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Ricostruzione e sviluppo: la banca europea

3/3/2020

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L’Europa redarguisce l’Italia per via degli scarsi livelli di investimento nelle regioni del sud del Paese, volti ad accorciare il divario. 

Il Reale Albergo dei Poveri, Napoli. Crediti foto: Armando Mancini.
Poche settimane fa Marc Lemaitre, Direttore Generale per la politica Regionale della Commissione europea, ha indirizzato una lettera al Governo italiano lamentando gli scarsi livelli di investimenti nelle regioni del sud Italia. 

A detta della Commissione, infatti, il nostro Paese rischia un taglio dei fondi strutturali (cioè del denaro che ogni anno l’Ue destina agli Stati membri per accorciare il divario tra le varie Regioni) se l’Italia non manterrà un adeguato livello di investimenti pubblici nel Mezzogiorno.

Lemaitre ha messo nero su bianco ciò che molti analisti, economisti e commentatori politici denunciano da tempo, e cioè che Roma ha concentrato gran parte degli investimenti al Nord, abbandonando il Sud al suo destino. 

I numeri, del resto, parlano chiaro. L’Italia si era impegnata con l’Ue a fare investimenti pubblici nel Sud per un valore pari allo 0,43% del Pil per il periodo 2014-2020, ma per il periodo 2014-2016 il tasso è fermo allo 0,40% e addirittura più basso per il periodo 2014-2017. Occorre, inoltre, non lasciarsi ingannare dagli zero virgola, poiché la differenza di 0,07 punti percentuali equivale a circa il 20% in meno di risorse pubbliche: una cifra enorme per un territorio in cui mancano strade, autostrade, aeroporti e treni ad alta velocità. 

Il fatto che la Commissione europea abbia messo nero su bianco di aver trovato il livello di investimenti pubblici al sud più basso di sempre e di non conoscere nessun altro Paese che abbia una situazione così debole, la dice lunga sulla gravità della situazione. 

Riaffermando, tra l’altro, un principio fondamentale, e cioè che i fondi europei per il sud non autorizzano il Governo italiano a spendere di meno per il Mezzogiorno ma, anzi, devono essere aggiuntivi e non sostitutivi. 

Da noi, invece, per troppi anni è avvenuto il contrario, con il risultato che gli sforzi europei per accorciare il divario tra nord e sud sono stati neutralizzati dai tagli del Governo nelle Regioni meridionali. Ma tant’è. 

Ciò che è evidente, al di là delle valutazioni della Commissione europea e delle scelte compiute dal Governo in questi anni, è che il tema del divario tra il nord e il sud del Paeseresta innanzitutto una questione politica per la quale occorre una visione, una strategia e, cosa ben più importante, una volontà ben definita. 

Una volontà che poco aggiunge alla grammatica di un problema di proporzioni enormi, ma che ben si presta a singole azioni in grado di spingere il sud del Paese fuori dalla periferia politica in cui è stato relegato negli ultimi decenni. E un’occasione potrebbe venire al di fuori dalle mura domestiche, proprio in quella Bruxelles da cui è partita la lettera della Commissione europea indirizzata al Governo italiano.

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, infatti, oltre alle tante problematiche inerenti gli aspetti politici, economici e sociali causate dalla Brexit, potrebbe porre anche il problema di dove trasferire 
la Banca Europea per la Ricostruzione 
e lo Sviluppo (Bers-Ebrd), la cui sede è nella capitale britannica. Una istituzione enorme e di grande importanza, che attualmente gestisce fondi e opportunità in aree delicate e rilevanti, ivi compresa quella mediterranea. 

Quel Mediterraneo di cui il Mezzogiorno d’Italia è senza dubbio parte integrante e la cui capitale è certamente la città di Napoli. Il capoluogo campano, per la sua storia, la sua posizione geografica e la sua cultura (basterebbe dire che lì nacque la prima cattedra di Economia politica al mondo e che la città ospita la Fondazione Banco Napoli, con il più grande e antico archivio bancario del mondo) è non soltanto la capitale del Mediterraneo ma anche del sud Italia. 

Ecco, dunque, che la candidatura da parte del Governo della città di Napoli quale nuova sede della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo potrebbe essere l’occasione giusta per rimettere al centro dell’agenda politica, italiana ed europea, l’importanza del rilancio del Mezzogiorno. L’idea, partita da una petizione online sul sito Change.org e sostenuta da associazioni, esponenti del mondo accademico e scrittori, ha raccolto quasi 20mila firme in poche settimane. Con una lettera indirizzata a tutti i miei colleghi europarlamentari, inoltre, ho chiesto ufficialmente il loro appoggio per dare forza e sostegno a questa richiesta, nella ferma convinzione che questo trasferimento possa rappresentare un punto di svolta decisivo, non solo per il sud del Paese ma per l’Italia 
in generale. 

Nella metropoli partenopea, del resto, è presente l’Albergo dei Poveri, un capolavoro architettonico della metà del XVIII secolo che è, ancora oggi, l’edificio pubblico più grande d’Europa con i suoi 360 metri di facciata, i 100mila metri quadri coperti e le oltre 400 stanze. Il trasferimento della sede della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo all’interno dell’Albergo dei Poveri rappresenterebbe, inoltre, un messaggio di grande attualità politica, visto che l’edificio più grande di tutte le Regge e di tutti i Palazzi d’Europa fu costruito... per i poveri. 

Un segnale importante, specie in tempi come quelli che stiamo attraversando, in cui la solidarietà e l’attenzione per i destini del sud del mondo, sembrano perdersi tra le derive egoistiche e nazionaliste riaffacciatesi sul ciglio della nostra storia contemporanea. 

A cura dell’On. Aldo Patriciello.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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