Il Pride si celebra a giugno in memoria dei Moti di Stonewall, considerato uno dei momenti più importanti nella storia del movimento gay negli Stati Uniti. Nella notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 la polizia di New York fece irruzione allo Stonewall Inn, ritrovo della comunità LGBTQ+, arrestando e picchiando pretestuosamente le persone presenti. |
L’evento fu una vera e propria rivoluzione per l’Italia: si manifestò contro l’odio e la violenza, per i diritti e per le differenze, ma soprattutto per rivendicare la propria esistenza negli anni in cui l’omosessualità non era visibile e, se lo era, veniva associata soprattutto alla diffusione dell’AIDS. Fu addirittura paragonato alle grandi manifestazioni operaie degli anni ’70, anni di tensione e di dure battaglie sindacali, e come in quei cortei furono distribuiti fischietti e tamburelli.
Il successo di quell’evento si replicò a Bologna un anno dopo: nel 1995, diecimila persone sfilarono infatti tra le strade bolognesi. Quello stesso anno si decise così per un “World Pride”. Nel 1996 l’onda dei Pride travolse anche il sud, arrivando a Napoli. Quegli anni di vittorie però precedevano l’arrivo di crisi e divisioni all’interno del movimento, che portarono all’organizzazione di Pride separati. Si registrò un calo di presenze drastico: nel 1998 a Roma c’erano circa quattromila persone a manifestare.
Furono anni di riorganizzazione e di preparazione a ciò che sarebbe venuto dopo. Nel 2000 il World Pride a Roma alla fine si fece, ma organizzarlo fu tutt’altro che semplice, sia a causa delle divisioni interne sia perché osteggiato da molti esponenti politici e dalla Chiesa, che lo percepiva come un’offesa ai valori cristiani. Furono giorni di intense polemiche ai danni della comunità LGBTQ+ ma questo portò le associazioni a unirsi nuovamente, questa volta con una nuova forza e un obiettivo comune. L’8 luglio 2000 infatti in Italia il World Pride fu di nuovo un evento senza precedenti. Donne, uomini, bambini, omosessuali, transessuali, etero. Anzi, il sostegno delle persone eterosessuali e cisgender (chi si identifica con il sesso biologico assegnato alla nascita) fu fondamentale e svolsero un ruolo importante nella lotta al pregiudizio e allo stigma nei confronti delle persone LGBTQ+.
Dal 2014, di comune accordo, si decise di abolire la forma del “Pride nazionale” e di riunire idealmente sotto un unico movimento le varie iniziative sparse sulla Penisola con il nome di “Onda Pride”. Quest’anno i Pride organizzati in Italia sono 40: da maggio a settembre, da nord a sud, l’onda arcobaleno travolge la Penisola con forza e voglia di lottare. E se c’è una cosa che i militanti delle varie realtà LGBTQ+ hanno capito è che solo unendo le forze si possono cambiare le cose. Si sono fatti molti passi avanti dal 1994 ad oggi, ma viviamo ancora in un contesto storico in cui esponenti della comunità LGBTQ+ sono vittime di discriminazioni e aggressioni. Molto è ancora da fare: per questo, ieri come oggi, il Pride in tutte le sue forme è un atto politico e civile necessario.