Per questo avremmo voluto che il governo avesse agito con prontezza ed efficacia, soprattutto per andare in soccorso delle famiglie e delle aziende ridotte alla disperazione dalla chiusura totale. Lavoratori, liberi professionisti, imprese, partite Iva, commercianti, artigiani, messi letteralmente in ginocchio e per i quali le risposte sono state scomposte e inadeguate. La parola chiave è stata “incertezza”.
Tutto ruota intorno a questo. Nessun settore può programmare il suo lavoro senza sapere su quali risorse può contare, quante tasse deve pagare e fare al tempo stesso i conti con i mutui, il costo del lavoro, le entrate e le uscite. Il governo è apparso incerto e incapace di decidere: non è stato in grado di dare indicazioni chiare. Per far vivere le aziende non si può solo rinviare, serviva e serve un intervento massiccio per la sospensione delle imposte, degli adempimenti fiscali, dei versamenti contributivi. Di questo hanno bisogno le aziende. E anche sui mutui si è agito con una sospensione che sa più di regalo alle banche, con il rinvio di rate ed interessi, che di aiuto concreto. Tutto mentre il governo, in piena emergenza, ha erogato decine di milioni di euro in sostegno delle imprese straniere, la cui parte più grande è finita in Tunisia.
Anche gli ammortizzatori sociali non sono stati una risposta consistente: cassa integrazione e bonus Inps o non sono ancora arrivati o sono arrivati con ritardi cosmici e dopo una serie infinita e incomprensibile di ostacoli.
Avevamo proposto di accreditare alle famiglie bisognose i soldi direttamente sul conto corrente: ci hanno raccontato che non si poteva, salvo poi essere smentiti dal fatto che nel frattempo, nelle altre nazioni europee, lo stavano facendo.
Fin dal primo momento ci siamo messi a disposizione in modo responsabile per dare una mano con le nostre proposte. In una situazione così grave, proprio siccome “non c’è un libretto delle istruzioni” come ama ripetere il nostro Presidente del Consiglio, sarebbe stato prezioso sedersi ad un tavolo e mettere in campo tutti insieme le idee migliori, a prescindere da chi le avesse proposte. Il governo, però, ha mostrato da subito di voler fare da solo, liquidandoci in un paio di incontri formali. Con l’aggravante di scavalcare sistematicamente il Parlamento attraverso l’adozione dei Dpcm. Un fatto che ha tagliato ulteriormente le gambe alle proposte migliori arrivate dai rappresentanti dei cittadini.
Sulla scelta delle riaperture poi, oltre ad aver suscitato forti dubbi e critiche da parte dei mondi produttivi e i malumori di quasi tutti i settori, il governo ha discriminato alcuni rispetto ad altri, senza mettere al centro le garanzie per la salute.
Perché scegliere sulla base di categorie merceologiche e non di protocolli sanitari? Senza parlare della contraddizione di considerare regioni a “contagio zero” alla stessa stregua di territori in cui il virus è stato molto più diffuso. E anche sui negoziati in Europa c’è tutt’altro che da stare allegri: purtroppo il governo si è posto con il solito atteggiamento di subalternità rispetto a nazioni che non aspettano altro che sciacallare sulla nostra argenteria.
A cura dell’On. Giovanni Donzelli.