A cura di Giovanni Firera
La NASPI è una nuova prestazione indirizzata ai lavoratori dipendenti, ad esclusione di quelli a tempo indeterminato della Pubblica Amministrazione e degli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, per i quali si applica una diversa normativa per il sostegno alla perdita di lavoro involontario. Requisito essenziale per avere diritto alla NASPI è lo stato di disoccupazione (articolo 1, comma 2, lettera c, Dlgs 181/00), per la perdita di lavoro involontario dal 1° maggio in avanti, ma anche poter far valere almeno 13 settimane di contribuzione nei precedenti 4 anni dall’inizio della disoccupazione ed avere almeno 30 giornate di lavoro effettivo, indipendentemente dal minimale contributivo. La nuova indennità sta nel solco delle tutele già tracciate dalla vecchia Aspi (legge 92/2012). È prevista l’applicazione della NASPI anche in caso di dimissioni per giusta causa, oltre che nelle ipotesi di risoluzione consensuale sottoscritta presso la Dtl (direzione territoriale del lavoro), in linea con le indicazioni introdotte dalla riforma Fornero circa il tentativo obbligatorio di conciliazione. Elemento importante della Naspi è che l’erogazione della prestazione è subordinata alla regolare partecipazione alle politiche attive proposte dai Centri per l’Impiego. Per l’Aspi si ricorda, invece, che è richiesta la presenza di contribuzione (Ds/Aspi) nella misura di almeno un contributo nel biennio precedente il primo giorno di disoccupazione e almeno un anno nel biennio antecedente nel periodo di disoccupazione. La NASPI non segue le logiche dell’età del lavoratore che caratterizzano invece le misure in Aspi. La Naspi è concessa mensilmente per un numero di settimane pari alla metà di quelle oggetto di contribuzione, considerati gli ultimi quattro anni. Quindi, la durata sarà al massimo di 24 mesi. A far data del 1° gennaio 2017, la prestazione si ridurrà fino ad un massimo di 78 settimane di fruizione. I lavoratori che hanno diritto di poter accedere ai benefici della NASPI devono richiederla telematicamente all’INPS entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. La nuova prestazione decorre dal giorno successivo a quello di trasmissione all'Inps della domanda e l’indennità decorrerà dall’ottavo giorno successivo a quello della cessazione dell’attività lavorativa. Il termine di presentazione all’Inps entro i 68 gg della domanda è condizione tassativa, pena la decadenza della prestazione stessa. Elemento importante della corresponsione della NASPI è che l’indennità mensile prevista può essere richiesta, in via anticipata e per tutto l’importo spettante, nei casi di avvio di lavoro di impresa o autonomo, oltre che di partecipazione a quota di capitale sociale all’interno di una Cooperativa in cui la prestazione lavorativa del socio ha la caratteristica di rapporto mutualistico. In merito alla compatibilità e la cumulabilità della Naspi circa gli eventuali casi di svolgimento di altra attività lavorativa (autonoma o subordinata), si può evidenziare che il lavoratore che usufruisce della prestazione Naspi, può occuparsi di un rapporto di lavoro subordinato con una durata massima di sei mesi, senza il pericolo che decada l’indennità prevista. Ovviamente, in questo caso la prestazione Naspi è sospesa d’ufficio per tutta la durata del rapporto di lavoro. Nel caso in cui dall’occupazione superiore a sei mesi il lavoratore ricavi un reddito annuale maggiore di quello minimo (8 mila euro), senza imposizione fiscale, è prevista la decadenza del beneficio. A chi si trova in condizioni di bisogno (misurato con Isee) ed è privo di occupazione, una volta terminata la Naspi può essere erogato l’Assegno ASDI, assegno di disoccupazione, che spetterà per un massimo di sei mesi. È riservato a lavoratori con figli minori e “vicini” alla data di pensionamento. È pari al 75% dell’ultima Naspi.
A cura di Giovanni Firera © Gente in Movimento - riproduzione riservata
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