Tuttavia le nuove regole differiscono da quelle cui eravamo ormai abituati.
Innanzitutto, chiariamoci le idee: di cosa stiamo parlando?
Si tratta di un’agevolazione fiscale, riservata ai lavoratori dipendenti, consistente nell’applicazione di un’imposta, in misura del 10%, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionale e comunale, applicabile sui premi di risultato di ammontare variabile correlati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, misurabili e verificabili con criteri specifici, nonché sulle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili, che i datori di lavoro (solo quelli del settore privato) corrisponderanno ai propri dipendenti a seguito della stipula di un accordo collettivo aziendale o territoriale.
Senza ancora essere scesi nello specifico, già ci si rende conto immediatamente che l’agevolazione in questione è molto interessante: se pensiamo che, così, su alcune somme viene prevista una tassazione in misura del solo 10%, in sostituzione dell’Irpef (la cui aliquota minima è pari al 23% ma aumenta progressivamente fino a raggiungere anche il 43%) nonché delle imposte addizionali destinate alle regioni e ai comuni, salta subito all’occhio anche meno attento che si tratta di una disposizione senz’altro vantaggiosa per i lavoratori dipendenti.
Ad aumentare la convenienza, viene inoltre previsto che le somme assoggettate ad imposta sostitutiva, non concorrendo alla formazione del reddito complessivo, non rilevano ai fini della determinazione delle detrazioni ad esso commisurate, aumentando così l’ammontare delle detrazioni stesse spettanti.
La norma prevede che l’agevolazione possa essere riconosciuta nei confronti dei contribuenti che nell’anno precedente a quello della sua applicazione abbiano conseguito redditi di lavoro dipendente non eccedenti il limite di 50.000 euro. Il limite delle somme agevolabili è di 2.000 euro annui, elevato a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i propri lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
Come detto, a prima vista sembrerebbe la riproposizione della detassazione che avevamo conosciuto negli anni passati, ma, tanto per essere chiari, si tratta di tutt’altro e, quindi, dimentichiamoci la “spigliata” applicazione a cui eravamo ormai abituati.
Infatti, a differenza del passato, è stato emanato un apposito Decreto interministeriale recante precise indicazioni circa i criteri di misurazione degli indici incrementali di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione ai quali i contratti collettivi aziendali o territoriali possono legare la corresponsione dei suddetti importi.
D’ora in poi l’imposta sostitutiva risulterà, quindi, applicabile solo sui premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di tali parametri.
Quindi, non più la cosiddetta “retribuzione di produttività”, bensì solo ed esclusivamente i premi di risultato conseguiti a seguito dell’avvenuta realizzazione dell’incremento di almeno uno degli obiettivi di produttività definiti negli accordi.
Però, e qui viene il bello, la Legge di Stabilità 2016 ha anche previsto un ulteriore beneficio. Innanzitutto, ha ridefinito le erogazioni del datore di lavoro che configurano il cosiddetto “welfare aziendale”: si tratta di prestazioni, opere e servizi corrisposti al dipendente in natura o in forma di rimborso per spese aventi finalità di rilevanza sociale.
Di fondamentale importanza è il fatto che tali benefit non concorrono a determinare il reddito del lavoratore, a condizione che si tratti di benefit offerti alla generalità dei dipendenti o a determinate categorie di essi.
Ciò premesso, l’ulteriore beneficio cui si faceva cenno poco sopra consiste nel fatto - e scusate se è poco -che se per scelta del lavoratore, in sostituzione in tutto o in parte delle somme dei premi di risultato agevolati, si sceglie che esse vengano destinate a finanziare forme di welfare aziendale, non verrà applicata nemmeno la tassazione sostitutiva.
O meglio: zero tassazione e zero contribuzione previdenziale!
Il lavoratore potrà perciò scegliere, in relazione ai premi di risultato, se percepire la somma in denaro avvalendosi della tassazione sostitutiva (10%) in luogo di quella ordinaria, oppure se percepire l’equivalente della somma stessa sotto forma di prestazioni di welfare, senza però subire alcuna trattenuta, nemmeno ridotta.
In pratica, i classici due piccioni con una fava!
Tra i benefit opzionabili sono ricompresi i servizi, le somme e le prestazioni erogati dal datore di lavoro ai dipendenti per la fruizione, anche da parte dei loro familiari, di servizi come l’educazione, l’istruzione (anche in età prescolare), nonché la frequenza di ludoteche, di centri estivi e invernali, l’erogazione di borse di studio, servizi di assistenza destinati a familiari anziani o comunque non autosufficienti.
Insomma, lo strumento che viene messo a disposizione dalla Legge di Stabilità risulta oltremodo vantaggioso per il dipendente, permettendo però un tangibile risparmio anche per il datore di lavoro (niente contributi su tali somme).
Un’opportunità in più per risparmiare sulle tasse e, contemporaneamente, incrementare il valore del welfare aziendale.
A cura di Bruno Bravi