La porta della casa dei tuoi avi, non aveva serrature. Così amavi sottolineare parlando degli zii, il sacerdote e il medico condotto, i quali accoglievano chiunque a qualunque ora, per alleviare le pene del corpo e dell’anima. E così, alla luce di questa constatazione, ricordiamo anche te, Gabriele. A cura di Luigi Sappa |
Da ragazzo eri il migliore tra di noi, leader carismatico riconosciuto. Trascorrendo insieme i lunghi mesi estivi, su a Rezzo, ci hai fatto scoprire l’America e i suoi miti, Hemingway, Steinbeck, Kerouac, il country di Willie Nelson, Alan JacKson, e poi Tom Waits, ma anche l’esistenzialismo di J.P. Sartre, e gli italiani dimenticati o meno, Ippolito Nievo con le sue “Confessioni”, Pirandello, Sciascia, Calvino , di cui si inebriava, addirittura, Giorgio Bertone, che ti seguiva allora e ti ha preceduto nel varcare la soglia della Cappella di San Michele. Studente brillantissimo del Cassini di Sanremo, e fu naturale scelta la laurea in giurisprudenza summa cum laude all’Università di Genova, conseguita mentre iniziava a spirare sull’Italia e sul mondo il vento del ‘68. Mentre papà Rinaldo, brillante scrittore e giornalista, indimenticato capoufficio stampa dell’EPT di Imperia e dell’ Azienda di Soggiorno e Turismo di Sanremo, consolidava l’affermazione del “Festival della canzone italiana”, Gabriele, con i giovani dell’epoca e nella visione del cambiamento interpretato da Amilcare Rambaldi, apriva il campo ai cantautori, con il Club Tenco.
Ho personale ricordo di lunghe giornate e nottate con Francesco Guccini, che, con il fidato chitarrista, Flaco, in casa di Gabriele,non solo ci trasportò in un mondo vagheggiato in allora con le sue prime canzoni, ma volle, quando “ad ogni bicchiere rimbalzavano le filosofie”, rimarcare il tema essenziale delle radici in quell’Italia che saltava dalla ruralità “dei carri nei campi agli aerei nel cielo”, dalla pastorale rustica virtù dei comuni montani alle alienanti catene di montaggio e i fumi delle fonderie della vicina Torino.
Andammo poi, quasi in laico pellegrinaggio al nostro Santuario, per capire il nesso tra il diavolaccio che troneggia negli affreschi di Guido da Ranzo e “quello strano binomio dei morti per sogni davanti al Santo Petronio” bolognese; e forse anche in quei giorni e notti maturarono le idee che ritroviamo nei temi delle parolechiave della nostra gioventù. Avvocato penalista tra i più affermati, fin da giovane età, dedicò sé stesso alla professione, quando al mondo si affacciava il figlio amatissimo Rinaldo.
Gabriele, e lo leggevamo nell’umidore degli occhi di tanti suoi colleghi nella Cattedrale di San Siro, celebrata ed emotivamente partecipata dal Vescovo Antonio Suetta, è stato per molti avvocati maestro indiscusso, dall’ oratoria fluente e penetrante, sempre tendente alla ricerca del vero, consapevole della differenza che la deontologia professionale impone, sempre e comunque, e deve essere il faro di chi intraprende una professione che incide sul bene più prezioso che ha l’uomo: la libertà. Insieme a un altro grande avvocato originario di questa terra, Silvio Dian, interpretò al meglio il ruolo del penalista nelle aule giudiziarie di tutta Italia, richiesto, apprezzato e stimato dai colleghi, rispettato dai magistrati, temuto dagli avversari.
