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Ong e immigrazione, serve cambiare rotta

12/7/2017

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Intervistiamo l’On. Fedriga sulle tematiche di più stretta attualità sulla scena politica italiana.
On. Fedriga, quale idea si è fatto sul presunto legame tra alcune Ong e i trafficanti di migranti?
Penso che più della mia opinione personale possa contare quella di chi - come il procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro - ha sollevato pesanti interrogativi sui rapporti poco chiari che intercorrerebbero tra alcune Ong e i trafficanti di esseri umani. Quesiti, quelli di Zuccaro, che danno voce al pensiero di milioni di cittadini, che vorrebbero conoscere nel dettaglio le ragioni per le quali, fino a poche settimane fa, soggetti privati erano liberi di farsi carico - senza l’avallo della Guardia Costiera - della vita di migliaia di persone e di portarle dalle coste africane al nostro Paese senza essere disturbati. Ecco, credo che su questo andrebbe fatta luce quanto prima, a salvaguardia della residua credibilità di un’intera classe dirigente verso chi paga le tasse e vede i propri soldi spesi in tal maniera.
 
Quali sono gli errori più gravi che il Governo sta commettendo in materia di accoglienza?
3,3 miliardi spesi nel 2016, destinati a superare i 4 miliardi nell’anno in corso, per accogliere – o peggio per andare a prendere in mare e portarci in casa - immigrati clandestini: credo che solo queste cifre - che tra l’altro sono esborsi diretti dello Stato, al netto di contributi europei - diano la misura del fallimento del Governo. Denari che vengono sottratti alle nostre famiglie e alle nostre imprese, per finanziare un business che produce solo instabilità interna. Con molti meno soldi potremmo invece contribuire a bloccare le partenze nei Paesi di origine, destinando contestualmente maggiori risorse a chi, in Italia, fatica ad arrivare a fine mese.
 
I recenti episodi avvenuti in Inghilterra mostrano come il pericolo terrorismo sia sempre in agguato. Cosa può fare l’Italia in tema di prevenzione?
Se è vero che il problema andrebbe affrontato con serietà su scala mondiale, ritengo comunque che ogni Paese possa porre in essere alcune iniziative a scopo preventivo anche a livello individuale. È impensabile infatti che - mentre gli altri stanno a guardare - Paesi del Mediterraneo come il nostro, per evidenti ragioni geografiche più colpiti dall’immigrazione clandestina e dal rischio terrorismo a essa connesso, attendano gli esiti della diplomazia mondiale. Quando però un Governo si accanisce non contro i carnefici ma contro le vittime, vedasi la gestione della partita sulla legittima difesa, e ha maggiormente a cuore i diritti di chi delinque anziché offrire alle Forze dell’Ordine strumenti idonei a svolgere nel migliore dei modi il loro lavoro, risulta chiaro che si sta - anche solo involontariamente, ma pur sempre colpevolmente - arando il campo alla criminalità locale e internazionale. Un’ultima considerazione la merita il dibattito sullo ius soli: gli attentati che hanno colpito l’Europa negli ultimi mesi, compiuti in larga parte da possessori di passaporti comunitari, ci dimostrano infatti quanto la cittadinanza facile concessa a queste persone non abbia minimamente agevolato il percorso di integrazione. L’obiettivo di garantire dunque maggior sicurezza sul territorio si scontra con l’irresponsabilità di chi, per assicurarsi nuovi bacini elettorali, è disposto a svendere lo status di cittadino italiano senza valutarne le conseguenze.
 
A cura della redazione
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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