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L’eco-ansia e la gen Z: come affrontarla

30/3/2022

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L’idea che il clima sia in grado d’influenzare la nostra qualità della vita ed il nostro pensiero, risale all’antica Grecia. Filosofi come Ippocrate, Platone e Aristotele, avevano elaborato delle teorie sull’influenza dei fattori geoclimatici sulla psiche umana. 
Montesquieu fu il primo, nel libro De l’esprit des lois, ad illustrare sistematicamente questo tipo di rapporto, considerandolo come uno dei principali fattori capaci di influire sulla genesi dei determinanti sociali. Secondo l’American Psychological Association (APA), i cambiamenti climatici stanno colpendo la salute mentale delle persone.

L’espressione eco-ansia, ovvero la “paura cronica della rovina ambientale” è stata coniata come risultato di una vasta rete di eventi che hanno influito sulla crisi climatica. I cambiamenti climatici e i loro impatti fisici sul pianeta sono ormai impossibili da notare, ma è la conseguenza meno ovvia di questa crisi a preoccupare particolamente gli esperti: lo stress che sta provocando, in particolare sui giovani.

Secondo un’indagine pubblicata da “The Lancet Planetay Health”, tre quarti degli intervistati tra diecimila giovani tra i 16 e i 25 anni hanno paura del futuro. Circa la metà di loro pensa di essere causa della crisi climatica e si sente triste, ansioso, arrabbiato ed impotente a riguardo. La comunità scientifica che si occupa di salute mentale ha da tempo lanciato l’allarme sulla gravità della situazione, come nel caso studio dell’Imperial College di Londra che ha evidenziato non solo una relazione tra l’aumento delle temperature e il numero di suicidi, ma anche come i cambiamenti climatici “esacerbano il disagio mentale, in particolare tra i giovani, anche per le persone che non sono direttamente interessate.”

A soffrire di questo problema è infatti la Generazione Z, ovvero il range di età dei ragazzi che manifestano ai Fridays for Future. Gli adolescenti sono i soggetti maggiormente esposti, perchè sono molto informati e hanno ancora tanto futuro da vivere. Per loro, confrontarsi con l’idea di un futuro instabile perchè stravolto dagli effetti del cambiamento climatico, può rendere molto più complesso il processo di costruzione di una propria identità, dato che essa non è più coerente alla propria origine e tradizione geoclimatica, ma è contraddistinta da un senso di paura per i propri cari e per le sorti del mondo. Patrick Kennedy Williams, uno psicologo clinico che lavora ad Oxford, ha raccontato anche di come siano in aumento le richieste dei genitori preoccupati che non sanno come rispondere ai figli su domande sulla crisi climatica.

​Lo psicologo sostiene che non esista un modo per proteggere del tutto i figli dall’eco-ansia, ma che piuttosto dovrebbero conversare con i bambini aiutandoli a sentirsi in grado di agire, anche nel piccolo, per fare la differenza. Per riuscirci, bisognerebbe innanzitutto dare valore alle emozioni dei bambini, sostenendole e dando dei suggerimenti per compiere delle azioni positive, imparare a bilanciare le notizie positive con quelle negative e soprattutto incoraggiare i bambini e teenager ad agire a livello locale per migliorare il pianeta. L’eco-ansia non è ancora entrata a tutti gli effetti nell’elenco dei DSM, ma gli operatori nel campo della sanità mentale pensano che verrà presto riconosciuta.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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