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L’impatto del Covid sul mondo del vino 2.0

17/4/2021

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L’interruzione dei flussi turistici e la chiusura di bar e ristoranti ha ridotto l’acquisto del vino nei punti di vendita tradizionali, spostando parte della clientela nella grande distribuzione.
Trovare un settore che non abbia risentito della crisi del Covid-19 credo sia estremamente raro se non impossibile. Un settore che, in particolare, ha subito un colpo importante è il settore vitivinicolo. In tutti i Paesi l’interruzione dei flussi turistici e la chiusura di bar e ristoranti (o Ho.re.ca come si utilizza in gergo tecnico) ha condotto a un netto declino dei punti vendita tradizionali (vendita al dettaglio, importatori, ristorazione, ecc…).

Questo sicuramente è stato ed è tutt’ora un danno che ha riguardato due fronti: in primo luogo, come appena accennato, con le attività di ristorazione chiuse o fortemente limitate il consumo di vini di qualità è calato drasticamente, questo ha portato il cliente medio a spostarsi su altri canali di vendita, fra tutti spunta la GDO o Grande Distribuzione Organizzata (i supermercati per intenderci): immediato, diretto, conveniente, in cui il consumatore medio, magari avvicinatosi da poco alla degustazione, viene facilmente attratto da una gamma di prodotti a prezzo e qualità differenti rispetto a quelli che può trovare solitamente nell’Horeca. 

La vendita è vendita, si sa, ma il problema di questo canale è la forte guerra al ribasso delle grandi aziende che portano a deprezzare, di molto, i grandi vini nobili del nostro Paese e quindi a svendere il Barolo Docg a 9,90€ (prezzo medio di mercato 30€ - 40€) o l’Amarone della Valpolicella Docg a 7,90€ (valore medio 30-35€).

Il secondo, invece, è un problema che va oltre la superficie e riguarda la parte più personale e forse inconscia del consumatore: a un livello più psicologico e intimo il confinamento forzato per oltre un anno, totale o parziale, all’interno delle proprie abitazioni potrebbe minacciare sul lungo periodo il valore della condivisione e della convivialità che spinge il consumo di vino nel mondo. Perché è risaputo: il vino è anche e soprattutto convivialità. La stessa bottiglia di vino bevuta da soli in casa non ha lo stesso sapore che bevuta a cena al ristorante in compagnia. 

Sono diverse le soluzioni utilizzate dai produttori per cercare di tamponare al meglio le ferite; uno fra tutti è l’utilizzo del Web, nonché l’approdo sulle piattaforme di e-commerce. Ad essere onesti la digitalizzazione non è una novità, anzi si è sviluppata costantemente nel corso degli anni. Il marketing digitale esiste già da parecchi anni, ma è dal 2010 circa che abbiamo la svolta con il lancio delle prime piattaforme di vendita on-line (tra tutti Tannico, CallMeWine, Vino75, ecc..).

L’e-commerce del vino in Italia presenta ancora un valore piuttosto esiguo, soprattutto se equiparato su scala mondiale, ma le più importanti piattaforme online continuano a crescere quotidianamente, sicuramente “aiutate” da questo periodo di chiusura. 

Gli italiani sono ancora un po’ diffidenti nei confronti dei canali online e, al tempo stesso, anche le cantine e le aziende risultano essere indietro su questo aspetto; non sono molte quelle che si avvalgono di un proprio e-commerce. Questo perché? 

Probabilmente perché in generale siamo molto legati alle tradizioni e al rapporto diretto tra produttore-consumatore, inoltre, il pubblico italiano non è abituato a comprare vino online, quindi anche questo aspetto preoccupa chi non è molto digitalizzato (o meglio il pubblico italiano medio, dal momento che gli esperti del settore comprano on-line già da tempo). Questi sono cambi epocali e richiedono almeno una generazione di tempo per poter essere radicati all’interno delle abitudini ma “grazie” al covid tutto questo è avvenuto nel giro di neanche un anno.

L’avvento del digitale non ha portato novità solo nella vendita al dettaglio, ma anche ad altre azioni di marketing promozionale, scelta un po’ obbligata se pensiamo al fatto che tutte le fiere e gli eventi legati al mondo del vino sono stati rinviati ufficialmente all’anno 2022 (ufficiosamente a data ancora da destinarsi). Le fiere sono molto importanti in questo contesto per promuovere i propri vini a potenziali compratori e importatori: questi eventi sono dei palcoscenici in cui i protagonisti sono i produttori stessi che educano e intrattengono gli spettatori con le loro creazioni e la loro storia.

Il 2020 e il 2021 sono due anni in cui abbiamo dovuto fare a meno del ProWein a Düsseldorf, una delle fiere più importante nel panorama europeo, la Raw Wine a Londra, fiera di vino naturale tra le più autorevoli del settore dell’agricoltura sostenibile, il nostro Vinitaly di Verona, la ProWine Asia: la Cina è diventata uno dei mercati più floridi per quanto riguarda l’export di vino.

Il problema, se così si può definire, di questo tipo di fiere è l’enorme partecipazione delle migliaia di cantine presenti da tutto il mondo, basti pensare che nel 2018 il taccuino del Prowein ha segnato ben 6.378 espositori da 67 Paesi diversi, con un’affluenza di oltre 60.000 persone. È evidente come risulta estremamente complicato poter emergere in un panorama così vasto nonostante il numero elevato di partecipanti. è in questo contesto che molti produttori hanno colto la palla al balzo reinventadosi “digital content creator”. Gli ingredienti necessari sono: un computer, una telecamera e tutta la voglia di non fermarsi.

Ed è così che abbiamo visto emergere sui social media le prime degustazioni online, già utilizzate da pochi pionieri, ma l’exploit di questo format si è diffuso a seguito della pandemia. Una soluzione accolta con interesse dai più già nel corso del primo lockdown di marzo 2020, arrivando quasi ad affermarsi al pari delle tradizionali degustazioni in presenza in quanto più economica, pratica e sicura.

Anche il marketing b2b (Business-to-business: è il mondo degli affari in cui la società A vende alla società B le cose di cui B necessita per gestire la propria attività) ha subito una digitalizzazione sempre sulla falsa riga delle degustazioni online, i vantaggi sono immensi e riguardano sicuramente risparmio su costi delle trasferte e la velocizzazione nelle trattative. È da elogiare sicuramente l’incredibile capacità di adattamento alla situazione, ma una domanda sorge spontanea: questi cambiamenti dureranno? 

Ebbene, questa nuova concezione di digitale e virtuale è sicuramente qui per rimanere e probabilmente diventerà un elemento importante nel business chiaramente in combinazione con gli eventi dal vivo nel futuro. Anche se, si spera, torneremo presto ad incontrarci e a socializzare di persona. Abbiamo avuto in questo ultimo anno un diverso modo di relazionarci che rimarrà con ogni probabilità per molto tempo. 

A cura di  Mattia Perredda.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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