Occorre, inoltre, una politica lungimirante che guardi al futuro e alle possibilità di sviluppo offerte dall’intera nazione. Eliminare o attenuare sensibilmente il divario economico, infrastrutturale e sociale esistente tra Nord e Sud Italia potrebbe aprire nuove opportunità di sviluppo per l’intero Paese. Una strada da percorrere con determinazione e senza tentennamenti. Quasi una necessità non più procrastinabile.
Le straordinarie risorse di cui dispone il Mezzogiorno potrebbero essere finalmente capitalizzate e produrre nuova ricchezza. Ma a una condizione indifferibile: Nord e Sud devono avere le stesse opportunità e gli stessi mezzi per incidere sui rispettivi territori. Il capitale umano non manca; le risorse storiche, artistiche, culturali e paesaggistiche abbondano.
Il Mezzogiorno ha tutte le carte in regola per svolgere un ruolo di primo piano nei prossimi anni. Si tratta di una strada da percorrere per realizzare risultati inaspettati, ma possibili, e ridurre al minimo il gap esistente tra le due parti del Paese che ha radici storiche.
Si è iniziato, infatti, a parlare di questione meridionale dalla seconda metà dell’800, sin dal conseguimento dell’Unità d’Italia, avvenuta nel 1861.
Oggi, nell’attuale crisi economica e sanitaria determinata dall’emergenza epidemiologica Covid-19, la questione è ritornata di stretta attualità, sia pur rimodulata nei termini e nei contenuti. La necessità di rilanciare l’economia italiana ha reso indifferibile l’esigenza di aprirsi alle straordinarie risorse del Mezzogiorno ancora in larga parte inespresse.
Dall’Unità d’Italia, il divario socio-economico esistente tra Sud e Nord del Paese è stato un fenomeno che ha appassionato numerosi studiosi e interessato parte della classe politica. Gli squilibri, tra le due aree del Paese, dal punto di vista infrastrutturale, industriale e dei servizi sono ancora oggi evidenti e sotto gli occhi di tutti.
Nella seconda metà dell’800, però, il sistema industriale del Mezzogiorno offriva degli spunti importanti, specie nel settore siderurgico. Basti pensare, tanto per citare un esempio, che “Le Reali ferriere ed Officine di Mongiana” o il “Polo siderurgico di Mongiana”, in Calabria, era uno degli impianti più grandi ed efficienti d’Europa per la lavorazione dell’acciaio, riuscendo a dare lavoro nel 1860 a 1500 operai. Successivamente, la rivoluzione industriale che investì l’Europa alla fine dell’800, in Italia interessò quasi esclusivamente il Nord del Paese.
Così il divario tra Nord e Sud Italia si accrebbe sempre di più, anno dopo anno, con un gap sempre crescente e difficile da colmare. Almeno fino alla seconda guerra mondiale. Tale trend si arrestò parzialmente solo nel periodo compreso tra gli anni cinquanta e la metà degli anni 70. In questi anni si registrò una crescita del Mezzogiorno in termini di Pil, produzioni e consumi. Passata questa fase, riemersero i problemi di sempre con il Mezzogiorno costretto a rincorrere.
Oggi, il Prodotto interno lordo italiano mette in evidenza questa dicotomia tra le due aree del Paese. Nel 2018, in una fase antecedente all’attuale pandemia, il Pil è aumentato dell’1,4% nel Nord-est, dello 0,7 nel Nord-ovest e nel Centro e dello 0,3% nel Mezzogiorno.
Per quanto riguarda il Pil procapite, questo nel 2018 è stato di 36 mila euro annui nel Nord-ovest e solo 19 mila euro nel Mezzogiorno. Questi dati fanno capire che occorre lavorare duramente per riequilibrare il Paese. Tra gli interventi da realizzare, costituisce esigenza prioritaria superare l’atavico gap infrastrutturale che separa il Sud dal Nord Italia.
Sbloccare i cantieri per rilanciare la produttività e l’occupazione è una necessità irrinunciabile. Le grandi opere devono essere realizzate al Nord come al Sud. Non misure assistenziali, ma interventi dovuti e necessari. Mi riferisco al settore dei trasporti in maniera particolare. La realizzazione dell’alta velocità ferroviaria risponde a questa esigenza. Oggi da Roma a Milano si viaggia in tre ore. Più o meno lo stesso tempo di percorrenza dovrebbe esserci per collegare la capitale e Reggio Calabria. Il Paese non può viaggiare a due velocità.
Anche le vie di comunicazioni interne alle singole Regioni vanno migliorate e messe in sicurezza, sia la rete stradale che quella ferroviaria. Con tale modus operandi si favorisce non solo la mobilità dal Nord al Sud Italia, ma anche all’interno delle stesse Regioni. è impensabile pensare che per andare da una località all’altra della stessa Regione si impieghino delle ore. Colmando tale deficit infrastrutturale è possibile realizzare quelle condizioni necessarie per lo sviluppo dei diversi comparti: turismo e agricoltura in modo particolare.
L’obiettivo e mettere a regime le diverse eccellenze esistenti e attrarre nuovi investimenti, anche dall’estero. Gli imprenditori hanno l’esigenza di trovare terreno fertile e condizioni propizie per investire i loro soldi.
A questi interventi si aggiunge la necessità di introdurre sgravi fiscali per le imprese che producono ricchezza e nuovi posti di lavoro.
L’ammodernamento del Meridione, attraverso un sistema infrastrutturale efficiente e agevolazioni fiscali per le aziende, è condizione prioritaria per favorire lo sviluppo economico e sociale dell’Italia, attrarre nuovi investimenti, accrescere l’indotto delle imprese esistenti e di nuova costituzione. Oggi, più che mai, lo sviluppo dell’Italia passa dalla crescita del Mezzogiorno e dalle sue innumerevoli risorse. Il nostro è un Paese meraviglioso che deve camminare insieme, costruendo prospettive concrete e valide per i nostri giovani. La sfida è lanciata. Occorre solo perseguirla con responsabilità, tenacia e determinazione.
A cura dell’On. Nicola Carè.