Nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, sono comprese talune ipotesi che prevedono un onere probatorio a carico del danneggiato meno gravoso rispetto alla disciplina generale.
L’art. 2051 del Codice Civile testualmente recita: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
La norma rappresenta un’ipotesi, secondo un primo orientamento, di colpa presunta e, secondo altro orientamento, di responsabilità oggettiva.
Secondo l’orientamento della colpa presunta, l’obbligo al risarcimento del danno cagionato da cose in custodia sarebbe connesso all’elemento soggettivo della colpa del danneggiante il quale, per andare esente da responsabilità, dovrebbe provare la sua condotta diligente e, pertanto, esente da colpa; non sussiste, perciò, responsabilità qualora l’evento dannoso sia stato provocato da un fatto non evitabile con la diligenza richiesta al custode. Invece, secondo l’orientamento della responsabilità oggettiva, l’obbligo al risarcimento del danno cagionato da cose in custodia sorgerebbe indipendentemente dal profilo soggettivo del custode, la cui condotta diligente o colposa non assumerebbe alcun rilievo in ordine al sorgere dell’obbligo risarcitorio.
Alla luce del tenore letterale dell’art. 2051 del Codice Civile, che non presenta alcun accenno alla colpa del custode, costituisce principio consolidato che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo: l’obbligo risarcitorio sussiste allorché via sia un nesso causale tra la cosa in custodia e il danno provocato, senza che rilevi alcuna indagine in merito alla condotta del custode ed all’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza (tra le altre pronunce, Cass., 9726/2013).
L’art. 2051 del Codice Civile prevede che il custode vada esente da responsabilità qualora provi il cosiddetto “caso fortuito”.
Per “caso fortuito” deve intendersi la presenza di un elemento estraneo alla sfera soggettiva del custode, tale da interrompere il nesso di causalità e, pertanto, da escludere la responsabilità del custode. Nella nozione di “caso fortuito” rientrano l’evento imprevisto ed imprevedibile, il fatto del terzo ed il fatto della vittima. In ogni caso, deve trattarsi di un fatto caratterizzato da impulso causale autonomo, imprevedibile, inevitabile ed eccezionale, che sia causa esclusiva del danno ed estraneo alla sfera di custodia (Cass., 5741/2009).
Può, dunque, affermarsi che l’art. 2051 del Codice Civile, disponendo che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, definisce un criterio di attribuzione della responsabilità che, pur essendo oggettivo poiché indipendente dalla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare colui che ha il potere sulla cosa ad intervenire adottando le misure opportune per evitare danni a terzi.
D’altro canto, il soggetto che entra in contatto con la cosa risulta onerato di un dovere di cautela; ne consegue che, qualora si verifichi un danno, dovrà essere operato un bilanciamento tra il dovere di precauzione imposto dall’ordinamento al custode e il dovere di cautela in capo a colui che entri in contatto con la cosa. In ogni caso, è onere del danneggiato provare il fatto dannoso nonché il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
Qualora la cosa sia inerte (l’esempio tipico, a tal proposito, è rappresentato dal manto stradale), il danneggiato sarà onerato di dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una situazione di obiettiva pericolosità, tale da rendere molto probabile o, addirittura, inevitabile, il verificarsi dell’evento dannoso.
Il danneggiato dovrà altresì provare di aver adottato le cautele opportune in relazione alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, potendo, il “caso fortuito” può essere integrato anche dal fatto colposo del danneggiato.
La Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con la recente ordinanza n. 23189/2019, depositata il 17/09/2019, ha esaminato un caso relativo all’accertamento della responsabilità di una Società di trasporti per il danno riportato da una passeggera inciampata sulla banchina in una giornata di pioggia.
Nel caso di specie, la danneggiata proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che, riformando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della Società di trasporti in relazione al sinistro occorso presso la Stazione della metropolitana. In particolare, la ricorrente, allorché si apprestava a salire sul treno in transito, era scivolata a causa della presenza di umidità che si trovava sulla banchina della fermata.
Pertanto la danneggiata contestava quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, secondo la quale il comportamento colposo della ricorrente avrebbe concorso nella determinazione del caso fortuito, senza tuttavia precisare quale fosse stato tale comportamento.
Secondo la ricorrente, poi, l’azienda convenuta avrebbe dovuto dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad impedire che la cosa determinasse pericolo.
La Corte di Cassazione, dunque, escludendo la presenza di macchie sulla banchina anomale rispetto all’uso pubblico della cosa, ha affermato che la presenza di umidità, in una giornata di pioggia, fosse del tutto ordinaria, tale da rendere la cosa conforme alle condizioni normali che essa assume in caso di pioggia.
Pertanto, è stato categoricamente escluso che la cosa si presentasse “pericolosa al di là di quanto connaturato all’uso pubblico nella condizione di pioggia” e, di conseguenza, è stata respinta la richiesta di risarcimento del danno patito.
A cura di Elisa Fea.