Eppure, anche grazie a questi interventi, riemerge talvolta la consapevolezza che il futuro del Paese dipende anche dal futuro dell’Università, intesa come risorsa di sviluppo nazionale ed i ragionamenti, i progetti, le aspirazioni su tutta l’istituzione universitaria italiana, devono continuare ad essere oggetto di riflessione.
Che cosa può dire l’istituzione universitaria nell’attuale contesto? Quale rilievo assume la formazione universitaria nella crescita culturale e globale dell’uomo moderno?
L’istituzione universitaria, oggi, è chiamata a ricoprire un ruolo sociale, a svolgere una spinta propulsiva in una realtà esterna in veloce evoluzione. C’è bisogno di un’Università che si esponga, che sia in grado di formare giovani capaci di convivere con la complessità e di trarne insegnamento sviluppando nell’interazione con il territorio le potenzialità della ricerca.
L’Ateneo barese, in questa prospettiva, ha indetto gli Stati Generali dell’Università proprio per richiamare l’attenzione di tutti gli attori istituzionali, pubblici e privati, che avvertono l’importanza del rapporto con il territorio come essenziale per promuovere lo sviluppo economico e per costruire legami sociali.
L’Università, in quanto comunità portatrice di interessi e valori, deve sentirsi del territorio e nel territorio, ma deve proiettarsi in un sistema globale, deve operare per il territorio, attrarre i migliori studenti e docenti italiani e stranieri, incentivando l’innovazione e il trasferimento tecnologico competitivo.
Sul piano dell’internazionalizzazione l’Università di Bari, negli ultimi anni, ha avviato importanti programmi rivolti all’Europa, al Mediterraneo e, più in generale, al panorama mondiale.
L’Ateneo barese ha sviluppato sia il settore strettamente connesso alla formazione in ambito europeo, con i programmi Erasmus+ ed Erasmus Mundus, sia il settore orientato alla progettualità mirata all’internazionalizzazione. I nostri studenti che si avviano alla preparazione della tesi di laurea, potranno, grazie al progetto Global thesis, approfondire delle tematiche presso i Centri di eccellenza esteri avvalendosi di un tutoraggio bilaterale.
Le Università, però, oltre ad occuparsi dell’alta formazione dei giovani e delle attività di ricerca, contribuiscono allo sviluppo culturale, sociale ed economico di una nazione in una molteplicità di modi quali, ad esempio, la ricerca conto terzi, la creazione di spin-off o la gestione della proprietà intellettuale, la produzione e gestione di beni culturali come poli museali e scavi archeologici, la comunicazione della scienza (terza missione).
La società, quindi, riceve dalle Università assai più di quanto comunemente si ritiene.
Purtroppo, però, il livello dei finanziamenti in Italia rispetto ai principali Paesi europei e dell’area OCSE, indicano per il nostro Paese una minor spesa nel comparto, sia in rapporto al numero degli studenti, sia in rapporto al prodotto interno lordo.
Tale confronto certamente è influenzato dalla differente organizzazione degli studi universitari nei diversi Paesi, dalla durata legale dei corsi di laurea, dalla quota di abbandoni e dalla quota di studenti fuori corso.
Ciò nonostante, non si può non sottolineare che la quota del finanziamento pubblico in Italia negli anni si è progressivamente abbassata rispetto a Paesi come la Francia, la Germania e la Spagna, dove il finanziamento pubblico è rimasto sostanzialmente stabile.
Del resto manca una seria politica di programmazione da parte del Governo per le Università, che specifichi con chiarezza gli obiettivi da raggiungere. Ciò determina l’impossibilità di trovare elementi di riscontro, sui quali misurare l’effetto della riduzione degli stanziamenti statali. In altre parole, non essendoci stata programmazione, non è possibile comprendere quanto inciderà la riduzione dei finanziamenti che sono stati assegnati.
Il principale strumento di finanziamento, per le Università italiane, è costituito dal Fondo di finanziamento ordinario. Per quanto riguarda, invece, gli strumenti in favore degli studenti e del diritto allo studio, le principali voci di spesa sono i finanziamenti per le borse di studio post laurea, il fondo per la mobilità degli studenti e il fondo per le borse di studio destinato ad integrare le risorse regionali per il diritto allo studio.
Il Fondo di Finanziamento Ordinario è calcolato non solo in base alla spesa storica, ma anche sulle performance con la cosiddetta quota premiale calcolata in base ai risultati sulla ricerca (65%), sul reclutamento dei docenti (20%) e sull’internazionalizzazione e il numero degli studenti in regola (15%). A questa quota di finanziamento si aggiunge quella calcolata in base al costo standard.
Il Fondo di Finanziamento Ordinario per il 2015 prevede, comunque, una clausola di salvaguardia per non impoverire alcune Università, in particolare quelle del Mezzogiorno, e consiste in un meccanismo che impedisce agli Atenei di perdere più del 2% rispetto all’anno precedente.
Parte rilevante del divario nei finanziamenti tra le diverse aree, è però riconducibile anche alle differenze nelle tasse di iscrizione, che nel Mezzogiorno, anche a causa della minor capacità reddituale dell’area, sono sensibilmente inferiori alla media nazionale. L’Università di Bari, in particolare, ha le tasse di contribuzione degli studenti tra le più basse d’Italia.
A questo insieme di risorse si aggiungono i finanziamenti alla ricerca su base competitiva, come ad esempio i fondi PRIN, FIRB, PON.
L’Università di Bari, allo scopo di intercettare quote sempre più cospicue dei finanziamenti europei per la ricerca, ha emanato recentemente un apposito regolamento che consente ai visiting professor di svolgere attività di ricerca e di didattica per un certo periodo dell’anno, all’interno dei nostri Dipartimenti.
È auspicabile che non solo il Governo, ma anche le istituzioni presenti sul territorio, comprendano che investire nell’Università vuol dire investire nella formazione di giovani che sappiano porsi e porre delle domande, che sappiano trovare risposte individuali a domande generali sul loro futuro e sul futuro del nostro Paese.
A cura di Antonio Uricchio