Negli ultimi anni si è consolidata una visione che tende ad attribuire all’Unione Europea ogni problema vissuto sulla scala nazionale.
La politica e l’opinione pubblica hanno a volte assecondato questa tendenza, additando l’Europa come la causa di molti problemi politici e sociali.
Ma con l’avvicinarsi del voto di maggio è necessario allontanarsi da questa visione, spesso strumentale e
utilizzata da forze populiste solo per raccogliere facilmente consenso, discutendo invece dei problemi dell’Unione Europea non per lamentarne l’inutilità, bensì per lavorare al suo miglioramento.
Oggi, il processo unitario europeo non si è ancora compiuto del tutto. La semplice unione monetaria e dei mercati, seppur importante per assicurare crescita e benessere, si è rivelata insufficiente per affrontare la crisi e combattere le diseguaglianze, e non ha assicurato all’Europa il peso nel mondo che dovrebbe avere, per la sicurezza di tutti i cittadini.
Non possiamo abbandonare il sogno unitario. È necessario, però, andare oltre la semplice unione economica per realizzare un’Europa sociale, che affronti il tema delle disuguaglianze tra Paesi e tra categorie sociali, rendendo inoltre più democratiche e partecipate le sue istituzioni, e che abbia una voce unitaria sui problemi che oggi mettono a rischio l’Unione, dalla geopolitica alla gestione dei rifugiati.
Oggi, per non allontanare i cittadini dal sogno europeo, c’è solo una direzione da seguire: combattere l’emarginazione e le diseguaglianze mettendo in campo politiche sociali efficaci, e creando occupazione di qualità.
L’approvazione, nel 2017, del Pilastro Sociale Europeo rappresenta un’importante manifestazione di consapevolezza della strada ancora da percorrere. Nel Pilastro, infatti, i temi del lavoro stabile e dignitoso e della sicurezza sociale sono posti alla base della cittadinanza europea.
È un passo importante, ma chiaramente non può bastare. Occorre trasformare i principi in azioni concrete.
Uno degli strumenti che vanno in questa direzione è il Fondo Sociale Europeo Plus. Come relatore per il mio gruppo politico, ho presentato e fatto approvare emendamenti che rafforzassero la proposta iniziale della Commissione Europea, raddoppiando i fondi per combattere la disoccupazione giovanile, rinforzando Garanzia Giovani e prevedendo un aumento dal 10 al 15% dei fondi che i Paesi membri con alta disoccupazione giovanile dovranno stanziare in politiche attive per il lavoro. Tutto ciò aumentando, contestualmente, i fondi per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà.
Ho inoltre lavorato affinché alla proposta fosse aggiunta una Child Guarantee, la Garanzia per i Bambini, che permetterà a tanti bimbi provenienti da condizioni economiche o sociali svantaggiose di accedere gratuitamente a servizi essenziali come la sanità, l’istruzione, l’alloggio. Questo fondo, inoltre, potrà essere utilizzato per sostenere le misure di sostegno al reddito di alcuni Paesi, come nel caso del reddito di inclusione approvato in Italia dallo scorso governo.
Si tratta di un lavoro importante nella lotta alla disoccupazione giovanile e all’emarginazione sociale, che
fornisce all’Europa e agli Stati membri uno strumento prezioso.
Occupazione e formazione sono stati al centro anche del mio lavoro sul Corpo Europeo di Solidarietà, il nuovo programma europeo per le attività di volontariato.
Come relatore in Parlamento Europeo, ho lavorato per rafforzare il cosiddetto “strand occupazionale”, ovvero la possibilità di offrire stage e tirocini all’interno dei programmi di volontariato. Era necessario infatti tenere ben separato il volontariato dal lavoro, che deve essere sempre riconosciuto e retribuito come tale.
Ho insistito affinché il programma rimanesse il più inclusivo possibile, permettendo a tutti i giovani europei di potervi prendere parte, prevedendo misure per la partecipazione dei disabili e impegnandomi affinché fossero assicurati a tutti i mezzi per fare un’esperienza di volontariato, al di là del contesto familiare di partenza.
Da tempo, inoltre, sostengo la necessità di introdurre un sussidio europeo contro la disoccupazione e di reindirizzare le politiche europee verso la coesione sociale e territoriale dell’Europa.
Di fronte al crescere degli istinti nazionalisti, potrebbe sembrare ingenuo parlare di una maggiore integrazione tra i diversi sistemi europei.
In realtà, è proprio la mancanza di coordinamento sulle politiche occupazionali e sulle misure sociali che ha fatto sentire i cittadini abbandonati a sé stessi, causando la narrazione dell’Europa distante dalla vita concreta delle persone e interessata solo a questioni finanziarie.
Non si deve difendere l’Europa a spada tratta: si devono anzi evidenziare i limiti per poterla cambiare, affermando la necessità, da parte dell’Unione Europea, di agire nel mezzo delle tensioni sociali, fornendo sicurezze e protezione a chi oggi se ne sente privato.
Si deve però sempre difendere il sogno europeista, perché solo con un’Europa unita politicamente e forte socialmente possiamo oggi far fronte alle sfide che ci attendono: dal cambiamento demografico alle diseguaglianze crescenti, dalla lotta per il clima all’avanzamento dei diritti sociali e civili.
A cura dell’On. Benifei Brando.