All’inizio ne parlavamo solo come elemento identificativo delle più gravi “violenze stradali” (questo termine lo avevamo mutuato dai francesi) cioè quegli omicidi efferati dovuti al comportamento dissennato di conducenti ubriachi, drogati o che viaggiavano a velocità folli. Nel 2003 il fattore cellulare alla guida era presente, ma non così pervasivo.
Quando cominciammo a verificare che le impunità di fatto erano ormai seriali e sequenziali cominciammo a convincerci che la struttura degli articoli 589 e 590 del C.P. si rivelava inadeguata. Parlavano i fatti. Incidenti mortali anche di bambini, causati dal comportamento dissennato di conducenti ubriachi o drogati, di conducenti che procedevano a velocità folli, finivano regolarmente con condanne risibili anche nei casi aggravati in cui la pena di allora prevedeva già la condanna da 3 a 10 anni, che diventavano 15 nei casi di omicidio plurimo, ma le pene, grazie ad attenuanti concesse con regolarità sistematica e ai patteggiamenti, rimanevano inchiodate quasi sempre nel limite dei due anni e qualche mese, con zero giorni di galera e grande mortificazione per le famiglie delle vittime decedute e delle vittime stesse in caso di lesioni gravi, gravissime e con lesioni permanenti.
Ricordo un incidente nel 2004 che mi toccò veramente da vicino. La morte del Sovrintendente Pierluigi Giovagnoli della Polizia Stradale di Forlì, padre di tre bambini, che mentre era di scorta in moto ad una gara ciclistica nel tentativo di bloccare un furgone che veniva spedito in senso contrario al gruppo dei corridori, venne travolto e scaraventato in un frutteto. Il conducente di quel mezzo risultò positivo alla verifica con l’etilometro con il valore record di 3,3 g/l nel sangue. Robe da coma! Ebbene quel conducente il giorno del processo era nei pressi del tribunale e durante una manovra con la sua auto (aveva già riavuto la patente) risultò ancora ebbro alla guida. Bene, quel soggetto che aveva reso orfani tre bambini venne condannato alla ridicola pena di anni uno e mesi quattro di reclusione! Cioè, come dire, zero galera e recupero definitivo della patente di lì a qualche anno.
Altri incidenti gravissimi, con penosi investimenti anche di bambini da parte di conducenti italiani e stranieri ubriachi e drogati che la facevano regolarmente franca con condanne assurdamente miti, ci convinsero che dovevamo rimboccarci le maniche e dovevamo puntare in alto.
La diffidenza e la sfiducia da parte di molti era sconfinata. Poi avvenne un incontro per noi (io e Lorenzo Borselli, l’inventore della locuzion “Omicidio Stradale”) decisivo, anche se conseguente ad altri due Omicidi stradali. Parliamo dell’incontro, nel 2011, con Stefania e Stefano Guarnieri che, appena un anno prima, nel 2010, avevano visto morire il loro figlio 17enne, ucciso mentre viaggiava col suo motorino da altro motociclista ubriaco e drogato alla guida.
Stefania e Stefano avevano appena fondato l’associazione intitolata al loro Lorenzo, con lo scopo di battersi per una più garantita sicurezza stradale e per una più garantita giustizia per i familiari delle vittime. Il tavolo a tre gambe venne completato da Valentina Borgogni, sorella di Gabriele, anche lui morto perché travolto da un ubriaco alla guida.
Rimanemmo colpiti dalla lucidità e determinazione di Stefano, Stefania e Valentina, determinazione che non sfociava nella scivolosa china della vendetta, perché, va sottolineato, ogni nuova iniziativa di legge ovviamente non avrebbe riguardato il processo incardinato per l’uccisione dei loro Lorenzo e Gabriele.
Decidemmo di partire quindi con l’iniziativa di una proposta di legge per la configurazione del nuovo reato di Omicidio Stradale. Iniziammo anche una raccolta di firme per promuovere la legge e arrivammo ad 82.000 adesioni. Traguardo non facile (l’obiettivo era quota 50.000), ma con la forza di tutti lo tagliammo di slancio e inviammo le firme al Parlamento.
Per quegli strani allineamenti che avvengono ogni tanto, era sindaco di Firenze Matteo Renzi, quel Renzi che nel febbraio 2014 sarebbe diventato poi Presidente del Consiglio. Renzi aveva preso un preciso impegno con la famiglia Guarnieri e, stranamente, come succede di rado in politica, mantenne questo impegno e incardinò la proposta della legge sull’Omicidio stradale per l’approvazione in parlamento.
Fu un percorso complicato, difficile in una sorta di montagne russe nelle commissioni (dove fummo convocati per un’audizione) e in aula. Furono ben 5 i passaggi fra Camera e Senato, e il Governo dovette porre per due volte la questione di fiducia. Finalmente, la legge con i suoi pregi e difetti (che non stiamo qui ad illustrare nei dettagli), il 24 marzo 2016 appena pubblicata sulla G.U. col n. 41, entrò in vigore.
Ricordiamo solo che la nuova normativa previde una impennata nelle pene edittali da 8 a 12 anni per chi uccide ubriaco o drogato (fino a 18 nei casi di omicidio plurimo o con altri feriti) e da 5 a 10 anni per gli altri casi di omicidio connesso con violazioni del Codice della Strada di particolare gravità. Lo stesso per le lesioni.
Con un incremento in particolare delle pene minime nel tentativo di aggirare il solito gioco dell’applicazione della pena partendo da una bassa pena base alla quale applicare poi tutte le attenuanti previste. Schizzò in alto anche la previsione della revoca della patente, che può arrivare oggi anche a 15 anni e fino a 30 nei casi più gravi di recidiva. Insomma, non il cosidetto “Ergastolo della patente” che aveva suggerito Stefania Guarnieri, ma molto vicino.
Su un primo problema della nuova normativa, quello che prevedeva la revoca della patente per 5 anni per chi provocava lesioni gravi, quindi superiori a 40 giorni a prescindere dalle violazioni commesse, è intervenuta poi nel febbraio 2019 la Corte Costituzionale, che ha eliminato l’automatismo della revoca dei 5 anni, prevedendola limitatamente ai conducenti ebbri o drogati o per quelli che avessero commesso violazioni particolarmente gravi.
Ma nel complesso l’Omicidio stradale ha dato i risultati che alcuni si attendevano? Lo vedremo nel prossimo numero di GM GenteinMovimento.
A cura di Giordano Biserni.