Un anno fa l’UNICEF ha rilevato che oltre il 90% dei Paesi aveva adottato forme di didattica a distanza durante la fase più acuta della pandemia di COVID-19 per frenarne la diffusione. Al culmine della crisi, oltre 1,6 miliardi di bambini in 195 paesi in tutto il mondo non potevano usufruire delle aule scolastiche. |
Se da un lato i governi e le scuole lavorano per fornire a insegnanti e studenti gli strumenti giusti, ci si interroga anche sull’impatto dannoso che l’hybrid learning potrebbe avere sull’ ambiente. Per questo motivo è importante fare un’attenta valutazione di strumenti, tecnologie e processi necessari. Dalle analisi emerge che una strategia IT sostenibile chiaramente definita, che includa un impegno da parte del management e obiettivi misurabili, può aiutare qualsiasi organizzazione a raggiungere obiettivi sociali, economici e ambientali. Sebbene continueranno a essere svolte lezioni in presenza, la didattica a distanza non scomparirà ma continuerà a crescere.
Gli investimenti venture capital in ed-tech, infatti, sono più che raddoppiati, da 7 miliardi di dollari nel 2019 a oltre 16 miliardi di dollari nel 2020 a livello globale. Di conseguenza, l’aumento della spesa scolastica per soluzioni cloud, assistenza IT remota e dispositivi portatili è destinato a diventare la norma. I report fanno emergere che i notebook sono stati descritti come gli “eroi non celebrati della pandemia”, grazie alla loro portabilità e flessibilità in una varietà di scenari lavorativi e scolastici.
A lungo termine gli investimenti in attrezzature IT sicure e robuste non solo faranno risparmiare tempo e denaro, ma miglioreranno le condizioni del posto di lavoro e creeranno una base sana per far prosperare l’apprendimento ibrido o a distanza. L’aumento a livello mondiale dell’ interesse per i notebook e gli altri dispositivi portatili significa che l’apprendimento ibrido è un male per l’ambiente? Non necessariamente.
Se l’attuale consumo di materiali elettronici è considerato come “insostenibile” da alcuni esperti, le scuole e le università che investono in dispositivi IT potrebbero scegliere un modello di economia circolare, migliorando le prestazioni ambientali del ciclo di vita dei prodotti, per smaltire i vecchi device in modo responsabile.