I problemi che si trovano ad affrontare i Comuni montani e periferici, in questo preciso momento storico, non sono dissimili a quelli fronteggiati da tante realtà del Paese: in primis la scarsa o, ancor più spesso completa mancanza di presidi medici nel territorio comunale, risultato di una progressiva spoliazione dei territori di queste realtà essenziali.
Accorpare, tagliare, economizzare: la sanità territoriale ha sofferto moltissimo in questi anni e il risultato è che per territori anche molto ampi mancano le strutture di riferimento. Un esempio su tutti è relativo proprio al nodo dei tamponi, che si è palesato in tutta la sua evidenza in questi mesi: i cittadini di Tredozio, un migliaio di persone che popolano il comune appenninico in provincia di Forlì-Cesena che mi pregio di rappresentare come primo cittadino da due mandati, per effettuare un tampone devono spostarsi nel comune vicino. Questa situazione, comune a migliaia di centri in tutto il Paese rappresenta problema importante per la popolazione anziana ma anche un disagio per tutti i miei concittadini che ritengo avrebbero diritto in una situazione tanto complessa di poter contare su un servizio essenziale senza dover fare diversi km in auto.
Su questo fronte anche il tema delle future vaccinazioni è un grande punto interrogativo, che si somma all’incertezza a livello nazionale sia in termini di tempi che di organizzazione del piano vaccinale: un’eredità del secondo Governo Conte che confidiamo sia sanata il più rapidamente possibile dall’Esecutivo che va componendosi mentre scriviamo.
I cittadini, in particolare quelli con difficoltà di spostamento fra i comuni, e sono numerosi, vista l’età media sempre più alta di queste aree, dovrebbero avere la possibilità di ricevere questo importantissimo trattamento sanitario nel proprio comune, non essere costretti a percorrere diversi km (magari utilizzando i mezzi pubblici) per raggiungere i punti vaccinali nei comuni limitrofi. In questi giorni l’Emilia Romagna, ad esempio, ha annunciato 75 punti vaccinali su tutto il territorio regionale: quanti comuni si ritroveranno costretti a gestire l’esodo dei propri cittadini verso una di queste strutture?
La pandemia, inoltre, ha impattato con violenza anche sul fronte economico: le attività, a causa delle decisioni quantomeno discutibili del Governo, sono state chiuse dopo aver speso migliaia di euro per mettersi in regola secondo le norme indicate in un primo momento.
La ristorazione e l’accoglienza, solo per citare due ambiti molto importanti per questi territori che, spesso, hanno anche un’importante vocazione turistica, stanno soffrendo una crisi senza precedenti e, come hanno dimostrato da più parti anche nella civile forma di protesta messa in piedi lo scorso 15 gennaio, chiedono solo di poter lavorare mettendo in campo tutte quelle norme di sicurezza per cui si erano resi pronti.
Il territorio montano e periferico, poi, soffre di una cronica mancanza di organicità degli interventi e dei sostegni: spesso vengono erogati finanziamenti a pioggia, in maniera disorganica e disorganizzata, con il risultato di non agevolare davvero lo sviluppo dei territori.
Manca, al contrario, una visione di insieme per combattere la piaga dello spopolamento. Un trend causato dalla cronica mancanza di servizi adeguati (penso alla sanità, alla forza pubblica, a poste e banche ma anche alla banda larga per favorire lo sviluppo anche di nuove professioni) e dalla progressiva rimozione di quelli ancora esistenti. Quali prospettive sul proprio futuro può immaginare una comunità senza questi pilastri fondamentali?
Parliamo poi dall’assenza di una vera politica di sostegno alle assunzioni della popolazione locale. Torno all’esempio del territorio che amministro solo per evidenziare una criticità ampiamente diffusa: nelle imprese di Tredozio lavorano molte persone che vengono anche da grande distanza e questa mancanza di opportunità lavorative porta inevitabilmente la popolazione locale, in particolare le fasce più giovani, ad andarsene.
E proprio i giovani sono l’anello più debole: la pandemia e l’impossibilità di spostarsi hanno aggravato la fragilità di un’intera generazione. I nostri ragazzi, lontani dalle comunità scolastiche di riferimento, dalle proprie amicizie spesso in comuni diversi da quello di residenza, si isolano sempre di più e si rinchiudono nella rete. La dipendenza da social sarà un problema sempre più frequente che dovremo affrontare, insieme a una crescente fragilità psicologica.
Il futuro credo che passi necessariamente per una “rivoluzione” nel mododi concepire i Comuni montani: serve, innanzitutto, una riforma organica che affronti in modo concreto i problemi che affliggono queste aree. Servizi, occupazione, investimenti per lo sviluppo turistico e infrastrutturale: la montagna si salva così.
Ho presentato una proposta di legge sul tema che è in attesa di essere discussa e mi batto, come sindaco e come parlamentare, affinché lo sguardo su questi territori non sia bonariamente paternalistico, con l’elargizione di piccole mance, ma che sia quello di chi sa e crede che queste aree rappresentano un tesoro inestimabile di cultura, di tradizioni, di opportunità di crescita e sviluppo. Serve, in questo senso, anche una modifica strutturale nell’attribuzione delle risorse: Tredozio, ad esempio, è stata esclusa da risorse economiche importantissime solo a causa di parametri improbabili imposti dalla Regione Emilia Romagna alla ripartizione dei fondi per le Aree Interne. E così si sono perse risorse essenziali che avrebbero significato servizi, infrastrutture, banda larga, sostegno a occupazione, economia e cultura.
Rimane cruciale, in questi luoghi, l’impegno degli amministratori comunali e delle comunità, spesso molto unite, per difendere i propri territori: siamo abituati a fare il massimo con il poco che abbiamo a disposizione. Ma il futuro è sempre più appeso a un filo e senza un cambio radicale di passo, questi territori vivranno un futuro sempre più difficile.
A cura dell’On. Simona Vietina.