L’agricoltura di montagna è un bene prezioso per la vita delle comunità locali e per i frutti che il terreno fa arrivare sulle nostre tavole tutto l’anno, ma richiede molte attenzioni e pratiche diverse dall’agricoltura realizzata in pianura, credo per tanto che sia vitale, per la rinascita e la crescita, l’attuazione di politiche comunitarie e nazionali studiate per le realtà montane; penso alla necessità di sviluppare reti per integrare le filiere locali e valorizzare le risorse dei nostri territori.
Le aree di montagna sono da considerare zone economiche speciali e, come tali, vanno intese per porre un freno allo spopolamento con diverse azioni atte a sostenere la crescita di quelle realtà imprenditoriali che, anche quando sono di piccole di dimensioni, danno un contributo importante, in termini di lavoro e indotto generato, per le aree limitrofe.
Per un turismo sostenibile sarà necessario costruire nuovi modelli di ricettività diffusa che veda protagonisti i tanti agriturismi presenti e che dia una nuova funzione agli spazi che troppo spesso sono poco utilizzati, come le seconde case che vivono troppo poco per sostenere l’economia dei paesi montani.
Per realizzare tutto ciò occorrerà investire in capitale umano attraverso la formazione e la condivisione di competenze provenienti da diversi settori e da diverse aree geografiche; così potremo gettare le basi per ritornare ad essere competitivi in Europa e nel mondo.
Tutti noi saremo chiamati a mettere a disposizione la nostra identità storico-culturale e la creatività che da sempre ci caratterizza al fine di creare nuovi driver per l’impresa del turismo e per il settore culturale.
La montagna, infatti, è da sempre uno dei migliori esempi di economia circolare, perché dotata di “capitale naturale” che rappresenta la più grande risorsa a nostra disposizione. Ecco perché è di vitale importanza rafforzare le relazioni montagna-pianura.
Solo così potremo migliorare le funzioni di prevenzione e protezione del dissesto idrogeologico di cui la nostra Italia è affetta. Ad esempio, abbiamo il dovere di valorizzare le risorse idriche per metterle a disposizione delle comunità locali e di sostenere, con l’attuazione di politiche coordinate, la biodiversità e le aree agricole ad alto valore naturale.
Per una vera ripartenza non possiamo che sostenere i giovani, ad esempio supportando la nascita di nuove start up integrate sul territorio ed incentivare il loro ritorno nelle zone di montagna, perché solo i giovani possono far nascere aziende innovative per l’agricoltura, la gestione forestale, l’allevamento e, di conseguenza, solo il loro contributo può migliorare la filiera agroalimentare.
In generale la politica nazionale ed europea deve fornire strumenti concreti per quelle aziende che mirano alla riduzione dell’impatto ambientale mediante provvedimenti in favore dello sviluppo sostenibile, come l’uso di energie rinnovabili, la riduzione dei consumi, il riciclaggio dei rifiuti.
Per fare ciò occorrono conoscenze e competenze che possono essere sostenute da iniziative più efficienti di accesso al credito e dalla riorganizzazione dell’assetto fondiario per lo sviluppo delle imprese. In questo modo potremo creare nuove reti d’impresa nei settori strategici della montagna e della pianura.
Ma dobbiamo essere onesti, per fare anche solo il 10 per cento di quanto qui raccolto, occorre partire dai servizi alle comunità. È quindi necessario ripensare il ruolo del terzo settore, incentivare la cooperazione e la crescita di network tra gli attori sociali ed economici locali, nazionali ed europei.
Dobbiamo rendere accessibili i servizi per i cittadini, e per le imprese, passando attraverso le nuove tecnologie, semplificando gli aspetti burocratici e rendendo disponibili i gateway direttamente sugli smartphone e device.
Siamo tutti chiamati a ripensare la governance della cosa pubblica, dando più libertà alle amministrazioni locali che, meglio di qualsiasi altra istituzione, conoscono le peculiarità del territorio, delle persone, della cultura e dell’economia dei territori amministrati. Un esempio concreto è quello dalla provincia di Sondrio che rappresenta la prima forma sperimentale di autonomia e di partecipazione diretta alla formazione delle leggi attraverso l’istituzione di un comitato paritetico tra la Provincia e la Regione.
La mia riflessione non può che portare alla conclusione che qualunque iniziativa a supporto dell’economia dell’Italia ha necessità di una cooperazione integrata tra regioni con altre regioni, tra regioni e Stato e tra gli stessi Stati europei.
A cura dell’On. Alessandro Panza.