La curcuma è una spezia molto diffusa nel continente asiatico, soprattutto in India dove da ormai 3.000 anni è di comune utilizzo nella pratica tradizionale della medicina Ayurvedica. La parte utilizzata è il rizoma, ovvero la radice della pianta, da cui si estrae la curcuma e il principio attivo curcumina.
Durante lo sviluppo richiede un clima caldo e umido, una fornitura abbondante di acqua e un terreno ben drenato. Cresce a tutte le altezze, che variano dal livello del mare fino a un’altitudine di 1.200 metri. In media è pronta per il raccolto fra i 7 e 9 mesi dopo la semina, a seconda della cultivar, del suolo e delle condizioni di crescita. In India, ad esempio, la stagione del raccolto ha inizio a febbraio.
Inizialmente il terreno è allentato con una piccola scavatrice e poi le piante sono sollevate manualmente. I rizomi sono puliti dalle impurità del terreno per immersione in acqua, e le radici più lunghe vengono rimosse ponendo particolare attenzione a non tagliarle o ammaccarle.
I rizomi appena raccolti devono essere essiccati il prima possibile per minimizzare le contaminazioni, la crescita di muffa e la fermentazione. Il trattamento consiste di tre fasi: indurimento, essiccamento e lucidatura.
Negli ultimi anni la curcumina è stata oggetto di molti studi per la sua azione ad ampio spettro. È infatti implicata in numerosi processi e interagisce con enzimi, ormoni, recettori e fattori di trascrizione. Viene per questo definita multitarget. La sua principale azione è di tipo antinfiammatorio. L’effetto antiossidante si espleta in presenza di stress ossidativo, ossia una situazione dovuta anche al fisiologico invecchiamento, che produce uno squilibrio fra specie ossidanti e la loro eliminazione da parte di antiossidanti. La produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) è il fenomeno più importante e ritenuto alla base di numerose malattie e la curcumina riesce a inibire i radicali liberi (fra cui i ROS) e ad aumentare l’attività degli enzimi antiossidanti.
Unica pecca in questa spezia - che sembra miracolosa - è la bassa biodisponibilità, cioè, se somministrata allo stato naturale per via orale, viene poco assorbita.
Per questo molti studi si stanno focalizzando sul migliorare questo aspetto. Le soluzioni trovate sono l’utilizzo in combinazione col pepe (il principio attivo di questa spezia infatti, la piperina, diminuisce l’eliminazione della curcumina) oppure le formulazioni lipidiche che ne aumentano l’assorbimento.
Nella medicina Ayurvedica a questo prodotto si attribuivano - oltre alle proprietà antisettiche - anche quelle “purificatrici del sangue” e digestive. Una preparazione tradizionale contro tosse e raffreddore prevedeva l’utilizzo di latte bollito con curcuma e pepe. Una pasta di curcuma con aggiunta di yogurt era indicata in casi di itterizia e dolori reumatici.
I moderni studi, invece, si concentrano soprattutto sul suo potenziale antinfiammatorio per la prevenzione di patologie epatiche e la ricerca contro cancro e diabete. Molti studi sono in fase iniziale ma si intravedono già i possibili impieghi, con integrazioni specifiche, mentre un consiglio per la vita di tutti i gironi è il seguente: impariamo ad apprezzare questa spezia con un gusto particolarissimo, un colore intenso che può donare vivacità ai nostri piatti sia dolci sia salati e, perché no, abbinarla al pepe perché sembra funzioni!
A cura di Stefano Arlotto