Con tale termine (in italiano, “lavoro agile”) si intende una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, che trova la propria ragione ispiratrice nell’obiettivo di incrementare la competitività e, contemporaneamente, agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Questa nuova modalità di svolgimento dell’attività lavorativa ha, finalmente, trovato anche in Italia una propria “consacrazione” nell’ambito di un disegno di Legge, ormai approvato lo scorso 10 maggio in via definitiva da entrambi i rami del Parlamento, ma ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Con questo intervento il legislatore prende atto, e la regolamenta, di una tendenza fortemente sentita dal mondo del lavoro, tendente a superare gli ordinari schemi lavorativi organizzandosi per cicli ed obiettivi in un contesto meno formale nel quale la prestazione lavorativa individuale esce dal perimetro fisico dello spazio aziendale. Nello smart working, infatti, la postazione fissa non è più essenziale, in quanto l’utilizzo della tecnologia consente a persone anche distanti fra loro di poter continuare a lavorare insieme.
Ah, si dirà, ma allora si tratta del telelavoro ormai già noto! Ebbene no, in quanto si rintracciano numerose differenze.
Vediamo, quindi, le previsioni introdotte dalla nuova normativa.
Innanzitutto, la norma sullo smart working dispone che esso, per poter essere reso agibile, deve formare oggetto di un accordo scritto tra le parti, formulato anche con la previsione di forme di organizzazione per fasi, cicli ed obiettivi, ma senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro. L’accordo deve individuare anche i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Può, inoltre, prevedere che la modalità del lavoro agile sia introdotta a tempo determinato piuttosto che indeterminato, con facoltà, però, di recesso in tale ultimo caso. La formulazione dell’accordo individuale è, quindi, fondamentale per dettare le “regole del gioco”.
La principale differenza con il telelavoro la si rintraccia soprattutto riguardo alla previsione del luogo di svolgimento dell’attività: infatti il telelavoro prevede che esso debba essere previamente identificato e che l’attività vi debba essere prestata in via continuativa, mentre la prestazione nell’ambito del lavoro agile viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali ed in parte all’esterno, senza la previsione di una postazione fissa. Ciò, chiaramente, comporterà una serie di conseguenze del tutto nuove in tema di sicurezza sul lavoro, tutela antinfortunistica, utilizzo degli strumenti di lavoro, orario di lavoro, controllo della prestazione lavorativa, ecc., che solo dopo un doveroso periodo di rodaggio potranno essere compiutamente superate. È facile comprendere, quindi, che l’introduzione in azienda dello smart working implicherà un nuovo modello di organizzazione del lavoro, tanto per l’azienda che per il lavoratore.
Infatti, lo smart working oltre a comportare una forte responsabilizzazione del lavoratore in materia di rischi per la sicurezza, in quanto sarà lui stesso a scegliere liberamente il luogo della prestazione lavorativa, comporterà per lo stesso la necessità di rivedere il proprio ruolo in un’ottica di flessibilità e disponibilità a creare maggiori sinergie con il management.
Per quanto riguarda l’azienda, invece, oltre a dover ripensare la propria organizzazione, si renderà indispensabile operare un monitoraggio costante dei risultati dell’attività lavorativa svolta per valutare l’efficienza del personale a seguito dell’introduzione dell’innovazione.
In qualsiasi caso, la norma prevede espressamente l’estensione della tutela antinfortunistica anche al lavoro agile. Lo smart worker sarà quindi tutelato dall’assicurazione Inail in caso di infortunio o malattia professionale, purché il sinistro abbia origine causale da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.
Il lavoro agile si basa essenzialmente sull’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono al lavoratore di interagire con l’organizzazione aziendale da remoto, pertanto la norma prevede che il datore di lavoro sia responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore; ciò non toglie, però, che il lavoratore possa utilizzare anche strumenti propri, quali ad esempio il proprio tablet, il computer di casa, il proprio telefono cellulare, la connessione internet privata, o quant’altro.
Oltre a garantire la parità retributiva e normativa con gli altri lavoratori non-smart, la nuova norma dispone che l’orario di lavoro in regime di smart working sia soggetto agli stessi limiti di durata massima giornaliera e settimanale previsti per i lavoratori che svolgono la propria attività con le modalità tradizionali. A questo fine, in maniera del tutto innovativa, come già accennato viene previsto anche il diritto per il lavoratore alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Da quanto finora evidenziato risulta indiscusso e facilmente quantificabile il risparmio economico ed in termini di tempo che il lavoratore potrà ottenere dovendosi recare solo poche volte presso l’usuale posto di lavoro.
Il punto senz’altro più delicato riteniamo però che sia costituito dalla regolamentazione del controllo a distanza e della disciplina del lavoro, rispettivamente disciplinati dagli articoli 4 e 7 dello “Statuto dei Lavoratori”.
Come detto si tratta di un campo tutto da esplorare, ma che indubbiamente porterà benefici non indifferenti sia ai lavoratori, tanto in termini economici quanto di migliore bilanciamento dei ritmi della propria vita, sia alle aziende che potranno, così, ottenere risparmi sulle spese connesse all’illuminazione dei locali, alla climatizzazione, alle gestione delle mense aziendali, alle pulizie, ad una probabile riduzione dell’assenteismo, ecc.
I presupposti ci sono affinché la novità possa facilmente prendere piede ed essere accolta favorevolmente, adesso tocca a noi tutti approfittare dell’occasione.
A cura di Bruno Bravi