientamenti opposti della medesima Corte di Cassazione in tema di risarcimento del danno patito dal locatore in caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione.
L’orientamento maggioritario si muove nella direzione della risarcibilità dell’interesse positivo, riconoscendo al locatore non inadempiente il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute (detratto l’utile ricavato) o che, con l’uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall’immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione anticipata ed il termine pattuito per la durata del contratto di locazione. In particolare, la Corte ha richiamato la sentenza n. 2865/2015, ove i Giudici di legittimità avevano espressamente chiarito che “l’art. 1453 c.c., facendo salvo, in ogni caso, il diritto della parte adempiente, che chiede la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, al risarcimento dei danni, ricomprende, tra i danni risarcibili, anche il mancato guadagno, se e in quanto esso costituisca conseguenza immediata e diretta, ex art. 1223 c.c., dell’evento risolutivo. Tale pregiudizio si può individuare nell’incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell’altra parte”.
L’art. 1453 del Codice Civile, infatti, dispone al comma 1 che “nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”. L’art. 1223 del Codice Civile, citato dalla Corte, sancisce testualmente che “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
Ancora, hanno esposto i Giudici di legittimità richiamando la sentenza n. 530/2014 della medesima Corte, il danno risarcibile al locatore a titolo di lucro cessante "è rappresentato dalla mancata percezione di un introito mensile per tutto il tempo presumibilmente necessario per poterlo nuovamente locare, in relazione al quale un obiettivo parametro di riferimento può essere utilmente individuato, salvo prova diversa, nel periodo di preavviso previsto per il recesso del conduttore".
L’opposto orientamento, minoritario ed espresso dalla Corte di Cassazione nelle sentenze n. 27614/2013 e n. 1426/2017, esclude invece che, avvenuta la risoluzione per inadempimento del conduttore a seguito del rilascio del bene, il locatore possa lamentare un danno per la mancata percezione dei canoni locativi che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza del contratto oppure fino alla rilocazione. Le decisioni richiamate negano che tale pretesa possa avere fondamento perché non solo la mancata percezione dei canoni pattuiti non costituirebbe una perdita, dato che essi non avrebbero comunque mai fatto parte del patrimonio del locatore a causa dell’intervenuta risoluzione, ma la mancata percezione dei canoni non potrebbe esser configurata nemmeno come mancato guadagno poiché con il rilascio dell’immobile il locatore ha comunque potuto godere del bene disponendone materialmente.
Con la recente sentenza n. 8482/2020, la Corte di Cassazione ha espressamente richiamato l’orientamento maggioritario, sostenendo che al locatore non inadempiente spetta il diritto di pretendere quanto avrebbe potuto conseguire se le obbligazioni fossero state adempiute, detratto l'utile ricavato o che, con l'uso della normale diligenza, avrebbe potuto ricavare dall'immobile nel periodo intercorso tra la risoluzione anticipata del contratto ed il termine pattuito originariamente.
In conclusione, dunque, l'art. 1453 del Codice Civile, facendo salvo in ogni caso il diritto della parte adempiente, che chiede la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, al risarcimento dei danni, comprende tra i danni risarcibili anche il mancato guadagno, se ed in quanto conseguenza immediata e diretta della risoluzione anticipata.
Tale pregiudizio si può individuare nell'incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell'altra parte.
A cura di Elisa Fea.