Il nuovo quadro giuridico pone, quindi, un rimedio allo scarso utilizzo dell’apprendistato formativo - che conta attualmente meno di 4 mila posizioni lavorative in tutto il territorio italiano - ma, principalmente, cerca di dare una risposta al disallineamento endemico tra le competenze acquisite con l’apprendimento scolastico e le concrete competenze professionali richieste dalle imprese e dal mercato del lavoro italiano. Nasce, dunque, il sistema duale di apprendimento come strumento idoneo ad accelerare il percorso di transizione dei giovani dalla fine del periodo scolastico all’inizio dell’attività lavorativa. Oltre a ciò, il nuovo apprendistato formativo intende favorire l’incontro con il lavoro degli studenti iscritti a percorsi formativi, diventando anche un valido mezzo per contrastare la dispersione scolastica e per avvicinare al lavoro l’elevato numero di NEET (Not in Education, Employment or Training), ovvero, quei giovani non impegnati in percorsi educativi, di lavoro o formativi.
Si tratta di un cambiamento non di poco conto con il quale dovranno confrontarsi le istituzioni formative e le imprese. Le prime dovranno organizzare i curricula su un duplice percorso di formazione (scolastico e in azienda) mentre le seconde dovranno assolvere al meglio la funzione di formazione di risorse umane selezionando, anche attraverso la modalità dell’apprendistato formativo, quelle che potranno essere idonee ai propri e altrui bisogni produttivi. Da parte delle imprese occorre anche un cambiamento di prospettiva, nel senso che l’assunzione di un apprendista non potrà essere solo finalizzata alle esigenze produttive ma potrà anche essere finalizzata al mero conseguimento di titoli e competenze del giovane interessato.
Data la portata innovativa delle misure, è stato valutato che il solo cambiamento del quadro giuridico di riferimento può non essere sufficiente a dare un forte impulso al processo di riforma in atto. Occorrono, pertanto, anche misure incentivanti per le imprese che giocheranno un ruolo importante in questo nuovo quadro. È necessario altresì porre in essere strumenti di flessibilità e di semplificazione che rendano agevole l’accesso a tutto il meccanismo da parte delle aziende e degli istituti formativi.
In questa direzione si muove lo schema di decreto legislativo riguardante il riordino della normativa sui servizi per il lavoro e in materia di politiche attive, varato dal Consiglio dei Ministri l’11 giugno scorso, il cui iter parlamentare è ora in fase conclusiva. Tale provvedimento - in generale - si pone un triplice obiettivo: da una parte, nel ribadire il ruolo di indirizzo politico in materia di politiche attive per il lavoro del Ministero del lavoro, delle Regioni e delle Province autonome, individua una composita “Rete nazionale dei servizi per le politiche attive” quale strumento di governance per garantire i servizi essenziali ai cittadini. Dall’altra, disciplina i principi generali in materia di politiche attive per il lavoro, allo scopo di costruire percorsi adeguati per l’inserimento e il reinserimento delle persone nel mercato del lavoro. Infine, procede al riordino del sistema degli incentivi all’occupazione.
Tra questi, l’art. 32 prevede proprio incentivi per il contratto di apprendistato per la qualifica, il diploma e la specializzazione professionale e di alta formazione e ricerca. In buona sostanza:
- Viene abolito il contributo previsto a carico dei datori di lavoro in caso di licenziamento dell’apprendista;
- l’aliquota contributiva - di cui all’art. 1 co. 773 della legge 296/2006 - prevista per le aziende con più di 9 dipendenti passa dal 10% al 5%;
- è soppresso il contributo dello 0,30% sulle retribuzioni per la formazione continua;
- è riconosciuto lo sgravio dei contributi a carico dei datori di lavoro, compresa la riduzione della quota Aspi per le imprese artigiane.
Tali incentivi si sommano alle misure di abbattimento del costo del lavoro già previste dal decreto n. 81/2015, per cui scompare l’obbligo di stabilizzazione degli apprendisti assunti con contratto di primo e terzo livello per le aziende che occupano almeno 50 dipendenti e non c’è obbligo di retribuzione delle ore formative svolte al di fuori dell’impresa, mentre la retribuzione del periodo formativo all’interno dell’azienda è fissata nella misura del 10%. Si tratta di incentivi notevoli che porteranno - secondo alcune stime - all’abbattimento del 65% dei costi rispetto al contratto di apprendistato professionalizzante: uno stimolo, dunque, per le imprese ad accogliere la sfida avviata con la riforma.
Sin dai prossimi mesi sarà avviata una prima sperimentazione per gli anni scolastici 2015/2016 e 2016/2017 finalizzata a porre in essere azioni di sviluppo e rafforzamento del sistema duale nell’ambito della IeFP (ndr: il sistema di istruzione e formazione professionale), che vede il coinvolgimento di Ministeri, di Regioni, di Enti ed Agenzie di Formazione per la condivisione, attraverso la sottoscrizione di un accordo di massima, della proposta progettuale ipotizzata, che consentirà a quindicimila giovani di accedere ai nuovi percorsi formativi dall’autunno prossimo.
Il sistema duale pone quindi le basi per proporre nuove opportunità di apprendimento per i giovani e per ridare significato e valore sociale al lavoro: è una sfida importante rispetto alla quale mi auguro il pieno sostegno di tutti gli attori coinvolti.
A cura di Luigi Bobba