Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19161/2017, hanno ritenuto configurabile, accanto alla mediazione ordinaria disciplinata agli articolo 1754 e seguenti del Codice Civile, una mediazione negoziale cosiddetta “atipica”, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (“mediazione unilaterale”), che sussiste qualora, volendo concludere un singolo affare, una parte incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla relativa conclusione a determinate, prestabilite condizioni.
Nel caso della mediazione cosiddetta “atipica”, il diritto alla provvigione del mediatore sorgerà solo nei confronti della parte che gli ha conferito l’incarico.
La legge 3 febbraio 1989, n. 39 ha trasformato la mediazione da attività libera ad attività riservata ai soli iscritti all’apposito Albo e non delegabile per il carattere strettamente personale.
Alla luce dell’art. 1755 del Codice Civile, “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento.
La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità”.
La giurisprudenza ritiene che per “conclusione dell’affare” debba intendersi il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, fonte del diritto di agire per l’adempimento o, in difetto, per il risarcimento del danno (cfr. Cass. civ., Sez. III, 923/2017).
Il diritto alla provvigione sorge allorché la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività del mediatore, essendo sufficiente che quest’ultimo abbia messo in relazione le stesse, in modo tale da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto (cfr. Cass. civ., Sez. II, 869/2018).
Non sussiste, invece, il diritto alla provvigione in capo al mediatore quando ad una prima fase delle trattative, avviate con il suo intervento e non pervenuta ad un risultato positivo, segua la ripresa delle stesse per effetto di iniziative nuove, assolutamente non ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l’utilità dell’originario intervento del mediatore ai fini della conclusione del contratto (Cass. civ., Sez. III, 1120/2015).
Di recente, la Corte di Cassazione, Sezione II, ha approfondito il tema del diritto alla provvigione in caso di
mediazione immobiliare, pronunciando l’ordinanza n. 21559/2018.
Nel caso di specie, un’Agenzia immobiliare conveniva in giudizio una cliente per ottenere il pagamento della provvigione per il buon esito dell’incarico relativo alla vendita di un immobile della convenuta che, sebbene avesse sottoscritto la proposta di acquisto, si era poi rifiutata di sottoscrivere il contratto preliminare di vendita.
Dalla ricostruzione della vicenda emergeva che la convenuta avesse rifiutato di sottoscrivere il contratto preliminare perché la proposta di acquisto era difforme dalle condizioni indicate all’atto del conferimento dell’incarico all’Agenzia immobiliare. Il prezzo, infatti, era inferiore a quello indicato.
I Giudici di legittimità, nell’ordinanza in commento, hanno evidenziato che “per attività di mediazione deve
intendersi il materiale contatto tra mediatore e acquirente, ma anche tutta l’attività che precede e segue la visita dell’immobile”.
Il diritto alla provvigione sorge successivamente alla conclusione dell’affare, intesa come compimento dell’operazione economica fonte del rapporto obbligatorio tra le parti. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 4628/2015, aveva già compiutamente sottolineato che, laddove la contrattazione sia suddivisa tra il raggiungimento di un primo accordo e la successiva stipula del contratto preliminare, spetta al Giudice valutare se quell’accordo costituiva già un contratto preliminare suscettibile di conseguire effetti obbligatori.
Laddove le parti stipulino un accordo obbligandosi alla successiva stipula di un contratto preliminare, si può concludere che quel primo accordo fosse fonte di effetti obbligatori se emerge l’interesse delle parti alla formazione progressiva del contratto.
I Giudici di legittimità, con l’ordinanza in commento, applicando i principi sanciti dalla medesima Corte a Sezioni Unite, accoglievano il ricorso dell’Agenzia immobiliare in quanto la Corte d’Appello aveva omesso di valutare l’accettazione della proposta da parte della convenuta, comportamento rilevante in vista del successivo contratto preliminare.
Pertanto, il diritto al compenso in favore del mediatore sussiste se e solo se l’attività di mediazione, che si concreta nella messa in relazione delle parti, costituisce l’antecedente indispensabile per raggiungere,
attraverso fasi successive, la conclusione dell’affare.
Perché il mediatore abbia diritto alla provvigione rileva, inoltre, la consapevolezza che ne abbia avuto
la parte da cui la provvigione è pretesa.
In caso contrario si consentirebbe il sorgere di un’obbligazione nel patrimonio della parte intermediata
per effetto di una volontà altrui e non di un comportamento riconducibile all’obbligato.
Qualora le parti, a seguito dell’attività del mediatore, si obblighino a stipulare successivamente un
contratto preliminare, sussiste il diritto alla provvigione se emerge dal primo accordo l’interesse delle parti alla formazione progressiva del contratto.
In ogni caso, la misura della provvigione deve essere determinata dal Giudice secondo equità solo se le parti non ne abbiano stabilito la misura e se non è provata l’esistenza di tariffe professionali e di usi locali.
A cura di Elisa Fea.