Con la suddetta sentenza, le Sezioni Unite sono intervenute a dirimere il contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità con riguardo al presupposto dell'IRAP e, in particolare, al concetto di "autonoma organizzazione".
Con l’unico motivo, denunciando la violazione falsa applicazione degli artt. 2, commi 1 e 3, let. c), del d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 447, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della C.T.R. Campania perché, pur avendo riconosciuto la presenza di un dipendente e di beni strumentali, ha escluso il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP, laddove, a suo dire, secondo le disposizioni in rubrica, tale requisito ricorrerebbe allorché il contribuente sia, sotto qualsiasi forma il responsabile dell’organizzazione e si avvalga del lavoro anche di un solo dipendente.
La Corte, nell’affrontare il motivo di gravame, ricostruisce quelli che sono gli opposti orientamenti in merito al concetto di “autonoma organizzazione”.
Secondo un orientamento più radicato (la cui espressione più significativa è contenuta nella sentenza n. 3676 del 2007), la presenza anche di un solo dipendente, anche se part time ovvero addetto a mansioni generiche, determinerebbe di per sé l'assoggettamento all’imposta;
Secondo invece un orientamento più recente, si ritiene necessario accertare in punto di fatto l'attitudine del lavoro svolto dal dipendente a potenziare l'attività produttiva al fine di verificare la ricorrenza del presupposto stesso.
Ora, con riguardo al requisito dell'autonoma organizzazione nel presupposto dell'IRAP, le Sezioni Unite della Cassazione condividono i principi e, più complessivamente, l'impianto ricostruttivo fornito con la sentenza capofila dell'orientamento maturato nel 2007 nella sezione tributaria, secondo cui:
"A norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lettera c), l'esercizio delle attività di lavoro autonomo […] è escluso dall'applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non "autonomamente organizzata".
Il requisito dell'"autonoma organizzazione", il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell'assenza delle condizioni sopraelencate".
Vero è però, come rilevato in sentenza dal Supremo Collegio, che la pronuncia n. 3676 del 2007, significativa dell’orientamento più risalente e maggioritario, rappresenta il punto di approdo di una prima fase dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte sull’IRAP, incentrata sul presupposto dell’imposta istitutivo del tributo, mentre la seconda fase è stata piuttosto caratterizzata dalla definizione dei contorni della platea dei soggetti passivi.
Già nel 2009, infatti, le Sezioni Unite erano intervenute con le sentenze n. 12108, 12109, 12110 e 12111 con le quali avevano esteso la possibilità dell’esonero dall’Irap anche gli agenti di commercio e promotori finanziari privi di autonoma organizzazione.
A seguito di ciò, la stessa Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 28/E del 28 maggio 2010, si era adeguata all’orientamento della Suprema Corte riconoscendo l’allargamento dell’esonero alle attività ausiliare dell’impresa di cui all’art. 2195 del C.C. (nella cui definizione rientrano gli agenti di commercio e i promotori finanziari).
La sentenza n. 9541 del 2016 rappresenta quindi un ulteriore tassello posto in continuità con l’intento, iniziato nel 2009 di definire la platea dei soggetti passivi, che avrà un notevole impatto sul contenzioso esistente, considerato che l’Agenzia delle entrate, nella direttiva numero 42 dell’11 giugno 2014 aveva pienamente condiviso l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo.
Da adesso in poi, quindi, dovranno essere accertate le mansioni svolte dal dipendente o collaboratore sulla base delle risultanze del contratto e, ove possibile, dell’attività effettivamente svolta dallo stesso.
Come da sentenza, infatti, “se fra "gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell'interessato, potenziandone le possibilità necessarie", accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi "personali" di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell'attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica (professionalità espressa nella) "attività diretta allo scambio di beni o di servizi", di cui fa discorso l'art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l’esercente l'arte, come - più in generale - per il lavoratore autonomo ovvero per le figure "di confine" individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte. È infatti in tali casi che può parlarsi di "valore aggiunto" o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di "quel qualcosa in più”. Diversa incidenza assume perciò l'avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell'espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all'attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico. Lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali - "eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minino indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione" - non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all'impiego di un collaboratore.”.
In conclusione, con la sentenza n. 9541 del 10 maggio 2016, le SS.UU della Cassazione hanno enunciato il principio di diritto per cui:
"con riguardo al presupposto dell'IRAP, il requisito dell'autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minino indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive".
A cura di Alberto Nico