La Corte di Cassazione si è espressa nel senso che, tramite la citata disposizione, il legislatore non abbia optato per la configurazione della responsabilità civile del sanitario, come responsabilità necessariamente extracontrattuale, dal momento che il ricordato art. 3 è volto ad escludere, nell’ambito aquiliano o extracontrattuale, l’irrilevanza della colpa lieve (Cass. civ., sez. VI, ord. 17 aprile 2014, n. 8940).
Si è verificata, invece, una profonda divergenza fra i Giudici di merito. Alcune pronunce hanno desunto dal riferimento all’art. 2043 del Codice civile (“Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”), una chiara presa di posizione in favore della tesi che riconduce la responsabilità risarcitoria del medico operante, all’interno di una struttura sanitaria, nell’ambito della responsabilità da fatto illecito. Da questa tesi consegue che l’onere della prova è posto in capo al paziente che dovrà, pertanto, dimostrare la colpa del medico.
In particolare, il Tribunale di Milano ha affermato che l’onere della prova si configura in capo al paziente e non all’esercente la professione sanitaria, il quale pertanto non è tenuto a provare la propria correttezza professionale (Trib. Milano, 17 luglio 2014).
Altre pronunce, viceversa, hanno sottolineato che il richiamo all’art. 2043 del Codice civile non sia sufficiente a concludere che la volontà del legislatore sia stata quella di modificare il titolo della responsabilità medica (fra le altre, Trib. Milano, 18 novembre 2014) e che, pertanto, spetti al medico provare di avere agito secondo correttezza professionale.
Il 19 novembre 2015 la Commissione Affari Sociali ha approvato il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario”, il quale passerà ora all’esame delle altre Commissioni per i pareri di competenza.
Il disegno di legge delinea una netta distinzione fra natura contrattuale della responsabilità in capo alla struttura sanitaria, pubblica o privata, che si avvalga di medici o infermieri nell’adempimento della propria obbligazione e natura extracontrattuale in capo all’esercente la professione sanitaria.
Con particolare riferimento alla responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 6 dispone che le prestazioni sanitarie erogate con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, eseguite da esercenti le professioni sanitarie, con il consenso informato del paziente salvo i casi stabiliti dalla Legge, tenuto conto delle buone pratiche clinico-assistenziali e delle raccomandazioni previste dalle linee guida adottate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco, istituito con decreto del Ministro della salute, non costituiscono offese all’integrità psico-fisica.
Dopo l’articolo 590-bis del Codice penale è inserito l’art. 590-ter, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, il quale recita testualmente: “L’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave. Agli effetti di cui al primo comma, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali».
L’articolo 3, comma 1, della cosiddetta “Legge Balduzzi” continuerà ad applicarsi, con riferimento a ciascun settore di specializzazione medico-chirurgica, sino alla pubblicazione delle linee guida relative al medesimo settore.
In base all’art. 7, rubricato “Responsabilità per inadempimento della prestazione sanitaria della struttura e dell’esercente la professione sanitaria”, la struttura sanitaria, pubblica o privata, che nell’adempimento della propria obbligazione si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 del Codice civile (responsabilità contrattuale), delle loro condotte dolose e colpose, anche in caso di libera professione intramuraria o telemedicina.
L’esercente la professione sanitaria, nello svolgimento della propria attività, si attiene, fatte salve le specificità del caso concreto, alle buone pratiche clinico-assistenziali ed alle raccomandazioni previste dalle linee guida; l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 del codice civile (responsabilità extracontrattuale).
Il disegno di legge esaminato sembra idoneo a dirimere i contrasti giurisprudenziali sulla natura della responsabilità medica, contrattuale o extracontrattuale, e pertanto sulla configurazione dell’onere della prova a carico, rispettivamente, dell’esercente la professione sanitaria o del paziente.
La proposta legislativa è volta a contenere la spesa pubblica e ad arginare il fenomeno della “medicina difensiva”, che consiste nella richiesta di esami diagnostici non necessari e che grava sul sistema sanitario - ha spiegato il relatore On. Federico Gelli - per 14 miliardi di euro l’anno.
All’indomani dell’approvazione del disegno di legge analizzato, si auspica che siano aumentate le tutele dei professionisti e che, al contempo, siano attuati nuovi meccanismi a garanzia del diritto al risarcimento da parte dei cittadini danneggiati da un errore sanitario.
A cura di Elisa Fea