Avvocato cassazionista, concorse alla formazione della prestigiosa Camera Penale di Sanremo. Sulla sua bara ha voluto che fosse deposta la toga indossata ed onorata in tanti anni di professione. Il Sen. Giovanni Spadolini, già Presidente del Consiglio e Presidente del Partito Repubblicano, si rivolgeva a Gabriele per le questioni giuridiche più spinose e in occasione della riforma del codice di procedura penale, con l’introduzione del rito accusatorio negli anni ‘80, scaturì un forte legame che spinse Boscetto ad avvicinarsi alla politica, dopo la stagione di “mani pulite” e la scomparsa della cosiddetta prima repubblica e la morte del Senatore Spadolini stesso. Si presentò alle elezioni provinciali del ‘95 con la nascente Forza Italia, vinse ed iniziò una nuova stagione, di cui fu indiscusso protagonista.
Non a caso ha chiesto alla amata Rosalba, la quale lo ha devotamente assistito nella terribile fase finale della malattia, che fosse presente al suo ultimo passaggio su questa terra, la sua Giunta Provinciale del 1995. Ed eravamo tutti presenti a San Siro. Scuola e apprendistato per molti, di cui non vorrei dilungarmi nel dire, ma che non può non ricordare le grandi opere avviate o portate a termine, in tema di trasporto pubblico, con una decisiva impostazione alla società partecipata alla cui guida fu chiamato Claudio Scajola, colui che contribuirà a segnare, in quanto Coordinatore Nazionale del partito emergente, componente, delle Assemblee Parlamentari di Camera e Senato e, infine, più volte Ministro, pagine significative di fine secolo ed avvio del nuovo millennio per questa terra. Presidente della Provincia per cinque anni, come non si può sottolineare l’avvio dell’accordo delle tre province (CuneoPaca-Imperia) siglato a Nizza, con Gabriele indiscusso protagonista; e poi l’avvio della costruzione del Nuovo Polo Universitario Imperiese, e, nel comparto ambientale, il varo del piano delle discariche provinciali.
Sotto il profilo culturale la prosecuzione del prestigioso Flamalgal, la programmazione turistica e la Festa di Primavera. In tema viabilistico, il completamento, consolidamento e asfaltatura e manutenzione dell’asse stradale dell’entroterra (840km) parallelo e alternativo all’Aurelia - Pieve di Teco- Passo Teglia, Molini, Langan, Dolceacqua, con le bretelle di penetrazione nelle valli.
Era facile chiedere il consenso per Gabriele; anzi, come amavano ripetere estimatori e conoscenti, non lo doveva chiedere, ma era la sua gente a riconoscergli il privilegio di esprimere nei suoi confronti il giusto consenso. Conseguente e inevitabile quindi la scelta di rappresentare la Liguria del Ponente a Roma, nei più alti consessi parlamentari. Ha ricoperto ruoli istituzionali alla Camera e al Senato, e svolto, nei primo decennio, fino al 2013, un lavoro enorme, sofisticato e altamente qualificato, sempre presente in aula e nelle commissioni.
Non c’era testo di rilevanza istituzionale che non richiedesse una sua meditata rivisitazione: come la legge sul regime fiscale dei frontalieri, il divieto di fumo nei locali pubblici, le modifiche ai codici di procedura penale e civile, e molte altre. Verranno poi gli anni dell’oblio, della sofferenza, della delusione anche, mai della rassegnazione, perché Gabriele non è mai stato sconfitto. Certo ha sofferto non poco, insieme al Rosalba e Rinaldo, per vicende giudiziarie, lui che, in vita sua non è mai stato sfiorato da un benché minimo sospetto.
Ma non serbavi rancore, vero Gabriele? Non era nelle tue “corde”. Credevi nelle giustizia e il giudice di Berlino si è ben ricordato di te e dei tuoi cari, su questa terra. E il Giudice Divino, son certo, avrà già dato disposizioni a tuo zio, Don Antonio Maria Boscetto, di predisporre la banda musicale, di cui andava fiero tutto il Paese, per salutare il tuo arrivo. E noi vorremmo, prendendo ancora in prestito le parole di Francesco, “ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi; vorremmo pensare che ancora ci ascolti e come allora sorridi, e, come allora, sorridi”. “Lucidi pure gli ottoni, Don Antonio, che arriva Gabriele!