In Italia, infatti, l’occupazione femminile si attesta al 46% contro una media europea del 60%. Inoltre, stando ai dai ISTAT-INSP sul 2016, solo il 54,3% delle madri italiane svolge un’attività lavorativa extradomestica, mentre una donna su cinque interrompe il lavoro a due anni di distanza dalla nascita di un figlio. In più, il tasso di occupazione diminuisce ancora in relazione al numero della prole: lavora infatti solo il 30% delle donne che hanno più di un figlio. Tali dati suggeriscono quindi che la maternità costituisce ancora un ostacolo per le donne, implicando in molti casi la perdita del lavoro o comunque una certa fatica nel mantenerlo.
Non solo: la maternità viene spesso considerata come un evento negativo e come un impedimento, tanto dagli individui quanto dalle aziende, sottovalutando invece la grande perdita di capitale umano costituito dalle donne che abbandonano il lavoro proprio nel momento in cui diventano più competenti. L’esperienza della maternità, così come in generale della genitorialità, costituisce infatti un’occasione di crescita straordinaria, che porta con sé nuove energie ed abilità, spendibili anche nella vita professionale.
È in questo contesto che prende avvio il progetto dal nome “MAAM - Maternity as a master”, nato dall’incontro tra Riccarda Zezza e Andrea Vitullo. Si tratta di un vero e proprio master, inizialmente pensato per le neo-mamme e in un secondo momento ampliato anche ai papà, che punta a sviluppare la consapevolezza degli individui sull’esperienza della genitorialità e sulle competenze che attraverso tale esperienza si sviluppano, competenze che fornirebbero una marcia in più nel contesto lavorativo. Non consiste quindi, come si potrebbe pensare, in una scuola finalizzata a diventare un buon genitore, ma in un corso che punta a dare vita ad una nuova equazione: maternità=sviluppo lavorativo.
Il master MAAM si basa sul Life Based Learning, un modello di apprendimento che nasce dalla consapevolezza che il mondo del lavoro al giorno d’oggi richiede nuovi paradigmi per lo sviluppo professionale. Il lavoratore necessita infatti di imparare e mettere in campo diverse competenze trasversali che apprende non solo strettamente sul lavoro, ma attraverso i diversi contesti ed esperienze della propria vita. In aggiunta a ciò, alcune evidenze scientifiche mostrano che le famose soft skills, estremamente ricercate dalle aziende, vengono migliorate in modo naturale dall’esperienza di cura e in particolare di cura dei figli. Attraverso il corso MAAM è quindi possibile sviluppare proprio tali abilità organizzative, relazionali e dell’innovazione, migliorando nella gestione del tempo e delle priorità, nello sviluppo di processi di delega e di decision making, ma anche nel potenziamento di abilità comunicative, di visione e gestione del cambiamento e di approccio creativo ai problemi. Insomma, le stesse competenze che vanno a sviluppandosi nella vita di tutti i giorni, soprattutto in corrispondenza dell’arrivo di un nuovo figlio. In questo modo, il master MAAM potrebbe costituire una relazione virtuosa tra le skills sviluppate in due contesti di vita così diversi come la famiglia e l’azienda.
L’idea della maternità come un master si sta diffondendo sempre più e sono già diverse le aziende italiane che hanno scelto di adottare MAAM. Il primo cliente, nel 2015, è stato Poste Italiane, a cui sono seguite Unicredit e UBS Wealth management global Zurigo, per cui è stata sviluppata una versione in inglese della piattaforma. Nel primo semestre del 2016, inoltre, si sono aggiunte Unilever, Zurich e altre società stanno per partire.
Un’ulteriore novità è che a partire da febbraio 2017 è disponibile una versione alternativa del master MAAM, ovvero un percorso online pensato appositamente per i padri. Così, anche i neo-papà potranno allenare competenze relazionali, creative e organizzative a partire dalla loro vita quotidiana e dall’esperienza di cura dei figli.
Considerare maternità e paternità come dei master è dunque una scelta forse insolita e sicuramente creativa. Soprattutto, invita a vedere e a vivere queste esperienze con occhi nuovi e indirizza verso una nuova considerazione tanto della maternità, quanto del congedo parentale. Costituisce dunque un passo in avanti per permettere tanto alle donne quanto agli uomini di non dover scegliere necessariamente ed esclusivamente tra due esperienze della vita che acquisiscono un importante significato per entrambi: la famiglia e l’esperienza lavorativa. Perché questo accada abbiamo bisogno certamente di cambiamenti a livello di politiche, ma anche nel modo di intendere i rapporti tra uomini e donne e tra i partner, insieme alle concezioni e le aspettative sui ruoli che accompagnano tali rapporti e che sono profondamente sedimentati nella nostra cultura. E l’esperienza di MAAM muove esattamente in questa direzione.
A cura di Lucia Bainotti