Ormai lo sanno anche i sassi, la nostra Nazione è un Paese dove l’economia reale si basa su un tessuto di Pmi che rappresenta il 98% delle Imprese in Italia. Un Paese Industriale? Forse, ma è indiscutibile che il dato dell’ incidenza delle Pmi sul Pil nazionale è inconfutabile. Mi è capitata tra le mani, giorni fa, una tabella , che vi sottopongo all’attenzione, molto significativa, e che induce a delle riflessioni. In Italia siamo circa 60.036.000 abitanti di cui: pensionati 29,6% circa 17.800.000, disabili 5,1% circa 3.100.000, accompagno invalidi 3,5% circa 2.100.000, disoccupati/ reddito di cittadinanza 4,2% circa 2.550.000, dipendenti P.A. 5,9% circa 3.550.000, adolescenti e studenti 18,8% circa 11.320.000, dipendenti settore privato 23,0% circa 14.700.000, professionisti, artigiani e Pmi 9,0% circa 5.214.000.
Quindi la prima riflessione che si evidenzia è che, in termini di PIL nazionale, solo il 9% produce e occupa il 23% degli italiani al lavoro. Questi sono dati che non possono essere sottovalutati, sono dati che non possono essere non conosciuti, questi sono dati che debbono essere sostanziali per una necessaria strategia di sviluppo economico del nostro Paese. Una strategia di sviluppo necessaria soprattutto dopo almeno 13 anni di crisi economica italiana che si è accompagnata a una crisi finanziaria mondiale per sfociare in una crisi pandemica che stiamo ancora vivendo.
Ma mentre noi contiamo le morti sia umane che imprenditoriali e professionali, il legislatore, gli economisti vanno avanti imperterriti disegnando nuovi scenari normativi che delineano un chiaro disegno di semplificazione del mercato che genera e genererà una disertificazione del sistema economico italiano, magari a vantaggio dei gruppi internazionali e delle multinazionali? Sono gli effetti della globalizzazione. Quindi dei due l’una, o siamo in grado di definire una progettualità di sistema, o avremo delle ricadute in termini sociali estremamente pericolose.
Quindi bisogna creare consapevolezza e fare squadra partendo dalle Imprese e dai Professionisti , i quali partendo dalla informazione e quindi dalla conoscenza, possano meglio affrontare gli indiscutibili cambiamenti degli scenari economici che si stanno delineando in termini planetari. Oggi dobbiamo rincorrere e pure ad alta velocità, partendo da anni di crisi sia economica che sanitaria con un tessuto economico troppo nano, individualista e polverizzato, con un retaggio culturale statale troppo imperniato sull’assistenzialismo.
Partiamo con un handicap strutturale, ma dobbiamo parlare anche di innovazione di digitalizzazione, perché il mondo cambia, il mondo va veloce, e noi non possiamo arrancare. Ecco compito, missione degli Stati Generali è quella di fare il punto: informare, analizzare e proporre. I nostri Stati Generali di quest’anno, seppur in remoto, intendono lanciare una sollecitazione a reagire, coscienti che mai come oggi noi siamo fautori del nostro futuro. I lavori, i temi che affronteremo, rappresentano l’inizio di un percorso di un rapporto collaborativo sempre più pressante e concreto, questo è l’auspicio che manifesto a tutti i rappresentanti degli ordini professionali oggi presenti e all’Unione Nazionale della Camere Civili, uniti nel cambiamento, uniti per lo sviluppo.
Uniti soprattutto nel determinare quella crescita culturale sia di imprese che di professionisti quale elemento necessario per determinare un nuovo modello italiano. Bisogna uscire dagli individualismi e dai narcisismi, bisogna lavorare insieme. Anche questo non può più essere uno slogan, ma una necessaria impostazione di salvaguardia della propria azienda, del proprio studio. Questo è nella vocazione della nostra Fondazione Centro Studi che punta alla specializzazione di professionisti.