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Rigenerazione urbana, un nuovo modello di governo del territorio

16/9/2019

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Il primo compito che ha ciascuno di noi, come uomo prima che come rappresentante, pro tempore, del popolo, è, a mio avviso, quello di  lasciare ai nostri figli e  alle successive generazioni un Paese e una società migliore di quella che i nostri padri hanno tramandato a noi. 
Non è facile, dopo decenni di trascuratezza, di bilanci dello Stato sfondati con misure assistenziali, di sprechi e di errori, ma nemmeno impossibile.

Oggi che le società sono finalmente così sensibili al tema dell’ambiente, è impossibile che la politica continui ad ignorare un fenomeno evidente, che è sotto gli occhi di tutti. Il nostro Paese ha infatti un livello di consumo di suolo da record, tra i più alti in Europa.

Negli anni Cinquanta del 1900 il territorio urbanizzato era il 2,7 per cento delle superfici, oggi, secondo ISPRA, siamo al 7,7%. Significa che ogni anno, dunque giorno per giorno, si sottrae spazio al verde e si realizzano nuove costruzioni mentre altre, da qualche altra parte, vengono abbandonate. Questo processo non si è ancora arrestato del tutto e il risultato, accompagnato dalla sempre minor cura del territorio, è l’aumentato rischio idrogeologico. C’è un dato che fa spavento: il 91% dei Comuni è rischio per frane e alluvioni.

Legambiente ha calcolato che tra il 1944 ed il 2012 sono stati spesi 61,5 i miliardi di euro solo per i danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano. L’Italia è tra i primi Paesi al mondo per risarcimenti e riparazioni di danni da eventi di dissesto con circa 3.5 miliardi l’anno.

Ecco perché nei primi mesi di questa legislatura noi Senatori della Lega – Salvini Premier, abbiamo proposto un nuovo modello di governo del territorio orientato alla riqualificazione dell'esistente, al riutilizzo di siti dismessi e al recupero di aree degradate. Un modello che  promuove l’uso agricolo del suolo, invece che l’aumento dei siti edificati in aree verdi.

Lo abbiamo fatto attraverso il disegno di legge chiamato “Norme per l’uso razionale e responsabile del suolo, del patrimonio edilizio e delle risorse naturali”. Quello che proponiamo è un modello che rimette al centro l’ambiente e coloro che se ne curano per primi, cioè i coltivatori: un ambientalismo non retorico ma concreto, di sviluppo.

Questo modello è in linea con le politiche comunitarie e con la “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” che impone un incremento dell’occupazione netta di terreno pari a zero da raggiungere entro il 2050.

Come fare? Lo strumento è quello della cosiddetta “rigenerazione urbana”. Chiudiamo l’epoca dell’urbanistica dell’espansione, apriamo quella dell’urbanistica della riqualificazione.

Il disegno di legge che abbiamo depositato, ora in discussione in Senato, introduce un regime agevolato per chi abbatte e ricostruisce: riduce il contributo di costruzione e le imposte di registro, quella ipotecaria e catastale. Il tutto è finanziato attraverso il “Fondo per la rigenerazione del suolo edificato”, istituito presso Ministero dell'Economia e delle Finanze, che parte con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2019 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2027.

Non significa dunque mettere in crisi un settore decisivo come quello delle costruzioni per questioni squisitamente “morali” o “ideologiche”, ma, al contrario, stimolarlo a fare cose nuove e migliori, rendendo particolarmente convenienti per i cittadini, abbattimenti e ricostruzioni con tecnologie più moderne, sicure e meno inquinanti.

L’architettura che un tempo si sviluppava in orizzontale, oggi è più efficiente in verticale. Con la ricostruzione preveniamo crolli per terremoti e danni per le alluvioni, supportiamo il lavoro dei tanti professionisti - che ci leggono - del settore delle costruzioni che avranno nuove commesse senza nemmeno dover aspettare nuovi piani regolatori o lottizzazioni di terreni.

La nostra proposta di legge, che è ora in fase di discussione generale in commissioni congiunte Agricoltura ed Ambiente a Palazzo Madama, contiene un altro passaggio importante. Prevede, infatti, il riconoscimento della centralità del ruolo di chi cura la terra, cui è attribuito il marchio di qualità dell’«agricoltore custode dell’ambiente e del territorio».

Riconosciamo l’agricoltore come presidio del territorio e nella tutela contro il rischio di desertificazione, dissesto idrogeologico, incendi. È un atto dovuto nei confronti di chi svolge un lavoro che non è solo finalizzato a far crescere e vendere prodotti agricoli, ma che ha un’importante valenza sociale generale. È un riconoscimento dovuto per decine di migliaia di addetti di un settore che traina l’export e dunque l’economia italiana, che per decenni è stato considerato di “serie b”, poco di moda, che soprattutto è stato esposto alla concorrenza sleale. Le produzioni tipiche italiane sono state abbandonate in balia delle falsificazioni (il cosiddetto “italian sounding”), del dumping sui prezzi attraverso prodotti realizzati con pratiche pericolose o mediante lo sfruttamento del lavoro. Anche su questo la Lega, col ministro dell’Agricoltura uscente Gian Marco Centinaio, può rivendicare risultati importanti come quello di avere ripristinato i dazi sulle importazioni di riso da Cambogia e Myanmar con la cosiddetta clausola di salvaguardia a tutela della filiera del riso. I prodotti realizzati mediante l’uso e l’abuso dei pesticidi non sono soltanto pericolosi per la salute dei consumatori, ma un attentato al nostro sistema produttivo. Bisognava fermarli alle frontiere. Lo abbiamo fatto e avremmo continuato a lavorare per difendere gli agricoltori e le nostre produzioni se solo ci avessero consentito di farlo. Riprenderemo il lavoro dove è stato interrotto, speriamo presto!

A cura del Senatore Giorgio Maria Bergesio.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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