L'Unione Europea vive una fase di transizione, nella quale è attraversata da due forze contrapposte: una indirizzata a completare l'accentramento di ogni prerogativa economica e politica in capo alle istituzioni comunitarie, l'altra chiamata a interpretare il crescente dissenso di tutti coloro che in questi anni di moneta unica e direttive assurde, si sono impoveriti e hanno visto sgretolarsi ogni possibilità di costruirsi un futuro. La coalizione degli interessi che fa capo a Bruxelles ha una sua coerenza politica trans-nazionale coinvolgendo in ogni Stato gli stessi blocchi sociali vecchi e nuovi, sempre uniti tuttavia nel difendere i precisi privilegi che gli sono garantiti e incantando con il miraggio degli stessi chi aspira a prenderne parte; al contrario purtroppo le fasce di popolazione che chiedono riscatto da questa Europa rappresentano interessi, categorie, sistemi di valori spesso profondamente contraddittori tra loro, così da renderne frammentaria e ininfluente la rappresentanza politica tanto sul piano europeo quanto su quello nazionale. La Lega Nord deve accettare la difficile sfida di diventare il principale interprete nazionale della critica all'euro e all'Unione Europea, non solo per rivendicare la primogenitura dell'intuizione sulle leggi finanziarie che, come anticipava Bossi negli anni Novanta, “saranno spedite con un fax da Bruxelles”, ma soprattutto perché rappresentiamo l'unica forza politica che ha sviluppato le radici, il consenso e la classe dirigente adeguata ad una lotta contro un nemico tanto temibile.
L'Italia è infatti oggi un Paese bloccato e frammentato, diviso da fratture che hanno travalicato, pur senza risolverle, le differenze tra Nord e Sud, a cui si sono aggiunti fenomeni di migrazione di massa tanto in entrata, quanto in uscita con l'espatrio di centinaia di migliaia delle nostre energie migliori che sul piano politico rappresentano, più o meno consapevolmente, centinaia di migliaia di secessioni individuali di giovani che hanno considerato il loro futuro all'estero più degno di quanto gli veniva offerto dallo Stato di nascita. Nel frattempo si è compiuta la definitiva desertificazione dei molte campagne e delle montagne, con tutte le conseguenze di impoverimento economico e di dissesto ambientale, per concentrare la gran parte della popolazione in aree urbane che non a caso i Governi Centrali hanno voluto rinominare Aree Metropolitane. Qui, anche in Italia, è in formazione quella tendenza ben nota in Francia che procede alla creazione dei ghetti delle periferie che fanno da corollario alle vetrine globalizzate dei centri storici colonizzati da banche e altri templi del potere reale.
Da queste premesse strutturali non poteva che comporsi un panorama politico e culturale come quello che viviamo nel nostro presente, fatto di partiti al governo senza legittimazione democratica sostenuti da transfughi di ogni sorta e partiti di opposizione che nel migliore dei casi si limitano alla manutenzione catodica degli interessi aziendali del fondatore, mentre nel peggiore addomesticano il disagio dei cittadini fingendo di interpretarlo con parole d'ordine mutevoli e promesse di elemosine di stato. Non è quindi un miraggio isolazionista, ma la triste constatazione dei fatti di cui potremmo fare un lungo e circostanziato elenco, che ci impone come Lega di interpretare la forza politica che deve guidare il cambiamento, con il coraggio di contaminare la nostra storia con quella di tante persone che mai prima di oggi avevano guardato a noi con quella fiducia e quella speranza che ci ha portato a crescere in tutte le prove elettorali che abbiamo affrontato negli ultimi anni.
Centrale per la nostra agenda sarà quindi un programma politico chiaro e coerente: per il controllo delle frontiere, per una rivoluzione fiscale con l’aliquota unica al 15%, per ottenere tramite gli strumenti dei referendum regionali sempre maggiori autonomie per le Regioni che lo meritano, per rottamare i prefetti, per ridare dignità al lavoro con la soppressione retroattiva degli effetti della Riforma Fornero, per riprenderci quella sovranità necessaria per costruire un futuro di liberi e forti.
A cura di Matteo Salvini