A partire dalla mattinata del 2 giugno Lecco inizia ad essere pacificamente invasa da un esercito di giovani. La forza del festival (che infatti è ottimamente visto dalla gente della vallata) è stata quella di riempire tutte le strutture alberghiere nel raggio di 80 km. C’è chi sale in navetta, chi in macchina, c’è addirittura qualcuno che, non avendo trovato posto e non volendo spendere soldi si è arrangiato per dormire nel parcheggio del festival. Il primo giorno vede come protagonisti nel pomeriggio Kharfi e Angemi, due tra i più promettenti producer italiani. Dalle 20 la pista inizia a scaldarsi con Shapov (potetto di Axwell), l’enigmatico Malaa che ha portato una ventata di oscurità e profonde bass-line con cui ha letteralmente stregato il main stage. Il protagonista indiscusso della serata è stato però Zedd, con uno spettacolo fatto di musica, spettacolari visual e un light design allo stato dell’arte, le parole rischiano davvero di essere superflue. A mezzanotte la musica si deve staccare, pronti e via per il secondo giorno. Preso dall’angoscia per la partita, il secondo giorno me lo vivo in uno stato perenne di tensione. Kayzo e Throttle alla loro prima esibizione in Italia riescono per un po’ a distrarmi, ma dalle 20 un nugolo di juventini si sposta in massa nell’area che hanno adibito con maxischermo per la partita. A fare da colonna sonora nel mainstage ci sono Merk & Kremont, mi spiace per loro ma non riesco a dargli attenzione, mi perdo anche Tchami, ma siamo tutti a Cardiff. La depressione cosmica che ci assale dopo la partita viene curata da Axwell e Ingrosso (due terzi degli Swedish House Mafia) che hanno semplicemente messo in scena il loro show come solo loro sanno fare. Carisma, presenza scenica, autorevolezza nel mix e una selezione dannatamente efficace hanno convinto e commosso chiunque, dal raver più restio al fan più sfegatato. Durante “Don’t you worry child” in molti erano abbracciati, qualcuno stava piangendo (no, non erano juventini). Un’ottima conclusione per il secondo giorno. Domenica 4, ultimo giorno di questo festival raggiungiamo il festival per le battute finali. Il meteo aveva stranamente tenuto per quasi tutto il festival e un giro con fidanzata sul lago era d’obbligo. Arriviamo in tempo per sentire la fine di Vini Vici e poi l’attenzione viene reclamata da Alan Walker. Il producer norvegese, principalmente conosciuto per il successo di “Faded” mette in scena un ottimo set con sonorità miste, composte da quasi tutti i suoi pezzi. Il pubblico risponde positivamente ed il perfetto antipasto per il gran finale: Afrojack. Il dj olandese infiamma tutti i presenti con un’ora e mezza di set tiratissimo. La degna conclusione di questo festival. Nameless ha annunciato oltre 30mila spettatori, diventando di diritto uno dei principali festival italiani. Gli organizzatori hanno già annunciato l’edizione del 2018, sempre a Barzio, siamo già curiosi di scoprire cosa si inventeranno per il prossimo anno.
A cura di Federico Rosa