Italia, Paese di santi, navigatori e imprenditori, innovativi. Un insieme di 10mila imprese, concentrate al centro-nord, che fatturano quasi 1 miliardo di euro, lo 0,6% del PIL e danno lavoro a poco meno di 50mila persone.
È questa la foto scattata dall’ultima edizione del rapporto trimestrale redatto dal Ministero dello Sviluppo economico (Mise) e da InfoCamere, in collaborazione con UnionCamere.
Secondo i dati raccolti, aggiornati al 31 marzo 2018, le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese sono 8.897, in aumento di 506 unità (+6%) rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente.
Si tratta di una categoria particolare di imprese, costituite a fine 2012 con l’approvazione del cosiddetto “Decreto Crescita 2.0” dal Ministro Corrado Passera, Governo Monti, che godono di particolari deroghe rispetto al diritto societario: poca burocrazia, bassi costi di avviamento e una serie di incentivi fiscali per la raccolta di capitali.
Probabilmente una delle più riuscite, sinora, azioni di politica industriale messe a segno da un Governo italiano, insieme al Piano Impresa 4.0 dell’ex Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che è riuscito a mobilitare investimenti per oltre 2 miliardi di euro nel 2017 secondo i dati dell’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano.
Tra le cifre che meritano di essere ricordate, per comprendere meglio l’ampiezza del fenomeno, il dato sul capitale sociale sottoscritto che risulta notevolmente cresciuto negli ultimi tre mesi.
Quest’ultimo, infatti, è passato da poco più di 423 milioni di euro nel dicembre 2017, a 499 milioni (+18%), per una media di 56.097 euro a impresa (+11,3%). Complessivamente la produzione risulta pari a 741,7 milioni euro, un dato inferiore di 20 milioni (-2,6%) rispetto ai 761 milioni di euro registrati a fine 2017.
In linea con l’anno precedente è, invece, il reddito operativo complessivo, negativo per circa 88 milioni di euro (erano 84 a fine 2017).
Dati più positivi emergono, invece, dal lato occupazione: il numero complessivo di soci e di addetti ha raggiunto nel primo trimestre dell’anno quota 45.861, +28,6% rispetto alla precedente rilevazione.
Risulta invece in linea con il 2017 la distribuzione per settori di attività.
La maggior parte delle startup (71,3%) continua a fornire servizi alle imprese (produzione di software e consulenza informatica, attività di R&S, servizi d’informazione), il 19% opera nel manifatturiero (fabbricazione di macchinari, computer, prodotti elettronici e ottici, apparecchiature elettriche), mentre il 4,1% è attiva nel commercio.
Infine, sul fronte della distribuzione geografica la Lombardia rimane la regione in cui è concentrato il maggior numero di startup, oltre quota duemila (2.132), il 24% del totale nazionale. Seguono il Lazio, con 911 (10,2%), che supera l’Emilia-Romagna, ferma a 884 (9,9%).
Più luci che ombre in un contesto, quello dell’ecosistema dell’innovazione, che è diventato mainstream tra i giovani come prospettiva futura in alternativa al posto fisso e comincia ad avere delle aperture di credito anche dalle PMI che iniziano a ragionare su programmi di open innovation. Parola che sta ad indicare la possibilità di effettuare lo sviluppo di prodotti, servizi e processi aprendosi all’esterno attraverso collaborazioni con le neo imprese.
Ovvio che in questo contesto vi sia un fiorire di opportunità per chi si vuole buttare nella mischia, ovvero partendo da quella che reputa una buona idea, creare la propria azienda.
Trenta anni fa in Brianza si sarebbe parlato di “fabbrichetta”, o di “capannone”, che invece oggi si
potrebbero tradurre con “software house”, o con “app farm”.
Ma rispetto ai nonni, o ai genitori, gli aspiranti imprenditori di oggi, hanno facilmente accesso a un gran numero di strumenti che li possono aiutare a passare dall’idea all’Impresa velocemente: co-working, incubatori e acceleratori.
Luoghi dove, se si è disposti a fare un piccolo investimento di tempo e di denaro, è possibile ricevere il sostegno e la formazione indispensabili per fare i passi giusti verso l’obiettivo finale.
Esistono anche strumenti “alternativi”, non alla portata di tutti, ma che premiano coloro i quali più di altri
dimostrano di avere la testa e le gambe per farcela.
Tra questi il metodo offerto da Réseau Entreprendre, associazione senza scopo di lucro, nata 30 anni fa in Francia, che si pone un solo obiettivo: creare imprenditori per creare posti di lavoro sul territorio. Un mestiere non facile di cui si fanno carico, in maniera assolutamente gratuita, imprenditori senior, ovvero
persone che “ce l’hanno fatta” e hanno deciso di aiutare gli altri a realizzare la stessa impresa.
Per accedere a questa opportunità non ci si candida ma si viene scelti dagli imprenditori di Réseau dopo un percorso formativo della durata di 6/12 mesi che parte dalla verifica del potenziale imprenditoriale della
persona.
Non si parte dall’idea quindi, innovativa o meno che sia, ma dalla capacità di un individuo di “essere imprenditore”, ovvero di prendere la maggioranza delle quote della società che si intende costituire, lavorarci a tempo pieno e impegnarsi a creare da 3 a 5 posti di lavoro entro 3 anni.
L’associazione è presente in 10 Paesi nel mondo, può contare su 7.500 imprenditori senior volontari che nel corso del 2017 hanno accompagnato 1.400 neo-imprenditori, che si stima creeranno 14mila posti di lavoro entro i prossimi 3/5 anni.
In Italia l’associazione è presente in Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte.
In Lombardia, sotto la guida del Presidente Fabrizio Barini e di altri 21 soci, dalla fondazione nel 2015, sono state create 9 neo imprese che impiegano oggi oltre 60 addetti.
Una numero destinato ad aumentare anche a seguito della Call for Ideas Mobility Innovation World 2018 (MIW 2018), lanciata da Réseau Entreprendre Lombardia (REL) in collaborazione con Arval, società del gruppo BNP Paribas leader nel noleggio di autoveicoli a medio-lungo termine, per selezionare aspiranti imprenditori nel campo della sharing mobility.
In palio 130 ore circa di consulenza dei soci REL, del valore indicativo di 20mila euro e una riserva d’opzione di Arval per instaurare una collaborazione futura.
A cura di Fabrizio Barini